La giornata dei sacerdoti sanminiatesi e del loro pastore in trasferta sotto la Lanterna, lo scorso martedì 3 maggio, è cominciata sulla terrazza naturale del Forte Tenaglia, uno degli antichi baluardi costruiti sulla sommità delle alture che dominano il porto vecchio. Un avamposto militare trasformato in un presidio di pace e di accoglienza: qui infatti sorge la casa famiglia “La Piuma”, una famiglia allargata e numerosissima composta dai due genitori, i loro tre figli naturali e altri 10 figli in affidamento. «Ogni sera dobbiamo fare una riunione strategica per pianificare gli incastri e gli spostamenti da organizzare per tutti i nostri bambini il giorno dopo, dalla scuola agli sport, dai colloqui con le assistenti sociali alle visite alle uscite», ha raccontato al vescovo e ai suoi preti giovani Emilio, il babbo della comunità: «Abitare quassù sul tetto di Genova è un po’ scomodo come logistica, ma anche bellissimo per l’aria, il panorama, il contesto. L’orto, gli animali, la pace interiore che questo luogo comunica fanno sì che i bambini finiti nel nostro “pronto soccorso” possano ritrovare serenità e gioia di vivere».
Un luogo la cui bellezza e la cui valenza sociale affascina tanti genovesi, che spesso e volentieri salgono fin lassù per aiutare come volontari o semplicemente per riprendere fiato e uscire per qualche ora dalla claustrofobia della vita metropolitana. La visita a Genova del vescovo e dei preti giovani è proseguita nelle vie dell’angiporto, nella chiesa e nella canonica di San Benedetto, sede dell’omonima comunità di accoglienza fondata da don Andrea Gallo. Lì i preti e il vescovo hanno celebrato la messa, e da lì insieme a Liliana Zaccarelli (per tutti Lilli) si sono spostati nella vicina trattoria A’ Lanterna, gestita dai ragazzi della comunità, dove la segretaria storica di don Gallo e “mamma adottiva” per tantissimi ragazzi e ragazze accolti nella chiesa di San Benedetto ha raccontato chi è stato don Gallo per lei: «Una persona capace di accogliere senza mai giudicare, di accompagnare senza mai imporre, di testimoniare il Vangelo senza mai fare la morale a nessuno.
Da don Gallo ho imparato ad ascoltare gli altri cercando sempre il lato buono delle persone, ad amare la Chiesa senza mai smettere di pungolarla e di contestarla quando necessario, come un figlio non più bambino fa con un genitore. E poi ho imparato l’ansia per la giustizia sociale, e la ricerca del paradiso annunciato da Gesù qui sulla terra, nell’amore e nella cura per gli altri tentata giorno dopo giorno, fra mille contraddizioni e mille incoerenze, cercando di non sentirmi mai arrivata e di ricominciare ogni giorno da zero».
La parte finale della gita si è dipanata nel labirinto dei vicoli del centro storico, dove a fare da cicerone è stato il vescovo ausiliario della città di de André, don Nicolò Anselmi. Proprio nei caruggi che hanno ispirato l’artista più importante della Genova contemporanea, il vescovo Nicolò (che è pure parroco in una parrocchia dei vicoli) ha guidato la comitiva di confratelli sanminiatesi in una serie di incontri mozzafiato: da una prostituta transessuale di 80 anni, che esercita ancora e che ha raccontato la sua amicizia con Don Gallo («fu lui a difenderci da una sindaca che ci voleva sfrattare») a una giovane donna colombiana che ha messo su, grazie all’aiuto del vescovo Anselmi, un piccolo locale di gastronomia tipica sudamericana; da improbabili negozi di rigattieri poveri di clienti ma ricchi di buonumore, a un giovane scout che ha descritto cosa vuol dire essere un gruppo Agesci nel caleidoscopio di etnie e provenienze dei vicoli dietro il porto vecchio. Una camminata ricca di incontri e di sorprese, che ha cementato l’amicizia dei giovani preti con il vescovo e fra di loro, e ha dato a tutti lo slancio per continuare a impegnarsi (sul loro territorio) per una Chiesa vicina alle persone, simile a un ospedale da campo, e intransigente solo nell’amore.