L’elezione di papa Leone XIV al soglio di Pietro, ci sta facendo (ri)scoprire il carisma degli agostiniani, al cui ordine il Santo Padre appartiene. L’Ordine di sant’Agostino è canonicamente nato nel mese di marzo del 1244 per opera di Innocenzo IV, il quale mise insieme alcuni gruppi di eremiti in un nuovo ordine mendicante per il servizio alla Chiesa universale. L’Ordine, fin dall’inizio, riconobbe in sant’Agostino il padre, il maestro e guida spirituale, avendone ricevuto la regola e il nome, la dottrina e la spiritualità. Eravamo dunque verso la metà del XIII secolo, in coincidenza con il periodo durante il quale fiorirono tante vocazioni alla santità.
In questo straordinario clima, fiorì la figura della beata Diana da Santa Maria a Monte, così come quella di tante altre donne che soprattutto segnarono, a partire dall’Italia centrale, il fenomeno delle mulieres de poenitentia, cioè donne la cui vita fu dedicata alla preghiera ed alla mortificazione. Ma a godere poi di una particolare fama di santità, sempre nello stesso periodo, fu santa Verdiana da Castelfiorentino, il cui modello di vita ne ispirò tanti altri. Gli orientamenti spirituali della beata Diana sembrano raccordarsi su due ambiti: da una parte chi la vuole ispirata a san Francesco, chi invece la riferisce a sant’Agostino.
C’è poi una terza ipotesi che sostiene che specie per la beata Diana, non si dovesse ancora parlare di referenze spirituali. Infatti, non è ancora stata detta una parola inequivocabile sulla appartenenza della beata ad un ordine specifico. Non vi sono infatti documenti o iconografia che portino ad “incasellarla” in un ordine religioso. Dobbiamo inoltre rilevare due condizioni del medioevo. Tre aspetti caratterizzavano il carisma delle seguaci di sant’Agostino: il pellegrinaggio, il reclusorio e la vita contemplativa. Attraverso una lunga e progressiva trasformazione verso le forme istituzionali di un monachesimo femminile stabile e collegato ai grandi ordini mendicanti che si realizza in esse, invece del ruolo relativo al «coinvolgimento pastorale degli agostiniani nella direzione spirituale delle donne e nella “cura monialium“». Della cosa si è occupato lo storico dell’ordine Pierantonio Piatti, in Archivio Storico Italiano, vol. 165, pp. 325-364. A corollario di questa stagione di santità, le vicende di vita di queste donne componevano l’itinerarium mentis in Deum singolarmente vicine all’Ordine agostiniano. Anche Diana passa dall’esperienza del pellegrinaggio al reclusorio e infine al monastero e segue lo stesso tragitto percorso da Cristiana di Santa accessorie che riguardano proprio Santa Maria a Monte e gli agostiniani. Il centro del Valdarno difatti ospitava un convento agostiniano, in quella località denominata «San Dalmazio», proprio alle pendici della «fiorita collina tosca». Proprio nell’ambito del Valdarno, fu fondato anche uno fra i più longevi monasteri femminili agostiniani, di cui fu animatrice Santa Cristiana, nel XIII secolo e sopravvissuto anche nel recente passato a guerre, incendi e alle soppressioni degli ordini religiosi.
Dunque, l’esperienza agostiniana si inserisce nel panorama religioso femminile della Toscana e dell’Italia dei secoli centrali Croce: da San Michele sul Gargano a Roma, quindi nel Valdarno inferiore. Ma il nome della Beata è legato al cammino che la vide protagonista insieme ad altri compagni di viaggio, quali san Ranieri di Pisa. Il Cammino di San Michele, o “Via Micaelica”, è un lungo percorso di fede che attraversa l’Europa in diagonale, lungo quello che secondo la tradizione sarebbe il segno lasciato dalla spada dell’arcangelo Michele. Dall’Irlanda e dall’Inghilterra, la linea attraversa la Francia e l’Italia per giungere a Gerusalemme, toccando numerosi luoghi legati al culto del santo quali Skellig Michael e Mont Saint-Michel. Sono questi, ulteriori elementi che concorrono a dare corpo agli aspetti “agostiniani “della beata Diana Giuntini.