Riflessioni

Meno di 2 minuti a mezzanotte

di don Francesco Ricciarelli

Ormai da mesi le lancette dell’«orologio dell’apocalisse» si stanno avvicinando pericolosamente alla mezzanotte. Per chi non lo sapesse, stiamo parlando di un orologio “metaforico” ideato nel 1947 dagli scienziati dell’Università di Chicago per misurare il rischio che il mondo finisca, principalmente a causa dell’uso di armi di distruzione di massa. Al momento della sua creazione, durante la guerra fredda, l’orologio fu impostato alle 23:53, sette minuti prima della mezzanotte.

Le attuali tensioni geopolitiche e le guerre in Ucraina e Medio Oriente hanno portato le lancette più avanti di quanto non lo siano mai state e questo nell’apparente indifferenza dei cittadini europei e dei loro rappresentanti che, come sonnambuli, sembrano non tener conto delle conseguenze irreparabili di un conflitto termonucleare. È di pochi giorni fa l’inasprimento della “dottrina” russa sull’uso dell’arsenale nucleare, per cui la Russia potrebbe usare armi atomiche anche in via preventiva, non solo in caso di aggressione ma anche qualora ricevesse informazioni affidabili sul lancio di missili diretti verso il proprio territorio o quello dei suoi alleati. Si amplia così lo spettro dei possibili fattori scatenanti di un olocausto nucleare, a poche settimane dall’approvazione da parte del Parlamento Europeo di una risoluzione che invita gli Stati membri ad autorizzare il lancio sul suolo russo delle armi inviate all’Ucraina e rinnova l’impegno a consegnare a Kiev un milione di euro in armamenti, che vanno ad aggiungersi ai 140 miliardi di euro in forniture militari già consegnati dall’inizio della guerra. In Medio Oriente l’Europa ha adottato un atteggiamento ambivalente: se da un lato si è impegnata in iniziative diplomatiche per cercare soluzioni pacifiche ai vari conflitti, dall’altro ha mantenuto forti legami con Stati coinvolti direttamente nelle guerre di questa regione, che le alleanze internazionali rendono terreno fertile per un’escalation nucleare. La vendita di armi a Paesi come l’Arabia Saudita, coinvolta nel devastante conflitto in Yemen, è un esempio lampante di come, privilegiando gli interessi economici rispetto ai principi umanitari, non si faccia altro che alimentare una spirale di violenza fuori controllo.

L’Unione Europea si è sempre presentata come un attore globale impegnato nella promozione della pace, della democrazia e dei diritti umani, ma le recenti scelte vanno in tutt’altra direzione e noi cittadini europei siamo diventati passeggeri, forse inconsapevoli, forse noncuranti, di un treno in corsa verso la catastrofe. «Due minuti a mezzanotte» ammoniva una canzone di qualche anno fa. In una situazione come quella odierna, in cui i minuti stanno diventando secondi, è urgente un cambio di passo nei rapporti internazionali e un ruolo essenziale, accanto a quello che sta svolgendo la Chiesa con la sua azione diplomatica, spetta ai cittadini e alle istituzioni europee. È cruciale che anche altri organismi internazionali come l’Onu, la Nato e l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) lavorino attivamente per prevenire la diffusione di armi e promuovere la pace attraverso il dialogo diplomatico. L’invio di armi nelle zone di conflitto, infatti, non solo contribuisce ad alimentare violenze e distruzioni, ma rende ancora più instabili regioni già segnate da profonde divisioni politiche e religiose. Promuovere la pace significa impegnarsi in negoziati seri che coinvolgano tutte le parti in causa, trovare compromessi e sostenere gli sforzi per il disarmo. Ciò significa inevitabilmente contrastare gli interessi economici legati all’industria bellica- la guerra in Ucraina si è rivelata una gallina dalle uova d’oro per le fabbriche di armi statunitensi, turche, coreane – e concentrarsi sul dialogo, sulla pacificazione e la cooperazione internazionale. Solo in questo modo avremo la possibilità di scongiurare la guerra totale che provocherebbe la distruzione della civiltà umana e rimettere indietro le lancette dell’apocalisse.