Venerdì 30 luglio 2021 durante l’orario di lavoro nell’Ufficio Beni culturali della nostra diocesi, la mia attenzione viene catturata dall’arrivo di una mail che come mittente riporta la dicitura “Presidenza dei Lincei”. Incuriosita, apro il messaggio che, come oggetto, descrive quanto segue: Richiesta opera mostra «Con gli occhi di Dante» (25 marzo 2022 – 25 giugno 2022). Procedo con l’apertura immediata dell’allegato del progetto scientifico la cui intestazione recita: «Sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, Il Trittico dell’Ingegno Italiano 2019- 2021, Accademia Nazionale dei Lincei viene delineata l’esposizione dell’iniziativa: Con gli occhi di Dante. L’Italia artistica nell’età della Commedia a cura di Maria Luisa Meneghetti e Alessio Monciatti. Roma – Palazzina dell’Auditorio (Villa Farnesina)».
Ancora più meravigliata scorro l’elenco delle opere e, ad un certo punto, trovo: Giroldo da Como, Annunciazione, 1274. San Miniato, Museo Diocesano d’Arte Sacra. Mi emoziono e, immediatamente, sento di dover avvisare il vescovo Andrea e il professor Roberto Ciardi, ai quali trasmetto anche la mia idea per autorizzare lo spostamento del marmo inciso. Tutti convergiamo nella risposta affermativa e, così, la collaborazione culturale tra il Museo diocesano d’Arte sacra e la Presidenza dei Lincei prende forma.
Due parole sull’esposizione
L’incipit si avvia dalla riflessione che la cultura di Dante non si sia nutrita solo di libri ma anche di teorie e pratiche artistiche e, in concreto, di opere che costituiscono una sorta di “museo” o catalogo d’arte personale a cui il poeta fa continuo riferimento: in alcuni casi in modo esplicito, come per il celeberrimo Giudizio Universale a mosaico del Battistero di Firenze; in altri, quale allusione a una più vasta tipologia di rappresentazioni, come per l’immagine miracolosa della Veronica. E questo è il motivo per cui gli scritti danteschi sono V debitori anche dell’esperienza figurativa, della conoscenza e della considerazione del mondo delle arti, nelle sue diverse manifestazioni, da parte del loro autore. La mostra si propone di accompagnare il visitatore, in un percorso che va dalla Vita Nuova alle tre cantiche della Divina Commedia, nel mondo artistico di Dante, ovvero di mostrare quelle opere che il poeta ha incontrato nel corso della sua vita e del suo lungo esilio, ma anche la conoscenza diretta che egli aveva di alcuni artisti, delle tecniche da loro usate e del loro mondo produttivo. Basti pensare a quanto afferma circa la produzione e decorazione di un codice o circa l’arte delle vetrate, evocate ed esempio in Par. XX, 79-81; o ancora circa la tecnica dello smalto traslucido di Par. XXIII, 31-32 e l’uso dei modelli, comune nella pittura medievale e anche oltre («come pintor che con essempro pinga», Purg. XXXII, 64). Le opere esposte vanno da pezzi autentici a riproduzioni a colori (specialmente nel caso di opere inamovibili). Si potranno osservare manufatti artistici ma anche d’uso quotidiano come la valva di specchio in avorio decorata con scene galanti o le tavolette di cera per scrivere e le monete – i fiorini – cui Dante rinvia o allude nei suoi scritti. Accanto a pezzi di sicura notorietà quali la Madonna di Castelfiorentino di Cimabue ce ne saranno altri poco famigliari al grande pubblico come l’angelo annunciante di San Cassiano di Controne, quando non praticamente inediti anche per gli specialisti come l’appena restaurata croce dipinta dell’Accademia Etrusca di Cortona. Ogni oggetto esposto apparirà dunque come l’emblema e, insieme, il generatore – pur magari in senso lato – di specifici passi poetici, debitamente citati e illustrati negli apparati esplicativi. L’Annunciazione di Giroldo da Como, insieme alla riproduzione del bassorilievo di Santa Maria del Fiore a Firenze e a quella di Carlo Cambi (dal Maestro di Pizzighettone) in gesso proveniente dal Castello Sforzesco di Milano nelle Civiche Raccolte d’Arte Antica, Museo d’Arte Antica, sono inserite nell’esposizione come opere collegate al Purgatorio a corredo visivo del seguente passo:
«Là sù non eran mossi i piè nostri anco, / quand’io conobbi quella ripa intorno / che dritto di salita aveva manco, / esser di marmo candido e addorno / d’intagli sì, che non pur Policleto, / ma la natura lì avrebbe scorno. / L’angel che venne in terra col decreto / de la molt’anni lagrimata pace, / ch’aperse il ciel del suo lungo divieto, / dinanzi a noi pareva sì verace / quivi intagliato in un atto soave, / che non sembiava imagine che tace. / Giurato si saria ch’el dicesse “Ave!”; / perché iv’era imaginata quella / ch’ad aprir l’alto amor volse la chiave; / e avea in atto impressa esta favella / “Ecce ancilla Deï”, propriamente / come figura in cera si suggella» (Pg. X, 30-45). Completa il percorso della mostra il docufilm “Le vie di Dante. L’Italia artistica al tempo della Commedia” (scritto da Roberto Antonelli e Lorenzo Mainini con la regia di Maria Teresa de Vito e curato da Renato Parascandolo).
Invito chi può ad andare a visitare l’esposizione. Sono contenta che la Diocesi di San Miniato nel tempo abbia preso a cuore la valorizzazione e la conservazione del proprio patrimonio culturale, attività che tutt’ora persegue, e che come Museo Diocesano cerchiamo di migliorare continuamente.