Mercoledì 29 ottobre, nella chiesa di Sant’Andrea a Santa Croce sull’Arno, il vescovo Giovanni ha tenuto un incontro di formazione sinodale, illustrando le varie fasi del percorso che è stato compiuto. Un cammino sviluppato dai vescovi e dal popolo credente con il Papa al suo vertice – papa Francesco è stato l’ideatore di questo evento che rappresenta, nella sua esecuzione e impostazione generale, il nostro vero, autentico «essere Chiesa». Non una realtà statica, ma una necessità ardente di esprimere la fede in ogni contesto storico.
Ci voleva! Grazie a papa Francesco per la sua costante e illuminante presenza, e grazie a papa Leone per il suo saldo proseguimento in questo Cammino sinodale: lievito di pace e di speranza. Il vescovo Giovanni, con logica procedurale, ha ripercorso i 75 punti elaborati dalla terza Assemblea Sinodale delle Chiese in Italia. Non solo illustrazioni dell’attuale realtà ecclesiale e sociale, ma anche proposte concrete che ogni diocesi, nella propria dimensione e allocazione territoriale, dovrebbe sviluppare. Il lievito come metafora della Chiesa missionaria Molti argomenti si concentrano in una parola: lievito. Un elemento che, nella sua naturale funzione evolutiva, porta al prodotto finito del pane, alimento indispensabile del nostro nutrimento. Così per la nostra vita cristiana: nelle sue capacità di sviluppo rende visibile l’immagine evangelica del lievito, «icona della Chiesa missionaria», di una Chiesa che si sviluppa, che cresce, che aiuta, che interpreta in ogni suo aspetto la vita.
Con una certa similitudine possiamo affermare che, come i vari ingredienti naturali del lievito trasformano la farina in fragrante pane, così umiltà, disinteresse, beatitudine, speranza, costanza, credibilità e azioni consequenziali– caratteristiche fondamentali di un cammino sinodale – formino «una Chiesa unita, segno di unità e di comunione, che diventi fermento per un mondo riconciliato in fraternità e pace». Per fare non un’altra Chiesa, ma una Chiesa diversa, aperta alla novità che Dio le vuole suggerire. Ecco il punto cruciale: fare una Chiesa diversa, aperta, conciliante in alcune posizioni sociali ben condivise nelle loro trasparenti realtà, per essere chiamata a diventare «il germe più forte di M unità, di speranza e di salvezza» per tutta l’umanità.
«Siamo invitati, in modo particolare, a riflettere e pregare su che cosa deve cambiare in noi e nelle nostre comunità cristiane per essere più attenti alla voce dello Spirito e più incisivi nella ricerca e nella testimonianza del Signore risorto». Proposte concrete per una Chiesa in uscita Il documento di sintesi del Cammino sinodale non è solo un manifesto di orientamenti concettuali e di fede, ma anche e soprattutto di proposte concrete che aiutano quel «lievito» a divenire pane. È «la natura missionaria della Chiesa, che esiste per testimoniare al mondo l’evento decisivo della storia: la resurrezione di Gesù». Gesù e la sua Parola sono al centro di una Chiesa sinodale e missionaria che diventa dialogo e cammino con tutti e tutte, con le persone nella loro singolarità, a cominciare da quelle più fragili e marginalizzate. Si fa reale «abitare la società e il cambiamento» con tutte le problematiche che questo contesto storico pone nelle scelte di ognuno di noi: in relazione alla pace, alla convivenza civile, alla sete di giustizia, alla politica affinché contribuisca all’amicizia sociale. Farsi prossimi verso tutti, relazionandosi con «tutti, tutti, tutti», dialogando con il mondo della cultura e delle arti, non per «addomesticarlo» ma per coltivare una sana inquietudine. «Farsi provocare dalle sue intenzioni, tenere vivo il desiderio di terre e cieli nuovi, custodire la Speranza».
I giovani protagonisti delle comunità Molto interessante l’approccio con la parola profetica delle nuove generazioni. I giovani sono i protagonisti delle nostre comunità e impongono ormai di riconoscere, ascoltare e discernere le loro richieste, i loro desideri, i loro sogni.
La Chiesa sinodale missionaria deve accompagnarli nel loro cammino, aiutandoli a fornire percorsi di formazione attraverso educatori qualificati, avvalendosi della sinergia tra la pastorale giovanile, scolastica, vocazionale e familiare, insieme con le associazioni e i movimenti. Popolo di Dio: formazione e liturgia Se tutto questo è in relazione alla società, alla cultura civile e sociale, non può mancare la maturità e la consapevolezza di essere, innanzitutto, «popolo di Dio» in una maggiore consapevolezza di essere «credenti» e di «co educarci» alla vita cristiana, mettendo al centro la Parola di Dio e vivendo la liturgia, nella sua celebrazione, come alimento per la vita cristiana nella fede. Spicca in questo concetto, innanzitutto, la forza della preghiera, la predisposizione a chiedere aiuto e sostegno al Padre, invocando lo Spirito. Si comprende inoltre quanto occorra una Chiesa che educa e quanta importanza abbia la formazione integrale, continua e condivisa dei formatori, sia dei ministri che dei laici impegnati in ruoli educativi.
È giunto il momento di rinnovarsi per crescere insieme a servizio di un’autentica cooperazione per l’unica missione «in un quadro di relazioni ecclesiali da rinnovare alla luce del Vangelo». Relazioni più umane e fraterne. Il ruolo delle parrocchie e dei consigli pastorali Grande compito delle parrocchie è quello di «riconfigurarsi come comunità in grado di favorire la corresponsabilità missionaria, di educare alla partecipazione e al bene comune attraverso l’ascolto, l’annuncio della Parola e la preghiera comune». Una maggiore attenzione e partecipazione è rivolta ai consigli pastorali, i cui membri sentano con maggiore responsabilità i doveri e i diritti che il loro ruolo esige.
Questi non costituiscono un «parlamento» ma «autentiche assemblee ecclesiali che realizzano un discernimento spirituale, cioè animato dallo Spirito Santo», di cui gli stessi presbiteri hanno un compito primario nel testimoniare e favorire la conversione sinodale e missionaria.
Donne e uomini insieme per superare le discriminazioni Per questi ruoli essenziali, donne e uomini insieme devono agire in comunione di intenti, superando ogni forma di discriminazione per una piena, consapevole e attiva partecipazione di tutti alle celebrazioni liturgiche. Oggi è possibile rimuovere «gli stereotipi di genere» e sviluppare una visione di guida ecclesiale innovativa capace di dare spazio a dinamiche più comunicative e partecipate.
Ecco l’essenza di questo concetto operativo: «riconoscere alle donne compiti di effettiva e autonoma responsabilità ecclesiale aiuterà a superare, anche a livello culturale e sociale, l’idea dell’autorità nella Chiesa univocamente “maschile”, se non addirittura “maschilista”, promuovendo la ministerialità di laiche e laici».
Strutture diocesane e gestione condivisa In tutta questa visione di una Chiesa «narrativa, sapienziale, profetica», viva e comunitaria, le strutture diocesane sono di vitale importanza per indirizzare «un’azione pastorale integrata a servizio della missione e per esprimere la corresponsabilità ecclesiale di tutte le componenti del popolo di Dio». È necessario che nelle diocesi, nelle curie diocesane siano impegnati non solo presbiteri, ma anche diaconi, laici e laiche. La gestione economica e amministrativa, inoltre, deve essere sostenibile, trasparente e condivisa, esercitata in modo partecipato per formazione, professionalità, competenze ed esperienza, delegando persone che in questo settore possono offrire un aiuto qualificato e qualificante.
La sfida del cambiamento In questa sommaria sintesi emerge la grande domanda: ce la faremo a rendere, nella sua armoniosità missionaria, questa Chiesa – la nostra Chiesa – viva, partecipata, pronta a rispondere concretamente alle sfide materiali e spirituali che, in questo contesto storico, emergono nella nostra vita quotidiana?
Il Cammino sinodale non si ferma, ma continua il suo percorso, che «segna garanzia di un Noi ecclesiale allargato, inclusivo, capace di favorire un reciproco riconoscimento tra i credenti, all’altezza di dare forma storica alla figura conciliare di una Chiesa – popolo di Dio». Il grido di papa Giovanni Paolo II si fa più forte, più penetrante, più seducente: «Fratelli e Sorelle! Non abbiate paura di accogliere Cristo e di accettare la sua potestà! […] Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa “cosa è dentro l’uomo”.
Solo lui lo sa!». Tutti siamo alla prova!

