L’emergenza della pandemia che ha investito così pesantemente
l’Italia ha segnato come un’interruzione, evidenziando
tante aporie della nostra forma di vita e sollecitando ad
un ripensamento del nostro essere e del nostro agire. Ha pure
evidenziato la centralità dell’impegno per la cura del creato: lo
stesso papa Francesco nella preghiera del 27 marzo ha ricordato
che questa emergenza nasce anche da un “pianeta malato”,
perché davvero “tutto è connesso”. D’altra parte, nell’esortazione
Querida Amazonia, egli invitava a coltivare un
“sogno ecologico”: “la Chiesa, con la sua lunga esperienza spirituale,
con la sua rinnovata consapevolezza circa il valore del
creato, con la sua preoccupazione per la giustizia, con la sua
scelta per gli ultimi, con la sua tradizione educativa e con la
sua storia di incarnazione in culture tanto diverse del mondo
intero, desidera a sua volta offrire il proprio contributo alla cura
e alla crescita dell’Amazzonia” (n. 60) e della Terra tutta.
Ma a quali livelli potrà dispiegarsi tale impegno
per una comunità – che si tratti di una parrocchia, di una diocesi,
di una comunità religiosa, di un’associazione/movimento
o di altra realtà? Mi pare che ve ne siano almeno cinque: essi
andranno sottolineati in modo più incisivo nel Tempo del
Creato, ma interessano in effetti la vita della comunità in ogni
tempo.
- Il Vangelo della creazione
Le nostre comunità sono prima di tutto luoghi
di formazione, alla fede ed al suo vissuto; essenziale, dunque,
esplicitare il forte legame di tali realtà con la cura della terra.
La catechesi, la formazione degli adulti, la stessa liturgia (la
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predicazione, ma non solo) sono ambiti preziosi per introdurre
a quel “Vangelo della creazione” cui rimanda il II capitolo dell’enciclica
Laudato si’. L’esperienza credente custodisce profonde
radici spirituali per un amore efficace per la terra e i suoi
abitanti, per la promozione di un’autentica “conversione ecologica”
(LS n. 216) e la formazione di custodi della casa comune.
- Camminare in novità di vita
Una prima dimensione in cui una conversione
ecologica troverà espressione è il rinnovamento degli stili di
vita, nella varietà delle loro dimensioni (LS n. 211). Un’intelligente
sobrietà è da sempre parte di una spiritualità credente
ed alcune realtà (lo scoutismo, il mondo francescano o le Caritas,
per fare tre esempi) lo testimoniano particolarmente. Ora
siamo chiamati a valorizzarla in modo più ampio e diffuso,
esplicitandone le valenze ecologiche, nella formazione di
bambini/e e ragazzi/e, ma anche nella pastorale familiare. Le
scelte di consumo che facciamo (acqua, cibo, abbigliamento…)
non hanno solo un loro diretto impatto, ma costituiscono
anche segnali con cui testimoniamo ad altri il nostro amore
per la terra.
- Comunità sostenibili
Anche per questo nessuna azione formativa
può essere efficace se non si accompagna a pratiche di rinnovamento
della vita comunitaria e della sua organizzazione. Si
tratterà, ad esempio, di evitare l’uso di materiali usa-e-getta
negli eventi organizzati (feste, sagre, pasti in comune…), ma
anche di individuare forme sostenibili per l’uso dell’acqua, per
il riscaldamento e l’illuminazione degli spazi comunitari. Uno
stile di vita attento alla casa comune ha bisogno anche di
un’intelligente creatività e ogni comunità ha probabilmente al
suo interno chi può offrire utili suggerimenti in tal senso. L’impegno
è particolarmente urgente per quelle comunità cui sono
affidati beni ambientalmente rilevanti, di cui dovranno curare
ad un tempo la valorizzazione e la custodia.
- Sentinelle sul territorio
La capillare presenza delle comunità cristiane
sul territorio conferisce loro anche una responsabilità per le
trasformazioni che lo investono. Essenziale, dunque, la vigilanza
nei confronti di progetti che appaiano problematici e
delle diverse forme di degrado che incombono sulle nostre terre:
in diversi casi occorrerà alzare coraggiosamente la voce.
Certo, saranno scelte da fare con saggezza, senza cedere a facili
allarmismi. Occorrerà attenzione per le analisi di chi dispone
di competenze specifiche e per i diversi soggetti coinvolti;
occorrerà promuovere e favorire puntuali processi di discernimento.
- Immaginare futuro
Le nostre comunità sono anche luoghi di incontro,
di approfondimento, di pensiero. Luoghi in cui occorre trovare
anche il tempo per comprendere e attivare quella responsabilità
per il futuro della casa comune che ci interessa in
quanto credenti e cittadini; per dialogare su di essa cogliendone
le implicazioni. C’è una dimensione ecologica del bene
comune e dell’etica civile, un’utopia sostenibile che va coltivata,
anche nel sentire delle nostre comunità.
Cinque aspetti possono sembrare tanti, ma forse
in realtà non esauriscono neppure la sfida. Se essere custodi
della casa comune significa “lasciar emergere le conseguenze
dell’incontro con Gesù nelle relazioni col mondo” (LS
- 217), tale realtà ci interpella a trecentosessanta gradi. Proprio
per questo l’impegno personale dovrà raccordarsi con la
corresponsabilità delle comunità: “ai problemi sociali si risponde
con reti comunitarie” (LS n. 219).