Dalla Diocesi

Bazin, un laboratorio di sartoria che è progetto d’integrazione sociale per donne

La Redazione

Nel centro storico di Santa Croce sull’Arno esiste un laboratorio di sartoria creativa nato come progetto d’inclusione sociale per donne svantaggiate. Un luogo che nel tempo ha assunto anche la funzione di centro aggregazione cittadino. Sono circa 70 le persone che qui si sono formate. Alcune di loro oggi lavorano nell’alta moda. Un progetto che senza i proventi dell’8×1000 della Chiesa cattolica non potrebbe esistere

Senza il contributo dell’8×1000 non potremmo portare avanti questo progetto». Va subito al sodo Mirko Regini, presidente della Cooperativa Lo Spigolo, nel raccontare il laboratorio di sartoria Bazin che a Santa Croce sull’Arno impegna donne socialmente ed economicamente svantaggiate, per insegnare loro l’arte della sartoria e favorirne l’ingresso nel mondo del lavoro. Un progetto continuativo che va avanti dal 2012, nato originariamente da un laboratorio tessile artigianale denominato “ArtLab”, destinato all’inclusione delle donne ospiti della “Casa Famiglia Divino Amore” di Montopoli e di donne migranti dall’Africa. Il termine Bazin indica un particolare tessuto di cotone lucido, dai colori brillanti e accesi, composto da due facce, una damascata e una liscia. È il tessuto più comune della moda africana. Nel laboratorio santacrocese vengono creati capi d’abbigliamento che hanno la caratteristica di sposare il gusto europeo con lo stile fresco e colorato dell’Africa. Ogni capo è una festa sgargiante di cromatismi per il fatto che una delle stoffe maggiormente impiegate è il “wax,” coloratissima appunto e ricca di fantasie.

Alla realizzazione di questo progetto concorre in modo decisivo la diocesi di San Miniato, che attraverso il “fondo carità” eroga ogni anno 10 mila euro ricavati dai proventi dell’8×1000 della Chiesa cattolica; cifra che copre quasi per intero il costo dell’iniziativa. «Non si tratta di un’attività commerciale o imprenditoriale – specifica ancora Regini – ma di un laboratorio; gli apporti che arrivano sono dunque tutti fondamentali. Senza l’8×1000 non staremmo in piedi, come non staremmo in piedi se dovessimo pagare un affitto. Il Comune infatti offre il fondo, che si trova nel centralissimo corso Mazzini, nell’ottica anche di rivitalizzare il centro storico. La Farmacia comunale invece, che è contigua allo spazio del laboratorio, sostiene i costi per l’energia elettrica. Anche se non abbiamo una vera e propria linea di produzione, si tratta comunque di attività che un po’ di corrente la consumano. Il concorso di questi tre soggetti ci permette di andare avanti e di continuare a dare queste risposte».

Il progetto coinvolge attivamente «S anche la cittadinanza santacrocese, perché il luogo concreto dove si svolge, nel cuore del paese, è diventato nel tempo anche punto di ritrovo e socializzazione soprattutto per le persone anziane che da lì passano per piccole riparazioni – un orlo, un cambio cerniera – o più banalmente per fare due chiacchiere. Insomma un centro di aggregazione di cui si sente una necessità capitale, in tempi in cui i piccoli centri storici si svuotano irreversibilmente. Il laboratorio promuove anche iniziative sul territorio e collabora attivamente con la parrocchia che, ad esempio, gli commissiona gli abiti per i bambini che fanno la Prima Comunione. Bazin è stato inoltre inserito all’interno di un progetto della Società della Salute (Sds): lo scorso anno, insieme alle volontarie storiche che vi operano, sono state 25 le persone in formazione e accompagnamento che vi sono transitate. La Sds ha riconosciuto la funzione formativa di laboratorio, e questo ha consentito l’arrivo di gruppi di 5-6 donne a volta per formarsi. Si tratta prevalentemente di donne italiane, senegalesi, nigeriane e camerunensi, quasi tutte al di sotto dei 40 anni. Chi effettua questo percorso tramite Sds arriva su segnalazione del segretariato sociale o delle assistenti sociali. Le altre invece sono reclutate mediante la rete di relazioni che la cooperativa ha con varie realtà, compreso il coordinamento con l’attività di accoglienza portato avanti dalla Pietra d’Angolo e da altre sinergie attive sul territorio. Questo piccolo laboratorio santacrocese ha fatto anche da trampolino di lancio per due giovani donne africane che, dopo esservisi formate, sono state assunte da un grande brand dell’alta moda famoso in tutto il mondo.

L’anima del laboratorio è la signora Gioia Landi, una volontaria della cooperativa Lo Spigolo, che da vera e propria direttrice creativa, anima e coordina tutte le attività. E alcune delle ragazze formate, una volta terminato il percorso, hanno trovato impiego all’interno della cooperativa stessa. Insomma, siamo decisamente in presenza di un esempio virtuoso di promozione sociale. Il laboratorio viene realizzato grazie alla presenza fissa di tre volontarie e tre donne migranti già formate, che esercitano una funzione di accompagnamento; questo perché molte delle persone che vengono inserite nel percorso non hanno alcuna competenza e devo essere affiancate per imparare come si prendono le misure per confezionare un capo, come si taglia la stoffa per realizzarlo e come lo si cuce a macchina. Imparano ogni fase del processo e sono alla fine in grado di arrivare in autonomia al capo finito. Ma Bazin non realizza solo abiti ma anche complementi d’arredo per la casa: cuscini, grembiuli da cucina, presine per le pentole, porta torte, astucci per le scuole “senza zaino”… la creatività è insomma moneta corrente qui. Complessivamente a questo progetto, dai suoi inizi a oggi, hanno partecipato circa 70 persone, tra cui anche alcune ragazze portatrici di handicap. Nel tempo si sono formati qui anche degli uomini, come ad esempio un giovane ragazzo africano che ha imparato molto bene a lavorare la pelle e oggi ha una sua attività a Firenze, dove fabbrica borse da donna.

Visto il grande successo riscosso nel 2023, con quasi 25 persone transitate in tutti i percorsi attivati, si pensa adesso ad allestire tre laboratori stabili afferenti a progetti dell’Sds con un monte ore predeterminato e per un periodo di tre mesi. Siamo in buona sostanza in presenza di una realtà dove lo scambio di idee e tradizioni sono una costante del lavoro, condotto in un’ottica sociale e realizzato grazie ai fondi dell’8×1000.