Il territorio contro la povertà

Oltre 37 tonnellate di solidarietà dalla Colletta Alimentare

di Francesco Fisoni

In provincia di Pisa raccolti 37.640 kg di alimenti, con un aumento dell’11% rispetto al 2024. Nella diocesi di San Miniato coinvolti 15 supermercati e centinaia di volontari.

Sono 37.640 i chilogrammi di alimenti raccolti, sabato 15 novembre, in tutta la provincia di Pisa nel corso della Giornata nazionale della Colletta Alimentare. Un risultato che registra un incremento dell’11% rispetto alla raccolta effettuata lo scorso anno e che ha visto la partecipazione di 63 supermercati, coinvolgendo centinaia di volontari. Anche il dettaglio sui numeri toccati nel territorio pisano della diocesi di San Miniato è più che lusinghiero: i supermercati coinvolti tra Valdarno e Valdera erano 15, e hanno prodotto da soli ben 8500 Kg di generi di prima necessità. Numeri che raccontano non solo una generosità diffusa, ma anche del bisogno crescente che attraversa il nostro territorio.

UNA STORIA NATA DALL’INCONTRO TRA IMPRESA E CARITÀ

La Colletta Alimentare nasce nel 1996 a Milano dall’intuizione di due uomini che seppero guardare oltre: il cavalier Danilo Fossati, proprietario della Star, e don Luigi Giussani, fondatore del movimento di Comunione e Liberazione. Due anime, una imprenditoriale e una educativa, che si incontrarono attorno a un’urgenza comune. Da un lato, il problema dello spreco alimentare: tonnellate di cibo che finivano tra i rifiuti perché vicine alla scadenza, ma ancora perfettamente commestibili. Dall’altro, l’intuizione che la risposta alla povertà non potesse essere solo assistenziale, ma dovesse passare attraverso un gesto educativo, capace di coinvolgere le persone e scuoterle dall’indifferenza. «Con Giussani l’attenzione era sì portata sullo spreco intollerabile, ma anche all’educazione a fare un gesto di carità», ci racconta Micaela Dello Strologo di Castelfranco, una delle pioniere della Colletta nella nostra zona, volontaria dal 1997. «Un gesto che educando contro lo spreco, educasse anche nella costruzione della persona». Da quell’intuizione è nato il Banco Alimentare, che oggi ha magazzini in tutte le regioni italiane e che, grazie alla legge del Buon Samaritano prima e alla legge Gadda poi, ha reso possibile il recupero sistematico delle eccedenze alimentari.

L’IMPOVERIMENTO, LA NUOVA EMERGENZA

«Quello che più quest’anno abbiamo osservato è che c’è un aumento non solo della povertà, ma dell’impoverimento, che è una cosa leggermente diversa», spiega Eugenio Leone, responsabile della Colletta Alimentare per la provincia di Pisa. «C’è sempre più gente che non è povera ma che si sta impoverendo. Sempre più famiglie costrette a stringere la cinghia, fino ad arrivare ad avere un bisogno alimentare». È questa la fotografia più preoccupante che emerge dai racconti di chi ha organizzato e vissuto la Colletta: una nuova povertà, più difficile da intercettare perché accompagnata da vergogna, che colpisce chi lavora ma non arriva a fine mese, famiglie che fino a ieri erano Un invito per il futuro considerate “normali” e oggi si trovano a dover scegliere tra pagare le bollette e fare la spesa. «Questo apre a una nuova povertà, a un nuovo bisogno, anche difficile da intercettare, perché c’è sempre un po’ di vergogna a chiedere aiuto», continua Leone. «Però a maggior ragione dobbiamo reagire e l’aumento significativo anche della raccolta di quest’anno dal punto di vista quantitativo è sicuramente un dato importante, più 15% rispetto all’anno precedente a livello nazionale, più 11% nella nostra provincia».

UN MIRACOLO CHE SI RIPETE OGNI ANNO

«Dal 1997, tutti gli anni è un miracolo», confessa ancora Micaela, classe 1997, non come anno di nascita ma come anno di inizio di questa avventura: quando iniziò, promettendosi di dare solo «un’ora del suo tempo» durante la pausa pranzo, non immaginava che quella singola ora si sarebbe trasformata in una giornata intera e poi in un impegno che dura da ventotto anni. «Quest’anno pensavo che saremmo riusciti a coprire solo due supermercati, perché avevo dei buchi nei turni dei volontari. In più mi sono ritrovata io stessa claudicante, con un ginocchio che si è messo a fare i capricci. Sapendo che non sarei potuta stare in piedi tutto il giorno, ho deciso di affidare tutto alla Provvidenza. E dal primo volontario della mattina, che era venuto inizialmente per un’ora sola e poi è rimasto fino a sera, fino ai volontari che si sono organizzati da soli per coprire i turni vuoti, ho visto, pezzo dopo pezzo, comporsi un vero e proprio miracolo». Nella diocesi di San Miniato sono stati coinvolti diversi supermercati: Lidl, Eurospin, Conad, MD e Panorama a Pontedera, oltre ad altri punti vendita a Palaia, San Romano e in altre zone del territorio. Un coordinamento complesso che ha visto la partecipazione di numerose realtà: la Misericordia di Castelfranco, la Misericordia di Santa Croce sull’Arno, i Centri di ascolto Caritas, persone del Rinnovamento nello Spirito, la Podistica castelfranchese, gli scout di Castelfranco e Fucecchio, Lions, Rotary e tanti singoli cittadini.

LA PRIMA VOLTA: L’ESPERIENZA DI LAURA

Laura Lazzeri, 43 anni di Santa Maria a Monte, quest’anno ha partecipato per la prima volta alla Colletta. È membro del consiglio della Misericordia locale e catechista in parrocchia. «Il mio parroco, don Sunil, mi ha invitato a partecipare alla riunione preparatoria del lunedì precedente. Non sapevo bene cosa fosse questa raccolta, ma mi ci sono buttata a capofitto», racconta. Per impegni pregressi ha potuto dedicare a questa esperienza soltanto un’ora, ma è stata «un’ora molto intensa», ci ha raccontato. Con lei c’era anche Alice, una ragazzina del suo gruppo di catechismo. «Ogni persona che è venuta in quell’ora al supermercato e si è fermata con noi, ci ha raccontato la propria esperienza personale. C’era chi aveva difficoltà economiche. C’è stato un ragazzo straniero che ci ha portato un’intera scatola di pasta, con dieci pacchi. Una ragazza che aveva i soldi contati, ha voluto spendere quanto le restava per darci qualcosa». Laura sottolinea un aspetto importante emerso durante la giornata: «La raccolta alimentare unisce le varie associazioni di volontariato. Io, come Misericordia di Santa Maria a Monte, ero insieme a una volontaria Caritas e a due volontari della Misericordia di Castelfranco. Persone che non si conoscevano prima e che erano lì per uno scopo comune: aiutare le persone a fare del bene».

GLI INCONTRI CHE CAMBIANO

«Non è la raccolta in sé per sé, è l’incontro con le persone», spiega ancora Micaela. «È parlare due minuti con quelli ai quali dai il sacchetto e che poi te lo riportano pieno. Conosci storie, conosci persone. Diventa quasi una riflessione comunitaria su un gesto caritativo». Un aspetto sorprendente emerso negli ultimi anni: «Le persone extracomunitarie, gli immigrati, sono oggi le più generose, quelle che donano di più, e la frase che ti dicono è sempre la stessa: “Io sono stato aiutato e voglio aiutare a mia volta”». Anche Laura conferma: «È stato più quello che abbiamo ricevuto che quello che abbiamo dato. E dopo questa esperienza, Alice ha deciso di entrare a far parte del gruppo giovani della Misericordia. Davvero un bellissimo frutto maturato da questa raccolta».

LA COLLETTA COME SEGNO DI SPERANZA

Per Eugenio Leone, il significato della Colletta va oltre i numeri: «La colletta è innanzitutto un segno di speranza, per testimoniare e combattere l’indifferenza di fronte a tanta povertà montante. Perché il rischio in questo momento è che davanti a una situazione del genere ci si arrenda. L’aumento della raccolta accende invece di nuovo la speranza». L’incremento delle donazioni in un momento economico difficile è per Leone «un segnale molto positivo. La gente reagisce con la generosità». Ciò che dà speranza non sono solo i numeri, ma anche «i gesti delle persone: i volontari che ci mettono l’anima e il cuore… C’è una comunità di donatori, di volontari, di enti e distributori che si aggrega attorno al gesto e attorno alla condivisione del bisogno, per provare, non dico a risolverlo completamente, ma Guardando al futuro, i protagonisti di questa giornata lanciano un invito. «Agli aspiranti volontari direi di venire a toccare con mano quello che facciamo», dice Leone. «Fare il volontario anche un’ora all’interno del supermercato è un’esperienza che arricchisce, non solo perché ci si rende artefici di un dono, ma fa bene innanzitutto a noi stessi, ci aiuta a capire meglio la condivisione e il senso di comunità. Ai donatori direi invece di provare l’emozione di quel dono e dell’incrocio degli occhi con il volontario. Ognuno dona senza sapere a chi sta donando e il volontario accetta senza sapere a chi porterà quel cibo. Quindi è una gratuità totale quella che si sperimenta».

Micaela aggiunge ancora: «La colletta è testimonianza viva di un incontro, di una condivisione. Ti coinvolge. Puoi fare l’elemosina dando i soldi e ti giri dall’altra parte restando sempre la stessa persona. Qui sai che ti metti in gioco, perché quando trovi la persona che ti risponde scortese, tu devi essere in grado di sorridergli e ringraziarlo. Quell’atteggiamento che hai non viene da te, è qualcosa che ti viene dall’Alto, è l’incontro che hai fatto con Cristo che ti cambia e quindi non ti fa rispondere allo stesso modo ma ti fa, semmai, regalare un sorriso». Laura, forte della sua prima esperienza, ha già le idee chiare: «L’anno prossimo ci organizzeremo per tempo con i ragazzi, con i giovani, per partecipare in maniera più attiva. Sono andata a imparare la gestione, come vengono smistati i prodotti, come vengono catalogati. Ci tengo che passi il messaggio che veramente questi alimenti vanno ad aiutare persone che hanno bisogno, tra queste ci sono anche tante famiglie italiane». Gli alimenti raccolti durante la Colletta, insieme a quelli recuperati quotidianamente dalle eccedenze delle catene alimentari grazie alla legge Gadda, raggiungono gli empori solidali, i centri Caritas, le mense e le tante strutture che sul territorio assistono chi vive in difficoltà. Non solo cibo, ma anche educazione al non spreco e alla gestione domestica. «Entro Natale – spiega ancora il coordinatore Eugenio Leone distribuiremo a 61 enti in provincia di Pisa quanto abbiamo raccolto. Tra essi ci sono anche Caritas San Miniato, le Misericordie di San Miniato, Castelfranco, Santa Croce, Ponsacco, Lari, Crespina, Cenaia… 14 Confraternite San Vincenzo de Paoli, cooperative sociali, empori, ecc…».

Sabato 16 novembre è stata una giornata di fatica, di organizzazione, di piccoli e grandi miracoli quotidiani. Ma soprattutto una giornata di incontri, di sguardi incrociati, di gratuità vissuta. Una festa della solidarietà che, come testimonia anche il successo a livello nazionale con oltre 155.000 volontari coinvolti e più di 5 milioni di donatori, continua a rappresentare un segno concreto che, nonostante tutto, esiste ancora una comunità capace di prendersi cura dei più fragili.

La Colletta Alimentare, un miracolo di solidarietà

Non sempre la generosità ha l’età che ti aspetti. A volte, indossa le scarpe di un adolescente, l’entusiasmo contagioso di chi scopre che donare il proprio tempo è un’avventura. È la storia del “Gruppo dei Bradipi”, ragazzi tra i 17 e i 20 anni della parrocchia di Palaia, che hanno trasformato un sabato pomeriggio in un’occasione di solidarietà concreta. Guidati da Stefania Barsotti, insegnante di religione alla scuola primaria e animatrice del gruppo parrocchiale, una quindicina di giovani ha aderito con slancio alla Colletta Alimentare, presidiando l’Eurospin di Pontedera in tre turni, dall’una fino alle otto di sera. «L’anno scorso avevano aderito in quattro o cinque.

Quest’anno quei quattro o cinque hanno tirato dietro tutti gli altri: hanno detto agli amici che era stata una cosa bella e che si erano divertiti». Stefania racconta così il passaparola virtuoso che ha moltiplicato le adesioni. Un dato non scontato, se si considera la fascia d’età, spesso dipinta come distante e disimpegnata. Invece, questi giovani hanno scelto di spiegare ai clienti del supermercato l’importanza della colletta, di distribuire i sacchetti e di indicare gli alimenti più necessari. «Cerco di fare delle cose che vanno un po’ più sul concreto», ci ha raccontato Stefania, descrivendo la sua filosofia educativa. Incontri mensili, cene insieme, discussioni su temi di attualità. Ma poi, l’azione. Come la “cena del povero”, organizzata in precedenza, la colletta alimentare è stata un’altra tappa di un percorso che privilegia il fare. E in quel supermercato di Pontedera, tra gli scaffali pieni, questi ragazzi non hanno solo dato; hanno anche ricevuto. Due episodi, in particolare, hanno lasciato il segno: proprio durante il turno di Stefania, un signore di origini straniere ha portato tre sacchi pieni di generi alimentari: «Quando qualche anno fa sono arrivato in Italia, ho avuto tanto bisogno io della busta degli alimenti, perché non avevo niente. Siccome ora posso sdebitarmi perché ho un lavoro, io vengo tutti gli anni alla Colletta e dò il mio contributo».

Una storia di gratitudine e di un ciclo virtuoso della solidarietà che si è impressa nella memoria di tutto il gruppo. Poi, l’altro episodio, raccontato dai ragazzi stessi: un cliente è entrato nel supermercato non una, ma tre volte. All’ultima, consegnando il terzo pacco, ha lasciato anche tutti e tre gli scontrini. «Oggi avevo deciso che avrei cento euro», ha spiegato. Il totale degli scontrini era di 99,50 euro. L’uomo ha insistito per lasciare anche i cinquanta centesimi rimanenti, «perché questo era quello che aveva deciso di spendere». Per i giovani volontari, abituati forse a una realtà diversa, è stata una rivelazione. «Oh, mamma mia, questo ha dato cento euro per i poveri!», il loro commento stupito. Un gesto di pura generosità che li ha fatti sentire parte di qualcosa di più grande. Stefania nota anche un altro particolare significativo: «L’Eurospin è frequentato molto da immigrati extracomunitari. Ecco, credo di poter dire che tutti gli extracomunitari che si sono presentati hanno preso da noi una busta da riempire, forse soltanto uno ha declinato l’invito». Un’osservazione che racconta di una sensibilità alla condivisione spesso maturata in chi probabilmente, l’aiuto, l’ha ricevuto in momenti di difficoltà. «Sicuramente la riproporrò anche il prossimo anno», conclude la nostra insegnate di religione.

I “Bradipi” – un nome che suona quasi come una sfida ironica alla lentezza di cui a volte si accusa il mondo giovanile – si sono calati in questa esperienza con una prontezza encomiabile, e hanno forse scoperto che la felicità non sta solo nel ricevere, ma nel donarsi. E in un supermercato di provincia, tra sacchetti di pasta e scatolame, hanno costruito, un gesto alla volta, un pezzo di comunità più solidale e umana.