Lunesì 6 Gennaio

Omelia dell’Epifania del Signore

+ Giovanni Paccosi

La prima lettura, dal libro di Isaia, parla delle tenebre e della nebbia in cui si trova il mondo: tenebre e nebbia che non sono solo il buio della notte che ci fa paura o la nebbia che ci impedisce di vedere la strada, ma rappresentano quella nebbia e quel buio in cui ci troviamo tante volte, quando non sappiamo riconoscere il valore delle cose, di noi stessi, e tutto sembra immerso davvero nella nebbia della mancanza di senso.  Basta pensare alle guerre che sono in corso, alle sofferenze di tanti bambini e di tante persone anziane, a causa dell’incapacità di riconoscere che tutto ci è donato, dal volersi far padroni, che è la radice di ogni violenza. Sembra di essere nella nebbia, ma Isaia annuncia che una grande luce risplende fra di noi, nel suo popolo, e noi abbiamo riconosciuto che questa luce non è un faro qualunque, ma la luce è una persona, è Gesù: è Lui la nostra luce. Guardando lui, ascoltando lui, tenendo presente lui nella nostra vita, scopriamo che anche in mezzo a tutte le difficoltà, le incomprensioni del mondo, c’è un cammino, un cammino verso il nostro destino buono. Siamo all’inizio di questo Anno Santo, ed è bene richiamarsi spesso questo, che siamo «Pellegrini di speranza». Il pellegrino non va in giro a caso, va deciso verso il luogo in cui è presente il Signore e ogni passo è un passo, anche il più difficile, lo avvicina alla meta: tutto ci porta verso Colui che ci attende, verso Gesù. La luce che è iniziata a splendere e che abbiamo accolto in questi giorni di Natale, in cui siamo stati tutti più bambini davanti all’amore del bambino Gesù, che ci mostra quanto ci vuole bene Dio. Oggi è l’Epifania: come sappiamo, Epifania vuol dire manifestazione. Vuol dire che Gesù è venuto non solo per quelli che erano già dentro l’alleanza con Dio, ma è venuto per tutti: per tutti è venuto Gesù, per tutti Gesù è la speranza. I re Magi arrivano da lontano, si saranno stupiti che a Gerusalemme, a pochi chilometri da dove era nato il Messia, nessuno lo sapesse, mentre loro erano partiti da tanto lontano per andare a conoscerlo. I saggi di Israele danno un’indicazione: era già scritto nella Bibbia che doveva nascere a Betlemme, ma la gente e i potenti non ci facevano caso. Anche noi possiamo non farci caso e non andare ad adorare Gesù. Il Vangelo dice che i Magi avevano intrapreso il cammino osservando le stelle e questo già ci dice una cosa bella: che la natura stessa ci parla di Dio, anzi che tutto nella nostra vita è un segno, ci parla di Dio. Una stella li aveva condotti fino a lì e quando la videro di nuovo, splendere sulla casa dov’era Gesù, si riempirono di una grandissima gioia. Anche noi sentiamo la gioia che scaturisce dal sentirsi voluti bene da Gesù.  Il Vangelo narra che questi uomini importanti, che trovarono un bambino povero in una casa umile, non si scandalizzarono di trovarlo così nascosto, sconosciuto da tutti. No, loro furono così semplici che si prostrarono, si stesero in terra, in adorazione davanti a Lui e gli dettero i loro doni. Chiediamo che anche noi siamo così semplici da riconoscere che Tu, Signore, sei il nostro Dio.

Questa luce è iniziata a irradiarsi da Betlemme duemila anni fa, continua a irradiarsi tutti i giorni fino alla fine del mondo, fino al giorno in cui risplenderà definitivamente, quando verrà Gesù nella sua venuta finale. Ma oggi come si irradia la luce di Gesù? Con lo stesso metodo con cui ha iniziato, cioè con l’incarnazione. Siamo noi oggi il mezzo della sua presenza: come quel Bambino era la presenza di Dio nel mondo, così Lui continua a essere presente nel mondo, attraverso di noi. Noi qui ora che presentiamo il pane e il vino: siamo noi che lo presentiamo e Lui si fa carne attraverso di noi. Come è stato detto nell’annuncio di tutte le feste appena ascoltato: «nelle vicende e nei ritmi del tempo» siamo noi i testimoni della Sua presenza. Che il Signore ci aiuti a esserlo con la nostra vita, senza timore, perché se Lui è con noi, nulla ci fa paura: Non ebbero paura i testimoni che ci hanno dato la fede, i nostri martiri Miniato e Genesio, che avevano trovato la cosa più bella della vita, Gesù e non l’avrebbero mai lasciato. Anche noi siamo chiamati ad essere così: forse non ad essere martiri, ma a portare le nostre croci di ogni giorno, mostrando quella pace e quella gioia che sono la testimonianza più evidente che Gesù è davvero presente e che Gesù è davvero la salvezza. Adoriamolo, offriamogli i nostri doni, ma il dono più grande siamo noi stessi, perché Lui possa fare di noi degli strumenti per la sua salvezza del mondo.

 

 

+ Giovanni Paccosi