La figura del sacerdote è stata al centro di un evento a Balconevisi in Valdegola. Ricordato come uomo di pace e profezia, la sua vita fu segnata da una dedizione totale ai giovani, alle missioni e alla diffusione del Vangelo. A distanza di oltre trent’anni dalla sua scomparsa, emerge il ritratto di un prete umile e lungimirante, capace di seminare fede e pensiero critico nelle sue comunità e nei suoi ragazzi.
Abbiamo avuto nelle campagne della nostra diocesi “un don Lorenzo Milani” e ce lo siamo dimenticato». Fare paragoni è sempre rischioso, ma queste parole, pronunciate da Leopoldo Campinottidurante l’incontro dedicato a don Silvio Galletti, il 17 novembre scorso a Balconevisi, contengono una verità profonda che tenteremo di giustificare. L’evento, organizzato da Pax Christi e dalla parrocchia di Santa Maria in Valdegola, ha riunito persone da tutta la diocesi che si sono date appuntamento con il preciso intento di riscoprire la figura di un sacerdote a suo modo straordinario, per il suo impegno educativo e pastorale, capace di dialogare con i giovani e di incarnare lo spirito del vangelo in un’epoca di grandi trasformazioni sociali e religiose .
CHI ERA DON SILVIO?
Don Silvio Galletti nacque a Soiana il 1° gennaio 1916, al tempo della Grande Guerra, e venne ordinato sacerdote il 27 giugno 1943, in pieno secondo conflitto mondiale. Due guerre tragiche che segnano simbolicamente i momenti salienti della sua vita. La sua vocazione fu precoce, tanto che, con il consenso dei genitori, entrò giovanissimo nel seminario del Pime a Ducenta, alle porte di Napoli, per formarsi come missionario. Tuttavia la salute precaria lo costrinse presto a tornare in Toscana e a completare la sua formazione nel seminario vescovile di San Miniato. Dopo l’ordinazione sacerdotale iniziò il suo ministero pastorale nel 1945 come cappellano a Santa Croce sull’Arno. Successivamente, fu parroco in diverse comunità, tra cui Le Pianore, Tremoleto e Soiana, per approdare infine a Balconevisi nel 1977, dove rimase fino alla morte avvenuta il 22 maggio 1992.
UN EDUCATORE ISPIRATO
Il nome di don Silvio è legato indissolubilmente al suo impegno educativo. Negli anni ‘60 e ‘70, in un periodo di contestazione giovanile, fu capace di dialogare con i giovani e di guidarli verso una visione di fede ispirata dallo spirito del Concilio Vaticano II. Non a caso si è parlato a Balconevisi di “un don Milani nostrano”: come il priore di Barbiana aveva infatti una straordinaria capacità di aggregare, spronare e includere. Molti ricordano ancora la sua tonaca logora e rattoppata, emblema del suo stile frugale e francescano, e la sua dedizione assoluta alle missioni, a cui devolveva ogni risorsa economica che transitava dalle sue mani. In diocesi, don Silvio non si limitava a fare prediche: percorreva le campagne con il suo maggiolino verde (poi lo cambierà in uno color cachi), sensibilizzando le comunità e coinvolgendo tutti in attività di animazione missionaria. Il suo stile educativo era maieutico e basato sulla relazione: non imponeva risposte, ma stimolava una riflessione profonda. Lucia Corrieri Puliti, che faceva parte del gruppo dei “suoi ragazzi” a Balconevisi, ha ricordato come una semplice interlocuzione lasciata da don Silvio in sospeso, sia stata per lei il punto di partenza di un percorso di ricerca personale: «Mi chiese cos’è la Chiesa. Risposi sicura: è un edificio! Lui ribatté semplicemente: Tutto qui?! Senza aggiungere altro. Fu l’innesco in me di una ricerca di approfondimento che feci da sola per capire cosa effettivamente fosse la Chiesa; un insegnamento che nel metodo ancora a distanza di anni mi edifica». Don Luciano Niccolaiha ricordato invece la sua straordinaria disponibilità e pazienza quando era in Seminario come direttore spirituale dei seminaristi. Un esempio e un profilo di contegno che si staglia nitido ancora nel tempo in chi, come don Niccolai, lo ricorda. Leggeva tantissimo, si nutriva soprattutto degli autori cattolici francesi che andavano per la maggiore nel dopo guerra e che citava con minuzia.
EDITORE E COMUNICATORE INSTANCABILE
Nel 1967 don Silvio fondò il periodico Testimonianze missionarie, uno spazio di approfondimento che, come era stato Lettera a una professoressa di Barbiana, dava voce ai giovani e li spingeva a riflettere sui grandi temi della fede e della società. Il giornale, stampato in ciclostile, aveva una tiratura di circa duemila copie al mese ed era distribuito in tutte le parrocchie della diocesi. Si stima che, in vent’anni, don Silvio abbia coordinato la stampa di milioni di pagine, un lavoro immane per un piccolo gruppo di volontari. Le pagine di Testimonianze erano ricche di spunti teologici e culturali, frutto delle letture appassionate di don Silvio. Il cardinale Ugo Poletti, che gli fu amico e che nel 1986 sarebbe divenuto il presidente della Cei, ne apprezzava i contenuti tanto da raccomandarsi a don Silvio che non mancasse mai di fargli recapitare a Roma almeno una copia a ogni nuova uscita. Un monito ricorrente della pubblicazione era: «Abbiamo un problema, non conosciamo Gesù Cristo…». Questa frase sintetizza il cuore della missione di don Silvio: un’esortazione e un invito a riscoprire le fondamenta della fede e a verificarne la solidità nelle comunità cristiane.
LA PACE COME FILO CONDUTTORE
Il tema della pace attraversa tutta la vita e il ministero di don Silvio. Già nel santino della sua ordinazione sacerdotale nel ‘43, volle inserire una preghiera significativa: «O Gesù, per il tuo sacrificio che oggi io rinnovo, concedi al mondo la pace». Negli anni poi della Guerra fredda, questo ideale si rifletteva anche nelle iniziative promosse dal periodico e dalla sua azione pastorale. Non è un caso che l’incontro di Balconevisi, in cui è stata ricordata la sua figura, s’inserisse nella rassegna “Santuari di pace” voluta dal punto pace diocesano di Pax Christi. In questo contesto è emerso anche il rapporto di don Silvio con il servo di Dio don Zeno Saltini, fondatore della comunità di Nomadelfia, che negli ultimi suoi mesi di vita Due immagini di don Galletti. Sopra l’incontro a Balconevisi che lo ha ricordato soggiornò per un certo tempo a Balconevisi, ospite della famiglia Strozzi, la cui villa padronale si trova proprio di fronte alla chiesa parrocchiale. Furono giorni intensi, in cui don Zeno Saltini trovò in don Galletti un compagno di preghiera e un sincero confidente.
MISSIONARIO MANCATO
Seppur impedito dalla salute a diventare missionario, don Silvio “coronò” in qualche modo il suo sogno giovanile negli ultimi anni, con due brevi esperienze in Uganda nel 1975 e 1977. Per tutta la vita, però, fu “missionario di desiderio” dalla propria terra, creando una rete di solidarietà che coinvolgeva giovani, parrocchie e missioni sparse per il mondo. La sua umiltà e il suo entusiasmo contagioso lo resero una figura amata, ma anche scomoda per alcuni, a causa della radicalità del suo messaggio evangelico.
UN’EREDITÀ DA RISCOPRIRE
Don Silvio Galletti morì il 22 maggio 1992, lasciando un’eredità immensa che oggi rischia di essere dimenticata. Durante l’incontro, molti “ragazzi di don Silvio” hanno ricordato il suo approccio gioioso e inclusivo alla vita, la sua capacità di spronare alla crescita e la visione che aveva per le sue comunità, che dovevano essere fondate sull’accoglienza e sulla relazione. Come ha sottolineato Leopoldo Campinotti – colui che ha messo in moto il recupero di questa straordinaria memoria – ritornare a figure come quella di don Galletti significa anche valorizzare il ruolo di tutti quei sacerdoti che nel tempo hanno plasmato la fede delle nostre comunità. È un’operazione necessaria per riconoscere quanto dobbiamo a queste persone umili e infaticabili, che hanno lasciato semi di fede e umanità nelle nostre vite.