Celebrata in diocesi la Giornata missionaria mondiale

Veglia missionaria diocesana a Palaia: «Siamo noi i piedi e le mani di Cristo»

La Redazione

In tanti hanno partecipato giovedì 17 ottobre alla veglia missionaria diocesana nella pieve di San Martino a Palaia. Il vescovo Giovanni ha presieduto la celebrazione incentrata sul tema della speranza, in sintonia con il Giubileo in corso.

La chiesa era al buio quando il parroco, seguito da dieci bambini in coppia, ha avviato la processione con il cero pasquale acceso. I piccoli portavano nastri colorati di cinque tinte diverse, a rappresentare i cinque continenti. Per cinque volte, durante il cammino verso l’altare, è risuonato l’annuncio: «Cristo luce del mondo», e i bambini rispondevano portando idealmente la luce di Cristo ai popoli dell’Asia, dell’Europa, dell’Africa, dell’America e dell’Oceania. È iniziata così, venerdì 17 ottobre, con un gesto carico di risonanze simboliche, la celebrazione diocesana per la Giornata Missionaria mondiale. «Missionari di speranza tra le genti» è stato il titolo della veglia, ripreso dal motto scelto da papa Francesco per questa Giornata, in piena sintonia con il Giubileo dedicato al tema della Speranza. La celebrazione si è articolata in tre momenti: «Le orme di Cristo nostra speranza», I Cristiani portatori e costruttori di speranza tra le genti» e «Rinnovare la missione di speranza». Durante l’omelia, seguita alla lettura del Vangelo di Marco sulla parabola del seme, il vescovo Giovanni ha richiamato l’attenzione dei presenti L sull’essenziale: «Il Signore non ci chiede di essere chissà che, ci chiede di essere disponibili, cioè di riconoscere che siamo suoi». E ha aggiunto con forza: «Noi siamo imperfetti tutti, potremmo essere anche i peggiori peccatori e traditori, ed essere ugualmente testimoni di Cristo, cioè testimoni che non possono vivere senza di Lui, anche con tutti i nostri errori». Il vescovo ha evocato l’immagine di un giovane ragazzo che aveva appeso a una parete un crocifisso senza mani e senza piedi, con sotto la scritta: «Siamo noi i tuoi piedi, siamo noi le tue mani». «È Gesù che salva, ma ha bisogno di noi», ha sottolineato Paccosi, richiamando così il grande compito che ci è dato: «Essere il suo corpo vivo, la sua Chiesa, perché tutti lo possano incontrare». La veglia ha incluso anche altri gesti particolarmente significativi. Al termine della seconda parte, sono state poste due grandi orme di piedi vicino al cero pasquale, e a tutti i presenti sono state consegnate piccole orme di cinque colori diversi. Ciascuno è stato invitato a scrivere il proprio nome e a portarle in processione, ponendole sulle orme di Cristo, come segno concreto dell’impegno a seguire Gesù per continuare la sua missione.

Il vescovo non ha mancato poi di ricordare la dimensione universale e drammatica della missione oggi: «In Nigeria, nei primi mesi di quest’anno, sono già stati uccisi 6.000 cristiani, e nessuno ne parla». E ha citato l’esempio della comunità cristiana di Gaza che, pur potendo andarsene, ha scelto di restare: «Hanno detto: no, noi restiamo qui, perché noi dobbiamo essere il segno di quella pace, di quella vita che Cristo dona a noi e noi non possiamo nascondere, dobbiamo donarla anche agli altri. Ci vuole coraggio, ma è un coraggio che viene dalla gratitudine».

L’ultimo segno della serata è stato di grande eloquenza: a tutti sono stati consegnati piccoli sacchetti con semi di vario genere, insieme a bandierine di paesi che soffrono per la guerra o la fame Afghanistan, Siria, Palestina, Israele, Ucraina, Russia e altri paesi del terzo mondo. L’invito era duplice: spargere la speranza che viene dalla parola di Dio tra la gente, e informarsi sulle sofferenze di quei popoli per poter pregare per loro.

«Essere Chiesa missionarie con uno stile di prossimità», ha concluso il vescovo, richiamando quanto emerso dall’ultima Assemblea sinodale diocesana: «Facendoci carico delle circostanze, dei problemi, delle situazioni delle persone che abbiamo attorno a noi. E mostrando la nostra presenza e il nostro amore. E mostrando la nostra presenza e il nostro amore, che non può essere solitario, ma deve essere comunitario. Mostrando che c’è una speranza e che questa speranza si chiama Gesù».

La veglia, preparata da alcuni adulti con l’aiuto di ragazzi e giovani dei gruppi parrocchiali dei “Lemuri” e dei “Bradipi” (dai 14 ai 20 anni) che hanno realizzato i semi, le orme e i sacchettini, ha visto una importante partecipazione di fedeli provenienti sia da Palaia che da altre località della diocesi, con una presenza significativa di bambini.