L’emergenza educativa, il delicato rapporto tra genitori e figli, il bisogno di uno sguardo positivo sul futuro. Questi i temi della conferenza tenuta da Franco Nembrini a San Romano, lo scorso 7 marzo. Un evento per la nostra Diocesi di San Miniato, in sintonia con il cammino della Chiesa italiana, nel decennio che i vescovi hanno dedicato proprio al tema dell’educare, e con la Chiesa universale, in attesa del documento conclusivo del Sinodo dei giovani, che papa Francesco dovrebbe consegnare il prossimo 25 marzo.
Il professor Nembrini, docente di lettere e pedagogista, sposato con quattro figli, fondatore di una scuola libera a Bergamo («La traccia») e di una missione in Sierra Leone, dal 2018 è stato chiamato dal Santo Padre a far parte del dicastero per i «Laici, la famiglia e la vita». Apprezzato scrittore e conferenziere, Franco Nembrini ama mettere a fuoco il tema dell’educazione a partire dalla propria esperienza personale, dall’aver visto educare. Anzitutto come figlio cresciuto in una famiglia numerosa di umili condizioni, Nembrini ha espresso gratitudine ai genitori che gli hanno dato non solo la vita ma, con essa, «il sentimento della sua grandezza e positività».
Di qui la prima intuizione fondamentale che ha guidato la sua riflessione: educare significa dare un sentimento della vita. E questo avviene naturalmente, i genitori, lo vogliano o no, lo trasmettono ai figli semplicemente vivendo. Una seconda intuizione, Nembrini l’ha avuta come padre, quando ha colto lo sguardo di uno dei suoi figli che lo osservava mentre, a casa, correggeva i temi degli alunni: nello sguardo e nel sorriso del figlio, c’era un’implicita domanda: «Papà, assicurami che valeva la pena venire al mondo». L’educazione comincia proprio da qui: quando un adulto, guardando suo figlio negli occhi, si sente rivolgere questa richiesta: «dimmi che vale la pena vivere». Educare significa dare ai giovani sufficiente speranza per diventare grandi. Più che di oggetti e beni di consumo, i figli hanno bisogno di vedere due genitori felici, con spalle abbastanza forti da sostenere il peso della loro libertà.
Assumendo questa prospettiva, la cosiddetta emergenza educativa si capovolge: il problema non risiede tanto nei giovani, quanto in una generazione di adulti confusa, che fa fatica ad essere contenta, che vola troppo basso. Così i figli non riescono a guardare ai genitori come esempi di un futuro desiderabile e alla vita come a qualcosa di grande. «Il punto non è tanto essere credibili», ha concluso Nembrini, «ma fare una vita incredibile». L’esempio di adulti felici, capaci di amare gratuitamente, con un cuore aperto al mondo. È di questo che i giovani hanno bisogno.