Anniversari

1944: quando a San Miniato arrivarono i «Monuments men»

di Antonio Baroncini e Francesco Fisoni

In occasione delle Notti dell’Archeologia si è tenuta al “Museo della Memoria” di San Miniato una conferenza dello storico Claudio Biscarini avente per tema «Il passaggio del fronte da San Miniato», di cui proprio in questi giorni ricorre il 76° anniversario. Conferenza patrocinata, oltreché dall’Amministrazione comunale, anche dall’Accademia degli Euteleti e dalla Cooperativa “La pietra d’angolo” onlus, che gestisce il complesso dei musei civici cittadini.

Grande arguzia e mestiere da parte di Biscarini nell’affabulare gli intervenuti riguardo ai concetti strategici da cui sono scaturite le azioni belliche cariche di conseguenze drammatiche per la città e la popolazione sanminiatese. Un paradigma imprescindibile dell’impostazione tattica degli americani era quello di bombardare massicciamente le linee nemiche, quando ancora la loro resistenza era forte ed inespugnabile all’assalto delle forze terrestri. Riflettendo e sviscerando l’articolazione di questo tipo di teatro di battaglia, Biscarini è arrivato a trattare del funesto quadro che ha determinato la strage del Duomo, il 22 luglio 1944: nei rapporti americani. San Miniato era un presidio nel quale si concentrava una salda resistenza tedesca. Nel convulso bombardamento scaturito in seguito a quei rapporti, una granata entrò casualmente dal finestrone del transetto di destra del Duomo, all’interno del quale erano radunate centinaia di persone, uccidendone 27 sul colpo (i morti complessivi saranno poi 55) e ferendone più di 100.

Biscardini ha riaffermato con estrema chiarezza, dopo la colluvie di testi e parole prodotte in merito, che quella terribile esplosione non poteva in alcun modo essere stata causata da una mina o bomba collocata proditoriamente da tedeschi in Cattedrale. Per suffragare questa tesi, lo stesso Biscarini ha affermato, come già in altri contesti, che l’esplosione di una bomba lascia in profondità una buca di considerevoli dimensioni, come dimostrato ad esempio dall’attentato in Piazza della Loggia a Brescia nel 1974. Ma intorno al presbiterio, come su tutta la superficie della nostra Cattedrale, non venne riscontrato alcun cratere, quindi l’esplosione fu, senza alcun dubbio, causata da un ordigno esploso in aria, e verosimilmente una granata. Questa ricostruzione, già intuita decenni orsono dal canonico Enrico Giannoni, e poi argomentata scientificamente nel tempo da Paoletti, Lastraioli e dallo stesso Biscarini, ha fatto cadere l’attribuzione della responsabilità tedesca, facendo altresì risultare inattendibili le dichiarazioni di Emilio Baglioni, primo sindaco sanminiatese del dopo guerra, che avvalorava la tesi della colpa tedesca. A questo proposito occorrerà ricordare che il 24 agosto 1944 il capitano Deanne Keller del Mfaa (il reparto dell’esercito americano deputato a proteggere i monumenti – i cosiddetti “Monuments men”) arrivò a San Miniato per censire i danni agli edifici storici della città, e in quell’occasione incontrò Baglioni. Nella sua scheda Keller scrive testualmente: «Il sottoscritto chiamò il sindaco, Emilio Baglioni, in assenza di Cao (Civil Affair Officer: l’ufficiale addetto agli affari civili del Governo Militare Alleato) che stava visitando altri comuni e Baglioni disse che il 22 luglio i tedeschi ordinarono a tutti gli abitanti della città di entrare in Duomo e in San Domenico. Quella mattina o una mina o una bomba sono esplose a destra del corridoio nella cattedrale, vicino all’altare tra queste persone e ne ha uccise 27, ferendone più di 100. Ho interrogato una mezza dozzina di cittadini tra cui l’ingegner Gino Giunti. L’affare è avvolto nel mistero e un’indagine è in corso. Il sindaco è convinto che sia stato un atto di rappresaglia da parte dei tedeschi che si sono arrabbiati per la resistenza dei partigiani nel territorio del comune. Il sindaco afferma inoltre che la città è sovraffollata a causa del numero di rifugiati, non c’è acqua, la strada per il mulino è bloccata da macerie, il 40% del raccolto di grano è perso…». Keller giustamente afferma che ancora la vicenda è circondata da mistero e che è in corso un’indagine. Tale argomentazione era già stata esposta dal maggiore Wexler, esattamente 10 giorni prima dell’arrivo di Keller. In quei giorni concitati, soltanto il sindaco era convinto che l’unica versione dei fatti plausibile fosse quella dell’ordigno posizionato dai tedeschi in Duomo. La conferenza di Biscarini ha messo in evidenza una realtà poco conosciuta, di cui anche i libri sull’argomento parlano poco: gli eserciti americano ed inglese avevano nei loro ranghi alcuni ufficiali, per lo più laureati in storia dell’arte, che avevano il compito di indicare alle truppe in prima linea i luoghi e i monumenti da rispettare in occasioni delle azioni di guerra. Sull’operato di questi reparti, George Clooney ha girato nel 2012 un interessante film dal titolo “Monuments men”, tratto dall’omonimo libro di Robert M. Edsel e Bret Bitter. Di norma i generali mai stavano a sentire le indicazioni di questi tecnici e storici dell’arte e così ai monuments men non restava che andare dopo le azioni di guerra a verificare i danni che le artiglierie alleate avevano causato al patrimonio storico-artistico. Anche San Miniato ebbe più volte la visita di questi inconsueti ufficiali ed in particolare del dott. capitano Deanne Keller, il quale venne a San Miniato una prima volta il 24 agosto 1944, poi il 16 settembre, il 4 gennaio 1945 ed infine il 5 marzo 1945. Oltre a constatare i danni subiti dai monumenti, questi ufficiali suggerivano le riparazioni da eseguire, constatando al contempo, nelle successive visite, lo stato di avanzamento di questi rudimentali restauri.

A San Miniato Keller annotò i danni subiti dalle case, dagli archivi e dalle chiese. Per quanto riguarda il Duomo dice testualmente: «Il tetto è stato colpito in due punti da proiettili, vicino al portale sulla navata sinistra. La facciata e il campanile appaiono intatti, anche se le scale sono sparite nel campanile. Il tetto sopra la sagrestia è completamente a terra. Fori di shrapnel nelle immagini e nei muri nella Sala Capitolare. C’è un altro buco nel tetto della cappella a destra dell’altare maggiore. I vetri sono caduti in tutto l’edificio. La colonna vicino a dove si presume che la mina o la bomba siano esplose, presenta profonde cicatrici e buchi. C’è ancora del sangue sul pavimento attorno alla sua base. Gli archivi della cattedrale sono al sicuro sul fondo del campanile». La Storia, per suo stesso statuto ontologico, è continua revisione (termine da assumere in senso etimologico e non ideologico). Questo significa che all’apparire di nuovi e inediti documenti, lo storico degno di questo nome, effettua le opportune integrazioni e correzioni revisioni appunto – rispetto alla vulgata vigente fino a quel momento.

Oggi, riguardo ai fatti del Duomo, possiamo affermare con sufficiente serenità, che una generosa serie di documenti ha oramai definitivamente suffragato l’ipotesi del proiettile americano e ogni altro diverso giudizio fattuale, proprio in base ai documenti in nostro possesso, risulta una forzatura, incongruente con gli ordinari criteri di ricerca e metodologia storica.