Una delle tematiche più interessanti e affascinanti studiate e discusse nella 49ma Settimana sociale dei cattolici a Taranto, nell’ottobre 2021, verteva sulle cosiddette «Comunità energetiche rinnovabili» (Cer), ossia quei sodalizi tra soggetti di natura plurima (privati cittadini, piccole e medie imprese, enti del terzo settore, amministrazioni locali, enti religiosi, ecc.) che, in associazione, realizzano reti di impianti atti a generare e condividere energia prodotta da fonti rinnovabili, in special modo da fotovoltaico, ma anche energia eolica, idroelettrica e da biomassa. Lo scopo è quello di passare dall’essere consumatori passivi di energia prodotta altrove, e con fonti inquinanti (per lo più di origine fossile), all’essere produttori in prima persona di energia ecologica e pulita; tutto ciò in linea col decreto legislativo 199/21 approvato quasi nove mesi fa dal Parlamento italiano, che recepiva in proposito una direttiva europea del 2018 sulla promozione dell’uso di energia da fonti rinnovabili. Purtroppo i ritardi nell’emanazione dei provvedimenti attuativi di questo decreto stanno di fatto vanificando l’applicazione di questa norma, con conseguente impossibilità per questi modelli di diffondersi e produrre benefici. Sono allora forse in pochi a sapere che alcune settimane orsono, prima delle ultime contingenze politiche che hanno sancito la caduta del governo Draghi, ben 77 realtà di tutta Italia (in prevalenza diocesi, associazioni e movimenti) avevano sottoscritto un documento che invitava proprio l’Esecutivo ad accelerare l’implementazione dei decreti attuativi della legge. Tra queste realtà – tra cui ricordiamo Acli, Arci, Bilanci di giustizia, Legambiente, Focolarini, Touring Club Italiano – c’è anche la nostra Diocesi di San Miniato, che ha sottoscritto l’appello per mano del nostro vescovo Andrea. A questo proposito spiega monsignor Migliavacca: «Il tema delle comunità energetiche nasce da un percorso che, come diocesi italiane, abbiamo sviluppato alla settimana di Taranto, dove ci siamo impegnati a promuovere la conversione ecologica a una produzione di energia rispettosa e sostenibile per il creato e l’ambiente».
«Le comunità energetiche – sottolinea monsignor Migliavacca – sono realtà dove si diventa “prosumer”, ossia produttoriconsumatori, una modalità dove l’energia generata viene utilizzata per il proprio fabbisogno, e quella che risulta in esubero viene poi reimmessa nel sistema e condivisa con chi ne ha più necessità. Si comprende come per realizzare questo tipo di impianti occorrano progetti e fondi e, da questo punto di vista, anche le diocesi e le parrocchie sono state invitate a studiare e promuovere progetti di questo tipo. L’appello che è stato firmato da tante sigle, molte di queste legate proprio all’evento di Taranto, e che io stesso ho sottoscritto a nome della Chiesa di San Miniato, era un invito alla politica – e al Governo in particolare – ad accelerare, giungendo rapidamente ai decreti attuativi della legge già approvata, proprio per promuovere queste comunità di produzione energetica».
In questi mesi la guerra russo-ucraina ha posto drammaticamente davanti ai nostri occhi quanto la nostra dipendenza da fonti energetiche fossili (in particolare proprio dal gas e dal petrolio russi) costituisca un fattore di profonda debolezza e destabilizzazione per il nostro Paese e più in generale per le società europee. Tutto ciò rafforza la consapevolezza che la strada della transizione ecologica, con l’individuazione di fonti energetiche alternative a quelle tradizionali, deve essere incoraggiata e i motivi sono ben evidenti: c’è innanzitutto il tema del contrasto alla cosiddetta emergenza climatica; resta poi il problema della lotta all’inquinamento con la conseguente esigenza di salvaguardare la salute umana; ma ci sono anche altre questioni sul piatto, di non minore importanza: il primo è la convenienza dei prezzi (la produzione da fonti rinnovabili è ad oggi la più economica che si conosca tra quelle perseguibili); sussiste oltretutto le necessità di mettersi al riparo dai rovesci geo-politici in atto, fatto che permetterebbe anche di smarcarsi dalla volatilità dei prezzi sul mercato dell’energia che porta al costante rialzo dell’inflazione e alla conseguente erosione del poter d’acquisto e del valore del risparmio delle famiglie, che a cascata condanna nuove categorie sociali a scendere sotto la soglia di povertà.
È per tutti questi motivi che negli ultimi mesi l’Ue ha rilanciato ancora la posta in gioco, rivedendo verso l’alto – con il programma RePowerEu – l’impegno a produrre sempre più energia verde, che nel 2030 si vorrebbe far arrivare al 45% dell’energia complessiva prodotta nell’Unione. Le comunità energetiche non costituiscono certamente da sole la soluzione a tutti i mali della endemica fame di energia che ci attanaglia, ma possono contribuire, con una creatività che nasce “dal basso”, al perseguimento dell’obiettivo nel suo complesso, in quanto si connotano come un modello di produzione policentrica e partecipata, in pratica un prezioso strumento di cittadinanza attiva potenzialmente in grado di ridare slancio anche a certi processi partecipativi e a dinamiche di cittadinanza attiva. In ballo, per l’Italia, ci sono oltretutto ben 2,2 miliardi di euro, messi a bilancio dal Pnrr per finanziare questo tipo di realtà nei comuni piccoli. Arrivare fra otto anni scarsi al 45% di produzione di energia da sole fonti rinnovabili, costituisce certamente un traguardo non facile da raggiungere; un traguardo che richiederà, almeno nel caso italiano, già da questo autunno, un esecutivo forte, saldamente in sella, che goda di solida maggioranza parlamentare. Il Governo è al momento caduto, ma l’appello della nostra Chiesa di San Miniato – insieme a quello delle altre 76 realtà – resta e assume, proprio all’esame degli eventi, ancor più significato e urgenza.