Nella seconda domenica di Quaresima la liturgia, dopo il Vangelo delle tentazioni di domenica scorsa, orienta il nostro sguardo alla meta del cammino della Quaresima, che è la luce del mattino di Pasqua, ma anche alla meta del cammino della nostra vita: la gloria della vita piena con Gesù, della visione del volto di Cristo, nella comunione dei santi in cielo.
Prese Pietro Giacomo e Giovanni e salì sulla montagna e “sull’alto monte… fu trasfigurato davanti a loro” (Mt 17, 1b-2a). Anche noi siamo qui in questa celebrazione, perché Lui ci ha scelti, ci ha presi nel battesimo, come Pietro Giacomo e Giovanni, come Abramo, e ora, qui, questa celebrazione può essere – è – il nostro Tabor. Chiamati a essere dei suoi. Per pura grazia.
“Egli infatti ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo progetto e la sua grazia… rivelata ora, con la manifestazione del salvatore nostro Cristo Gesù” (2 Tm 1, 9).
Perché volle manifestarsi così, lasciando cadere il velo dei segni, ai suoi amici?
Lo sappiamo: voleva aiutarli ad affrontare lo scandalo della croce, dell’annullamento della sua persona nella Passione. Lo stesso fa con noi: la chiamata di Gesù non ci porta fuori dalla realtà, non è una bolla, un’evasione che fa dimenticare il dramma del vivere, come avrebbe voluto forse Pietro: «Signore, è bello per noi essere qui!». (Mt 17, 4). Gesù ci dona l’esperienza bellissima della sua presenza per riempirci di certezza, di speranza (la speranza cristiana è certezza in forza di un’esperienza presente: “in te speriamo”, abbiamo ripetuto nel Salmo) e entrare così nella lotta quotidiana fatta di luci e ombre, spesso di sacrificio, con un respiro grande, che vince l’ottusità dell’apparenza riconoscendo che tutto è passo di un cammino, del cammino di conversione che è la Quaresima, che è la vita.
Nei giorni scorsi ho partecipato al funerale di una ragazza di 28 anni, Silvia, che appena un anno e mezzo fa si era sposata, e che dopo una straziante lotta con il cancro, è andata in cielo. Nelle esequie a cui hanno partecipato migliaia di persone, era così palpabile questa trasfigurazione della realtà, frutto della fede vissuta, che nessuno è uscito da quella celebrazione come prima.
Fuori della Chiesa, un amico mi ha detto: “Avevo bisogno di un avvenimento di speranza come quello che abbiamo appena vissuto”. Un avvenimento di speranza, per tutti: anche nel suo funerale, Silvia, per sua fede, stava dando testimonianza, e con lei la sua famiglia serena nel dolore immenso, della trasfigurazione di tutto che Gesù rende possibile.
Siamo qui sul monte della liturgia e il Signore ci fa guardare senza paura alla croce che – lo sappiamo – sempre è condizione (pensiamo alle persone che soffrono per le malattie, e peggio ancora, per la guerra, per le ingiustizie, per l’oppressione degli altri…) indicandoci chi guardare: «Questi è il mio Figlio, l’amato: ascoltatelo!» Abbiamo ascoltato nella preghiera colletta: “O Padre, che ci chiami ad ascoltare il tuo amato Figlio, guidaci con la tua parola, perché purificati interiormente, possiamo godere la visione della tua gloria”.
Possiamo allora accogliere anche noi, la stessa chiamata che Dio rivolse a Abramo «Vàttene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò… possa tu essere una benedizione» (Gn 12,1-2). Possiamo accogliere la chiamata a staccarci dalle nostre sicurezze, con cui cerchiamo di esorcizzare le paure, per riporre la nostra speranza in Lui, nel suo abbraccio: l’abbraccio di Cristo che allarga le sue braccia sulla croce, per accoglierci tutti, che è la vera e unica speranza. “La grazia di Dio… su chi spera nel suo amore” (cfr Sal 27).
«Alzatevi e non temete» (Mt 17, 7), dice Gesù agli apostoli e lo dice a noi. Riprendiamo il cammino con la speranza della nostra conversione e del nostro desiderio di rispondere con tutto noi stessi al compito di farci suoi strumenti per rinnovare la speranza del mondo. “L’anima nostra attende il Signore” (Sal 27).
Davanti a noi ora c’è “Gesù solo” e Lui è tutto.
Sia lodato Gesù Cristo.
+ Giovanni Paccosi