È rientrata da pochi giorni in Italia la delegazione del Movimento Shalom Onlus che, come ogni anno, organizza il viaggio di alcuni suoi volontari in Burkina Faso per vedere lo stato di avanzamento dei numerosi progetti che questa associazione ha nel paese dell’Africa occidentale.
Il Burkina Faso – uno dei paesi più poveri del mondo – è stato tra i primi territori in cui il Movimento Shalom con il suo fondatore monsignor Andrea Pio Cristiani ha cominciato la propria attività di cooperazione internazionale. Da oltre 30 anni Shalom lavora nel continente africano attraverso la realizzazione di progetti autosostenibili con l’ambizioso obiettivo di superare il concetto tradizionale di beneficenza, nel tentativo di dare dignità agli ultimi della terra attraverso la creazione di opportunità di crescita e di sviluppo. Per questo motivo Shalom non si limita a creare strutture di assistenza, quali orfanotrofi, scuole di ogni ordine e grado, luoghi di formazione professionale, pozzi ecc. ma a questi affianca attività commerciali come boulangerie e bistrot, gestite direttamente da lavoratori locali, al fine di dare un’autonomia economica ed organizzativa ai propri progetti senza necessità di un continuo aiuto esterno proveniente dall’Italia.
Sono più di 20.000 le adozioni a distanza che Shalom porta avanti grazie ai suoi sostenitori che permettono ad altrettanti bambini di avere istruzione, cure mediche, cibo ed acqua. L’ultima missione umanitaria di gennaio è stata anche l’occasione per alcuni genitori di conoscere i propri adottati a distanza, per vedere con i propri occhi i sorrisi e sentire con i propri orecchi i ringraziamenti delle famiglie per quanto per loro fatto. La delegazione ha poi fatto visita ad uno dei numerosi villaggi che grazie ad un pozzo Shalom ha potuto dare dignità alla comunità che lì vive, realizzando in modo chiaro che senza l’acqua nulla sarebbe possibile e che l’acqua soprattutto in questi paesi – è vita. Il viaggio è poi continuato tra le scuole, gli orfanotrofi e gli incontri con le sezioni dei volontari Shalom locali per favorire il dialogo, la discussione e la piena comprensione delle problematiche del Paese. La delegazione ha quindi concluso la trasferta burkinabè con l’inaugurazione di una cappella nel centro Shalom “Laafi Roogo” di Ouagadougou, dove si trova anche l’Università IPS, fondata dalla stessa associazione nel 2010 con la convinzione che solo attraverso la formazione e l’educazione della futura classe dirigente con sani principi ed ideali si potesse raggiungere il risultato di un paese più giusto, non corrotto e senza contraddizioni sociali.
E sono stati proprio gli studenti dell’università a chiedere un luogo dove potersi riunire in preghiera. La cappella è stata adornata della statua della Madonna di Fatima, il ché ha rappresentato un messaggio chiaro, spiega monsignor Cristiani: «Maria Madre della Pace e Madre dei Cristiani e dei Mussulmani». «Siamo convinti di essere sulla strada giusta – precisa Vieri Martini, Presidente del Movimento Shalom – e di aver dato ancora il nostro contributo a questo paese a cui tanto abbiamo dato negli ultimi 30 anni e dal quale altrettanto abbiamo ricevuto in termini di valori. Sicuramente il Burkina Faso non è più quello di qualche anno fa. Il clima percepito è più teso e l’agitazione tangibile. Se prima era possibile affermare che l’unica fortuna del Burkina fosse quella di essere un luogo di pace e senza conflitti situazione dovuta all’estrema povertà e alla mancanza di interessi di terzi – oggi non è più possibile sostenere lo stesso. Le infiltrazioni di estremisti islamici soprattutto a nord e ad est si fanno sempre più frequenti con attentati e sequestri all’ordine del giorno. È una situazione che ci fa molto preoccupare per i nostri progetti e per il Burkina Faso. Questo cambiamento, tuttavia, non ci deve indurre ad abbandonare questi luoghi ma deve portarci ad intensificare il nostro contributo affinché la situazione si risolva al più presto. Bisogna puntare sui giovani, sulla formazione e sulla cultura alla pace, all’integrazione, al dialogo interreligioso ed alla mondialità; solo in questo modo le ideologie estremiste non troveranno terreno fertile su cui proliferare ma, al contrario, un muro contro cui sgretolarsi».