Riflessioni

Il sogno di don Bosco

di Antonio Baroncini

Il mese di gennaio, liturgicamente si conclude con la ricorrenza di don Bosco, fondatore dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Pensando a don Bosco ci torna in mente il suo motto: «Da mihi animas, cetera tolle» (Dammi le anime e prendi tutto il resto), frase che era in evidenza nella sua camera da letto. Il desidero totalizzante che animava don Bosco era quello di guadagnare anime a tutti i costi: «Anime, fratelli, anime per il cielo. Lasciamo stare le follie e le stoltezze di questo mondo; il nostro tempo è destinato a popolare, a far gente in cielo. Non perdiamolo a radunare fango in questa terra» scriveva.

La spiritualità del fondatore dei Salesiani si percepisce, si tocca con mano anche oggi, vivendo nelle comunità salesiane. Da ex allievo riconosco che questa percezione si sentiva nel carisma dei sacerdoti non solo nel loro modo di educarci, ma nel farci percepire il segreto del cuore di don Bosco, l’ardore del suo amore verso i giovani.

Dopo cena, in un momento di ricreazione, il consigliere ci illustrava, commentandolo, un episodio della vita del Fondatore. Ricordo, restammo silenziosi, attenti nell’ascoltare quando don Bosco raccontò ai suoi ragazzi il sogno avuto a 9 anni, che confermò la sua «celeste vocazione», confermata poi, dai frutti che ha prodotto. Così raccontava: «A 9 anni ho fatto un sogno. Mi pareva di essere vicino a casa, in un cortile molto vasto, dove si divertiva una gran quantità di ragazzi. Alcuni ridevano, altri giocavano, non pochi bestemmiavano. Al sentire le bestemmie, mi slanciai in mezzo a loro. Cercai di farli tacere usando pugni e parole. In quel momento apparve un uomo maestoso, vestito nobilmente. Un manto bianco gli copriva tutta la persona. La sua faccia era così luminosa che non riuscivo a fissarla. Egli mi chiamò per nome e mi ordinò di mettermi a capo di quei ragazzi. Aggiunse: “Dovrai farteli amici non con le percosse ma con la mansuetudine e la carità. Su, parla, spiegagli che il peccato è una cosa cattiva e che l’amicizia con il Signore è un bene prezioso”. Confuso e spaventato risposi che io ero un ragazzo povero e ignorante, che non ero capace di parlare di religione a quei monelli. In quel momento i ragazzi cessarono le risse, gli schiamazzi e le bestemmie, e si raccolsero tutti intorno a colui che parlava. Quasi senza sapere cosa facessi gli domandai: “Chi siete voi, che mi comandate cose impossibili?”. “Proprio perché queste cose ti sembrano impossibili – rispose dovrai renderle possibili con l’obbedienza e acquistando la scienza”. “Come potrò acquistare la scienza?”. “Io ti darò la maestra. Sotto la sua guida si diventa sapienti, ma senza di lei anche chi è sapiente diventa un povero ignorante”. “Ma chi siete voi?”. “Io sono il figlio di colei che tua madre ti insegnò a salutare tre volte al giorno”. “La mamma mi dice sempre di non stare con quelli che non conosco, senza il suo permesso. Perciò ditemi il vostro nome”. “Il mio nome domandalo a mia madre”. In quel momento ho visto vicino a lui una donna maestosa, vestita di un manto che risplendeva da tutte le parti, come se in ogni punto ci fosse una stella luminosissima. Vedendomi sempre più confuso, mi fece cenno di andarle vicino, mi prese con bontà per mano e mi disse: “Guarda”. Guardai e mi accorsi che quei ragazzi erano tutti scomparsi. Al loro posto c’era una moltitudine di capretti, cani, gatti, orsi e parecchi altri animali. La donna maestosa mi disse: “Ecco il tuo campo, ecco dove devi lavorare. Cresci umile, forte e robusto, e ciò che adesso vedrai succedere a questi animali, tu lo dovrai fare per i miei figli”. Guardai ancora, ed ecco che al posto di animali feroci comparvero altrettanti agnelli mansueti, che saltellavano, correvano, belavano, facevano festa attorno a quell’uomo e a quella signora. A quel punto nel sogno mi misi a piangere. Dissi a quella signora che non capivo tutte quelle cose. Allora mi pose una mano sul capo e mi disse: “A suo tempo, tutto comprenderai”. Aveva appena detto queste parole che un rumore mi svegliò. Ogni cosa era scomparsa».

Questo fu il primo sogno-visione che accese la vocazione in Giovanni Bosco. «Non ho inclinazione a fare il parroco e neppure il vice curato – scriveva – ma mi piacerebbe raccogliere intorno a me giovani poveri ed abbandonati per educarli cristianamente ed istruirli». E così è stato.