«CroceVia» è una collana dedicata all’esplorazione di alcune parole fondamentali, per lo più provenienti dalla tradizione cristiana, che continuano a riverberare in infinite forme il loro significato nella contemporaneità. Un tema, questo, a cui Alessandro Zaccuri, curatore della collana, ha consacrato buona parte della sua produzione sia narrativa che saggistica (due titoli per tutti: «Il signor figlio» e «In terra sconsacrata»). È suo il quarto libro della serie «CroceVia», che ruota attorno a una parola tutta speciale, a un nome: Maria. Nome comune e segreto.
Scrive Zaccuri: “Maria sta in ogni Maria che incontro, nello sguardo di ciascuna delle donne che ne portano il nome, a volte in combinazioni che neppure loro sono in grado di giustificare del tutto”. Maria Grazia, Maria Pace, Annamaria… Attorno a questo nome intimi ricordi familiari e avvenimenti apparentemente casuali si intrecciano con ampie meditazioni sul mistero delle tre Marie dei Vangeli, e in particolare sulla Maddalena, liberata da sette demoni, passando per la Maria di «West Side Story», le Madonne dei dipinti di Giotto, di Lippo, di Lorenzo Lotto, l’adolescente del Sud che Pasolini fermò per strada a Crotone, nel 1964, per proporle di interpretare la Madre di Gesù nel «Vangelo secondo Matteo», l’invocazione «Mary, girl» di Starbuck in «Moby Dick» fino a giungere alla «marie», resa quasi nome comune, su una vetrata della Notre-Dame-du-Haut di Le Corbusier a Ronchamp.
E c’è molto altro in questo libro affascinante, a metà strada tra il saggio e la testimonianza. Ma è nella metafora conclusiva della vetrata che ci viene offerta la chiave di lettura dell’intero percorso: è attraverso il nome di Maria, come attraverso un vetro cristallino, che vengono osservati gli episodi della vita personale, a volte incomprensibili, misteriosi, dolorosi, che in quella trasparenza ritrovano lo stupore e la dolcezza della contemplazione.