Il vescovo Giovanni racconta il suo prossimo viaggio in Perù ed Ecuador, che si svolgerà dal 25 luglio al 13 agosto e riflette sul respiro universale della Chiesa diocesana.
Ho scoperto che la rubrica del sito diocesano «Agenda del Vescovo» è molto frequentata, perché mi accorgo che tutti sanno gli appuntamenti delle mie settimane. Cosicché molti sanno già che dal 25 luglio al 13 agosto sarò in viaggio in Perù ed Ecuador.
Pochi mesi prima di essere nominato Vescovo di San Miniato, le comunità di Comunione e Liberazione dei vari paesi dell’America Latina, in modo per me totalmente inaspettato, essendo già rientrato in Italia da tempo, indicarono il mio nome per assumere la responsabilità di coordinare e guidare la vita del movimento nei paesi dell’America Latina «dal Messico alla Terra del Fuoco». Dopo essermi schermito e dopo aver parlato con l’allora mio Vescovo, il cardinale Giuseppe Betori, accettai la proposta della Fraternità di Comunione e Liberazione di assumere questo incarico, con un senso di inadeguatezza che continuo a sentire.
Dopo l’elezione a Vescovo avevo dato per scontato che non avrei potuto continuare. Invece, sentito il parere del Nunzio in Italia e del Presidente della Conferenza Episcopale, il cardinale Matteo Zuppi, sono stato invitato a continuare.
Non è un compito che svolgo da solo, ma in particolare insieme a tre amici, cui ho chiesto di assumere più responsabilità in comunione con me, Oliverio in Messico, Stefania in Ecuador e Fernando in Argentina, che tengono le fila delle comunità delle loro zone e con cui siamo in stretto e continuo contatto. Ma per ovvi motivi, finché non sarò sollevato da questo impegno, devo andare anch’io: quest’anno sono stato una settimana a Cuba in febbraio, volendo conoscere la vita della Chiesa in un paese dove si soffre molto, poi a marzo un breve viaggio a Sao Paulo per l’Assemblea di 250 responsabili da tutti i paesi, e a giugno una settimana in Messico, visitando varie comunità e andando a pregare la Madonna di Guadalupe. Il viaggio che mi appresto a iniziare, oltre agli incontri con le comunità di CL, ha però anche un altro scopo. Tornare da Vescovo a visitare la mia parrocchia di Santa Maria de la Reconciliación, l’università cattolica Sedes Sapientiae nella diocesi della periferia di Lima in cui sono stato 16 anni come sacerdote missionario Fidei Donum (cioè prestato dalla mia diocesi d’origine Firenze alla diocesi di Carabayllo a Lima) e rivedere le tante persone a cui voglio bene e con cui abbiamo vissuto un cammino di fede e di amicizia: proprio per questi legami, più forti del tempo che passa e della distanza, nei primi tre giorni, 26-27 28 luglio, mi è stato chiesto di celebrare tre matrimoni e due battesimi…
Sarò ospitato dal parroco mio successore, padre Raul Luna Miranda, e avrò modo di incontrare tanti parrocchiani. Poi mi sposterò a Chiclayo, una città a quasi mille chilometri a nord di Lima, dove ho tanti amici e dove visiterò un monastero di Carmelitane giovanissime e numerose, con cui ho mantenuto un’amicizia e che pregano per me e per la nostra diocesi di San Miniato.
Il 30 luglio, nel Santuario de Las Nazarenas di Lima dove si trova l’immagine più venerata del Perù, il Señor de los Milagros, celebrerò una Messa di suffragio per il Servo di Dio Andrea Aziani, nell’anniversario della sua morte avvenuta a Lima il 30 luglio 2008.
Il giorno dopo mi sposterò a Arequipa, questa volta più di mille chilometri a sud di Lima, dove fino al 4 agosto parteciperò a una convivenza con la comunità di CL di tutto il Perù. Poi un giorno e mezzo di vacanza sul lago Titicaca, luogo di straordinaria bellezza: un lago lungo 120 chilometri e largo 60 a quasi 4000 metri d’altezza, dove davvero sembra che il cielo tocchi la terra e dove è vescovo a July un mio caro amico, Monsignor Ciro Quispe.
Il 6 agosto, ultimo giorno a Lima, nel pomeriggio sono stato invitato dall’università Marcelino Champagnat a tenere una conferenza su Andrea Aziani, che lì fu professore, e che l’università insignì del Dottorato Honoris Causa dopo la sua morte.
Il giorno successivo, il 7 agosto mi sposterò a Quito, in Ecuador, per incontrare le comunità locali di CL (di quei giorni non ho chiaro il programma: mi fido di loro) e il 12 agosto dall’Ecuador finalmente farò rotta verso casa. Se ho fatto questa cronaca (futura…) è perché ritengo che le energie che la Chiesa mi chiede di dedicare a questa missione non sottraggano qualcosa al mio compito di vescovo, ma siano un aiuto, perché offrono a me, ma – credo anche a tutti noi, un respiro più grande, la percezione dell’universalità della Chiesa e della bellezza della fede.
Avevo proposto ai membri del Consiglio Pastorale Diocesano di accompagnarmi e una famiglia di sei persone si era entusiasmata dell’idea, ma il costo dei biglietti aerei, quest’anno molto alto, mi ha fatto consigliare loro, con dispiacere, di desistere… per il momento.
Quello che sperimento ogni volta è la commozione di vedere comunità vive, persone che in mezzo a grandi difficoltà non si scoraggiano, non si lamentano, ma trovano nella fede e nella comunione vissuta un speranza» e davvero persona. aiuto a giudicare in modo nuovo tutto e a affrontare con speranza ogni situazione. Giovanni Paolo II definì la terra americana il «Continente della nell’innumerevole folla di giovani e bambini latinoamericani, nella fede semplice della gente povera, nel fiorire di movimenti e di comunità che si aiutano a far diventare la fede vita concreta, nella gioia del canto e del ballo, si vede questa speranza che ha le sue radici nella fede, forza di redenzione e di valorizzazione di ogni persona.
Qualche anno fa vidi un bellissimo film argentino, dal titolo «Abrazo partido» (abbraccio diviso, spezzato: da noi in Toscana si dice «partire il pane» in questo senso). Anch’io sento un po’ il cuore “partido”: quando sono là in America ho nostalgia delle persone che amo qui, e quando sono qui ho nostalgia delle persone che amo laggiù. Ma la nostalgia trova il suo vero senso in Gesù: Lui è la fonte di questa amicizia che “spezza” il cuore e Lui far conoscere il suo volto umano pieno d’amore, è lo scopo per cui vivere. Allora tutto si ricompone, come quando alzando le mani nel Padre nostro, percepiamo questo “nostro” con le misure del mondo, di ogni faccia che costituisce l’unità senza confini della Chiesa che ci custodisce e che custodiamo insieme, per il bene di ogni persona umana.