«Siamo membra gli uni degli altri» (Ef 4,25). Alto e solenne, il versetto di Paolo scelto dal Papa per il suo messaggio agli operatori dell’informazione di quest’anno, è un esempio di sintesi e chiarezza comunicativa, che ci ricorda che la Parola di Dio è innanzitutto notizia, o meglio è la notizia per eccellenza. Basterebbe solo questo per ricordare quanto la Chiesa, da sempre nella sua storia, abbia dedicato una cura e un’attenzione particolare al comunicare.
Negli ultimi anni poi questa attenzione è divenuta anche preoccupazione, per i modi spesso imperfetti con cui il mainstream mediatico procede e si autoregola. Anche dall’ecologia nella comunicazione dipende infatti il bene comune, il buon vivere e il convivere di una comunità. Ricordava anche questo, il vescovo Andrea, ai giornalisti del nostro territorio incontrati per una conviviale di riflessione sul messaggio scritto da Papa Francesco, in occasione della Giornata Mondiale delle Comunicazioni sociali che ogni anno cade nella ricorrenza di san Francesco di Sales, patrono di giornalisti e scrittori.
«In questi anni – ha detto monsignor Migliavacca – il Santo Padre dimostra attenzione spiccata per tutto ciò che è attualità. Potremmo dire con un’espressione corrente, che ci confrontiamo con un pontefice che è continuamente “sul pezzo”, con una capacità straordinaria di cogliere i reali problemi della comunicazione». Quest’anno il Papa dedica nello specifico il suo messaggio ai social e al genere di comunicazione che attraverso essi viene veicolato. «Dobbiamo prendere serenamente atto che i social sono produttori di comunicazione, con tutti i crismi che questa asserzione comporta», ha detto monsignor Migliavacca, sostenendo anche che questo non deve alimentare sospetto, in quanto siamo in presenza di un fermento sociale che ci è chiesto di abitare, dopo averne studiate tutte le dinamiche positive e negative. Secondo il nostro presule in questo scenario complesso si fa spazio in modo ineludibile il tema fondamentale della verità. La ricerca della verità nella sua fattualità è una sfida che ingaggia tutti i fruitori di social.
Il vescovo Andrea ha richiamato a questo proposito alla vigilanza riguardo, ad esempio, alle fake news, esattamente il tema affrontato dal Papa nel messaggio dello scorso anno. La fake news può essere falsa non solo nella sua oggettività, ma anche per l‘interpretazione che fornisce di un fatto o per la dinamica polemica che scatena. A questo proposito interessanti sono le parole di Francesco: «Se internet rappresenta una possibilità straordinaria di accesso al sapere, è vero anche che si è rivelato come uno dei luoghi esposti alla disinformazione e alla distorsione consapevole e mirata dei fatti e delle relazioni interpersonali che spesso assumono la forma del discredito». E ancora: «Occorre
riconoscere che le reti sociali, se per un verso servono a collegarci di più, a farci ritrovare e aiutare gli uni gli altri, per l’altro si prestano anche ad un uso manipolatorio dei dati personali, finalizzato a ottenere vantaggi sul piano politico o economico, senza il dovuto rispetto della persona e dei suoi diritti. Tra i più giovani le statistiche rivelano che un ragazzo su quattro è coinvolto in episodi di cyberbullismo».
Il mondo dei social ha dinamiche che richiedono consapevolezza di gestione, in quanto chi vi scrive sopra, spesso lo fa senza filtri. Ma il non avere schermi induce più facilmente alla deturpazione del linguaggio con cui ci si esprime, che può spesso virare sull’accusatorio, sull’insulto gratuito o sull’esaltazione incondizionata. È come se, per il solo fatto di essersi affacciati a quella finestra sul mondo, ci si sentisse autorizzati a dire qualsiasi cosa, illudendosi per altro verso – e illudendo – di avere competenza su tutto. Proprio su questo il Santo Padre ha parole chiarissime: «Nel social web troppe volte l’identità si fonda sulla contrapposizione nei confronti dell’altro, dell’estraneo al gruppo: ci si definisce a partire da ciò che divide piuttosto che da ciò che unisce, dando spazio al sospetto e allo sfogo di ogni tipo di pregiudizio (etnico, sessuale, religioso, e altri). Questa tendenza alimenta gruppi che escludono l’eterogeneità, che alimentano anche nell’ambiente digitale un individualismo sfrenato, finendo talvolta per fomentare spirali di odio. Quella che dovrebbe essere una finestra sul mondo diventa così una vetrina in cui esibire il proprio narcisismo».
Se tutto quanto esposto è difficilmente gestibile, sicuramente gli operatori della comunicazione hanno il grande obbligo etico di essere almeno consapevoli di tutto ciò, per evitare di prestare il fianco a modalità corrotte d‘informazione. L’invito del vescovo Andrea si indirizza allora verso una deliberata sobrietà che deve riguardare non solo gli operatori della comunicazione, ma in generale tutti coloro che utilizzano quotidianamente questi strumenti. Monsignor Migliavacca, commentando ancora il Santo Padre, ha inoltre auspicato che i social possano divenire straordinari facilitatori d’incontro tra le persone. Le conclusioni del nostro presule si sono concentrate su quanto e come oggi il mondo della comunicazione detti l’agenda delle società umane, indirizzandone il corso in tanti ambiti. Proprio a questo proposito i giornalisti hanno allora il dovere indifferibile di narrare il positivo, di non essere solo e soltanto Cassandre di sventura o seminatori di geremiadi. Raccontare belle storie, le buone prassi, le vicende positive della vita, produce un bene riflesso per la società in cui viviamo, trasformando il mondo in un luogo migliore in cui vivere, e contribuendo infine a realizzare quell’unica comunità umana di cui tutti siamo parte.