Omelia per la Santa Messa di Chiusura dell’Anno Giubilare

San Miniato, Cattedrale ore 16
28-12-2025

 

Santa famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe – Chiusura diocesana del Giubileo 2025

(Letture: Sir 3, 3-7.14-17; Sal 127; Col 3,12-21; Mt 2,13-15.19-23)

 

Un anno fa il nostro caro e compianto Papa Francesco aveva inaugurato l’anno Giubilare, che oggi concludiamo, con la Bolla dal titolo «Spes non confundit», «la speranza non delude» (Rm 5,5). Aveva messo questo anniversario benedetto della nascita di Gesù sotto il motto «Pellegrini di speranza». La festa della Santa Famiglia fu, lo scorso anno, l’inizio di questo tempo benedetto, e oggi ne è il termine, nelle diocesi di tutto il mondo.

Abbiamo ascoltato nel Vangelo come anche Gesù con Maria e Giuseppe si dovettero fare profughi e pellegrini. È Giuseppe che deve prendere le decisioni: «Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto… Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d’Israele». Si alzò nella notte per sfuggire a Erode e rifugiarsi in Egitto e poi di nuovo si alzò per tornare in Israele.

Con milioni di pellegrini di speranza ci siamo messi anche noi in cammino per vivere il Giubileo: dalle tante proposte delle nostre parrocchie e comunità, ai Giubilei dei movimenti, dei giovani, delle famiglie, dei preti e di tante altre categorie, al Giubileo delle diocesi toscane, in molti siamo andati a Roma per rinnovare la speranza della conversione, del cambiamento del nostro cuore, la speranza della pace e della giustizia nel mondo.

E in quest’anno abbiamo assistito alla morte di Papa Francesco, che è andato in cielo dopo aver condiviso, ormai debolissimo, con tutta la Chiesa la Settimana Santa e aver benedetto Roma e il mondo la mattina di Pasqua.

Abbiamo trepidato nello smarrimento dei giorni successivi, mentre aspettavamo di vedere e ascoltare il Papa che raccogliesse la sua eredità.

Abbiamo gioito, vedendo come lo Spirito Santo opera in modo imprevedibile donandoci Papa Leone XIV, che ogni giorno di più impariamo a amare e a seguire.

Siamo cambiati? Ogni viaggio, ogni incontro ci cambia, se ci lasciamo provocare e se siamo disposti a smuoverci dalla nostra situazione. Per me, personalmente, ogni volta che ho potuto varcare la Porta Santa di San Pietro e confessarmi, pregare e chiedere l’indulgenza è stato il percepire concretamente la bellezza della nostra fede, della misericordia che Dio ci dona, Lui infinito amore, e che ci rimette in piedi, liberandoci dal peso del peccato e delle su conseguenze, e ridandoci la forza del cammino. Ognuno ha potuto fare questa esperienza gioiosa, fonte di speranza e di novità.

«Penso a tutti i pellegrini di speranza che celebreranno il Giubileo – scriveva Papa Francesco nella bolla citata – per tutti, possa essere un momento di incontro vivo e personale con il Signore Gesù, “porta” di salvezza (cfr. Gv 10,7.9); con Lui, che la Chiesa ha la missione di annunciare sempre, ovunque e a tutti quale “nostra speranza” (1Tm1,1)». E poi aggiungeva: «Tutti sperano. Nel cuore di ogni persona è racchiusa la speranza come desiderio e attesa del bene, pur non sapendo che cosa il domani porterà con sé. (…) Possa il Giubileo essere per tutti occasione di rianimare la speranza». Credo di poter dire che così è stato, anche nella nostra comunità diocesana.

Un anno fa il Papa ci invitava anche a rendere concreto questo moto di conversione, chiedendo di spenderci per la pace per il mondo e la fine delle guerre, di farci vicini ai poveri, agli anziani, ai carcerati, di sostenere le giovani famiglie, i giovani. Si è mosso qualcosa tra di noi?

Ho visto tanti segni belli di questa attenzione rinnovata. Anche il nostro settimanale ha mostrato in vari momenti dell’anno il grande impegno educativo delle nostre comunità per i giovani, in tutte le iniziative estive, le opere silenziose e preziose con cui la nostra comunità diocesana si muove verso chi è nel bisogno, nelle nostre Fondazioni, nelle Associazioni, nella Caritas, nelle Cooperative che ne sono nate.

Eppure questo cammino verso l’altro in cui Cristo ci viene incontro non può terminare con il Giubileo che si chiude, ma anzi adesso ci è chiesto di renderlo ancora più profondo e quotidiano. Come si può realizzare questa continuità? Nella comunione, e nella sinodalità, parola nuova che indica in fondo la comunione come metodo, l’unità e l’ascolto reciproco come espressione di essa.

Nella comunione Cristo ci chiama per farci sempre più suoi testimoni. Testimoni della vera pienezza che ognuno cerca e che in Cristo si rende possibile. Ancora Papa Francesco, parlando della speranza di essere felici nella bolla di indizione scriveva: «Ma che cos’è la felicità? Quale felicità attendiamo e desideriamo? Non un’allegria passeggera, una soddisfazione effimera che, una volta raggiunta, chiede ancora e sempre di più, in una spirale di avidità in cui l’animo umano non è mai sazio, ma sempre più vuoto. Abbiamo bisogno di una felicità che si compia definitivamente in quello che ci realizza, ovvero nell’amore, così da poter dire, già ora: “Sono amato, dunque esisto; ed esisterò per sempre nell’Amore che non delude e dal quale niente e nessuno potrà mai separarmi”. Ricordiamo ancora le parole dell’Apostolo: “Io sono […] persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore” (Rm 8,38-39)». Questa è la nostra speranza, e il suo nome è Gesù.

Concludo con le parole che Papa Leone rivolse ai giovani nel grande giubileo di Tor Vergata, a cui anche tanti nostri ragazzi hanno partecipato. Le parole dette a loro sono anche la sfida e la promessa con cui continuare il nostro cammino di pellegrini di speranza.

«Carissimi giovani, la nostra speranza è Gesù. È Lui, come diceva San Giovanni Paolo II, “che suscita in voi il desiderio di fare della vostra vita qualcosa di grande […], per migliorare voi stessi e la società, rendendola più umana e fraterna” (XV Giornata Mondiale della Gioventù, Veglia Di Preghiera, 19 agosto 2000). Teniamoci uniti a Lui, rimaniamo nella sua amicizia, sempre, coltivandola con la preghiera, l’adorazione, la Comunione eucaristica, la Confessione frequente, la carità generosa, come ci hanno insegnato i beati Piergiorgio Frassati e Carlo Acutis, che presto saranno proclamati Santi. Aspirate a cose grandi, alla santità, ovunque siate. Non accontentatevi di meno. Allora vedrete crescere ogni giorno, in voi e attorno a voi, la luce del Vangelo». Così sia.

 

+ Giovanni Paccosi