Fucecchio

Una casa per «tornare a vivere», intitolata ad Alberto Giani

di Tommaso Giani

Inaugurata a Fucecchio la casa «Le Querce di Mamre», uno spazio in cui persone ai margini potranno sperimentare progetti di autonomia e di indipendenza abitativa. La casa è intitolata a Alberto Giani, indimenticata figura di educatore e storico animatore della nostra Caritas diocesana.

 

Ho scoperto di avere un angelo custode. Si chiama Alberto e ha il mio stesso cognome. Le sue impronte e il suo esempio mi seguono in tutti i luoghi della mia vita quotidiana tra Fucecchio e Santa Croce sull’Arno. Per prima me lo fece notare un paio d’anni fa la mia amica Emma: «Tommaso, ma lo sapevi che hai lo stesso cognome, la stessa materia e la stessa cattedra del professore più importante della mia vita?». E così appresi della storia di Alberto Giani, un prof di religione speciale, con la mia stessa passione per le storie di vita delle persone: storie di tutti i tipi, storie di fragilità, di accoglienza, di sogni con le braccia aperte, impastati di vangelo e di comunità, contro il virus dell’individualismo e dell’egoismo; storie con cui Alberto – mi hanno raccontato diverse persone che lo conoscevano – ha riempito le sue lezioni e condiviso la cattedra. «Alberto portava in aula il mondo, la vita concreta, fatta di sofferenza, di ingiustizie subite, ma anche di slanci di solidarietà e di altruismo. Anche se siete due Giani di famiglie diverse – mi faceva notare una mia collega che ha lavorato con lui a cavallo fra anni ‘90 e anni 2000 – in realtà avete in comune la stessa H umanità».

Poi dalla scuola di Fucecchio mi sposto al centro notturno di Santa Croce sull’Arno, dove da due anni mi trovo ad abitare per svolgere il mio servizio di diacono accanto alle persone senza casa. Simone Lorenzini e don Romano Maltinti mi raccontano la storia dell’associazione “Le querce di Mamre”, di cui il centro notturno è espressione, e anche qui nel gruppo degli ispiratori e degli animatori dei primi anni del dormitorio chi trovo? Sempre lui, il mio angelo custode Alberto. «Fino alla sua malattia e alla sua morte, nel 2007 – mi racconta sua sorella Simonetta – Alberto ha fatto dell’accoglienza una scelta di vita. Non solo faceva i turni al centro notturno accompagnando le persone che trovavano rifugio lì.

Insieme a sua moglie Rita ha anche ospitato a casa sua diversi ragazzi stranieri che nel dormitorio non trovavano posto, condividendo la privacy degli spazi domestici con persone provenienti dalla strada». Quando (nelle ore centrali della giornata) il centro notturno è ancora chiuso, esco da scuola e faccio base in un appartamento in via delle Fornaci a Fucecchio, che l’associazione “Le querce di Mamre” ha attivato un anno fa come “depandance” del dormitorio: un passo avanti verso l’autonomia, aspettando la casa popolare, per 4 persone che vivevano al centro notturno di Santa Croce ma che ora possono avere finalmente una chiave di casa, una cucina, uno spazio abitativo vero da condividere e di cui prendersi cura. Anche io ho una camera in questa casetta, per riposarmi e studiare fra un incontro e l’altro. Così ho avuto la possibilità di non perdere di vista i due miei ex compagni di dormitorio Fabrizio e Gaetano che dal centro notturno, insieme al camerunense Priso, si sono trasferiti qui. La settimana scorsa c’è stata una piccola festa di inaugurazione ufficiale della casa: una cerimonia molto intima, alla presenza degli abitanti della casa, di alcuni vicini nostri amici, degli operatori della cooperativa “La pietra d’angolo”, dell’assessore al sociale del comune di Fucecchio Emiliano Lazzeretti, del direttore della Caritas diocesana don Armando Zappolini, del vice[1]parroco di Fucecchio don Nicolas Rakotoarisoa, e del vescovo di San Miniato Andrea Migliavacca: ognuno di loro in rappresentanza delle diverse anime (comuni del comprensorio del Cuoio, diocesi, terzo settore) che alimentano le Querce di Mamre. E indovinate a chi è stato deciso all’unanimità di intitolare questo spazio di coabitazione e di cammino collettivo dal dormitorio verso una casa vera? Sempre ad Alberto, il cui nome campeggia su una targa che da ora in poi leggerò tutte le volte che passerò di qui a cercare ispirazione per una nuova lezione o una nuova attività da proporre ai ragazzi. «La testimonianza cristiana di Alberto, che non ho potuto conoscere di persona ma che continuo ad apprezzare tramite i racconti di tante persone qui in diocesi – ha sottolineato il vescovo Andrea durante la cerimonia di inaugurazione – si attaglia bene alle caratteristiche di questa esperienza abitativa, che parla di accoglienza, di promozione umana e di Chiesa che si fa prossima per ridare futuro e dignità alle persone che erano finite ai margini della società».

*Iniziativa realizzata con il contributo dell’8×1000 alla Chiesa Cattolica.