La seconda settimana di Agosto noi ragazzi della parrocchia di Palaia abbiamo avuto l’opportunità di vivere un’esperienza indimenticabile. Stiamo parlando della realizzazione del progetto «Le quattro del pomeriggio», proposto dalla Caritas e dalla Pastorale giovanile della diocesi di San Miniato e presentato a noi giovani palaiesi da don Armando Zappolini.
Partiti in una mattina di metà agosto dalla stazione ferroviaria di Pontedera, siamo stati accompagnati dal nostro parroco don Holin D’Cruz a visitare varie realtà pugliesi – siamo stati anche a Molfetta a visitare i luoghi di don Tonino Bello – in cui abbiamo svolto attività incentrate sul tema dell’accoglienza. In particolare il giorno 19 Agosto abbiamo avuto l’opportunità di partecipare all’iniziativa proposta ogni giovedì dai volontari del Centro Baobab di Foggia, nel ghetto di Rignano. Qui abbiamo trascorso un’ora con i migranti che vivono lì, aiutandoli ad imparare l’italiano. Prima di arrivare là, le nostre aspettative e attese erano basate e costruite esclusivamente sulla testimonianza di chi aveva già vissuto un’esperienza simile. In realtà è stato possibile comprendere l’importanza di questi luoghi solo una volta che siamo arrivati sul posto, facendone l’esperienza e trovandoci faccia a faccia con quelle situazioni che lette, ascoltate e percepite da lontano, vanno facilmente soggette a generalizzazioni, distorsioni e pregiudizi comuni.
Ciò che ci siamo trovati a vivere una volta raggiunto il ghetto è stata l’esperienza di un mondo parallelo al nostro, di una“città parallela”, dotata di servizi comuni come ristoranti, bar, negozi,parrucchieri inseriti in un contesto degradato,misero e malfatto, in cui regnano l’illegalità e la miseria. Solo in quel momento, nel momento in cui vi abbiamo fatto il nostro ingresso, siamo riusciti a comprendere a pieno l’importanza dell’accoglienza e della solidarietà, che per queste persone ha un valore inestimabile. Infatti quell’ora lì trascorsa non ha avuto tanto la finalità ultima di insegnare la lingua italiana, ma bensì è servita ad allacciare rapporti umani autentici che sono stati, per chi abbiamo visitato, un sostegno, un punto di riferimento su cui fare affidamento.
È proprio questa consapevolezza maturata attraverso quest’esperienza che ha accesso in noi una fiamma che ci rende adesso impazienti di raccontare questa avventura; infatti se durante il viaggio attraverso il ghetto eravamo sommersi da dubbi, incertezze e pregiudizi, al ritorno queste emozioni hanno lasciato spazio all’euforia e alla voglia di ripetere nuovamente questa incredibile esperienza, sperando di poter tornare e mantenere la promessa “al prossimo giovedì”.