Sociale

Un ristorante per dare lavoro a ragazzi con disabilità cognitive

di Donatella Daini

Quando la vita mette a dura prova, non tutti reagiscono bene, anzi, potremmo dire che non tutti reagiscono. L’ingegner Marco Casalini ha due figli disabili mentali, ed ha reagito assai positivamente. Aveva un’azienda elettronica ben avviata, ma nel 2015 decise che era l’ora di pensare al futuro dei suoi ragazzi.

Con questo obiettivo in mente cedette la sua impresa che andava a gonfie vele e incrementò le iniziative e le strutture che fanno capo alla Fondazione «Il Gabbiano Blu» fondata nel 2010 insieme alla moglie, allo scopo di creare un supporto per i figli Giacomo e Simone, ma anche per creare strutture per il Dopo di Noi e percorsi di vita per tanti altri ragazzi con disagi psichici e fisici. Sicuramente una scelta così radicale sorprese un po’ tutti, perché era una scelta controcorrente, ma i figli con disabilità e quindi non autosufficienti hanno o dovrebbero sempre avere la priorità su tutto. La fondazione infatti controlla cooperative sociali, trust per disabili, case famiglia, dove i ragazzi non autosufficienti imparano a sapersi gestire nel quotidiano, diventando il più possibile autonomi, ristoranti e aziende agricole progettando strutture sociali per creare percorsi per il «Dopo di noi», poiché la grande preoccupazione di ogni genitore in questi casi si traduce in un’unica domanda: come se la caveranno i nostri figli quando noi non ci saremo più? Tutto questo è stato creato solo con i finanziamenti privati della famiglia che è diventata un po’ anche la famiglia di tanti altri ragazzi sfortunati. Nell’ambito di queste attività, a Pontedera quest’anno è nato un piccolo e accogliente ristorante sociale, gestito dalla cooperativa «Il giardino dei semplici», dove lavorano anche diversi ragazzi non autosufficienti, a febbraio è stata infatti inaugurata «La Botteguccia», un delizioso bistrot in pieno centro storico.
L’ambiente è accogliente, tanto che sembra di pranzare a casa di amici invece che in un locale pubblico, con strutture in legno, sia internamente che nella piccola veranda coperta esterna. Nel locale, che conta quaranta posti, lavorano due cuoche, quattro ragazzi con disabilità e un cameriere in appoggio di tanto in tanto.
Marta Catarsi ex professoressa di lettere in pensione e Gabriella Mencacci ex giornalaia anch’essa in pensione, sono le due bravissime cuoche del locale, ma anche le vice mamme degli aiutanti disabili, tanto è l’affetto e la cura che emergono dai loro gesti e dalle loro parole. Abbiamo incontrato alcuni dei ragazzi disabili che lavorano nel bistrot. Riccardo ha 40 anni ed è aiuto cuoco, pulisce meticolosamente e con cura il pesce e la verdura ed è felice del suo lavoro. «Ho frequentato l’Iti ma non mi sono diplomato, poi ho lavorato nella tipografia che mio padre aveva con altri soci – ci spiega Riccardo – ma dopo la sua morte ho preferito lavorare altrove, prima da un fioraio e adesso in questo ristorante dove mi trovo a mio agio e dove ho trovato persone che mi vogliono bene«. Lara è una ragazza di 21 anni dolcissima, dimostra meno della sua età, si è diplomata al liceo pedagogico e adora i bambini. «Ho fatto uno stage all’asilo nido – ci spiega la ragazza – e mi piacerebbe un domani lavorare con i bambini, ma adesso lavoro qui e mi trovo bene, è come stare in famiglia e la mattina mi alzo volentieri per venire al lavoro». Simone ha 30 anni ed è uno dei figli del signor Casalini. Si è diplomato all’istituto d’arte di Cascina. Parlando con lui traspare l’orgoglio e la soddisfazione di lavorare e di imparare un mestiere. Affronta questo compito con tanta volontà e impegno, è gentilissimo con i clienti ed è un ottimo cameriere. «Io lavoro part-time per uno stage anche in un supermercato fino a mezzogiorno – ci ha spiegato Simone – poi vengo al ristorante e lavoro qui fino verso le 15 circa, poi però sono libero».
La cucina è ottima, i prezzi sono veramente popolari e l’ambiente è semplice, ma lindo e accogliente, nonostante ciò l’affluenza dei clienti è limitata. «Al momento – spiega l’ingegner Casalini – riusciamo a fare circa 120-130 coperti alla settimana, ma la cosa che più ci dispiace è che non abbiamo una clientela giovane, ma solo di mezza età, con un livello culturale medio-alto, ma di mezza età». I politici del comune di Pontedera vengono a pranzo da voi? «Si sono venuti alcune volte all’inizio, mi auguro di averli ancora come clienti, noi abbiamo bisogno di lavorare per mandare avanti queste imprese e per non far perdere il lavoro a questi ragazzi». Ma l’ingegner Casalini, come abbiamo già accennato, ha costituito anche un Trust per disabili attinente alla nuova legge per il «Dopo di noi». Un trust è una struttura giuridico-finanziaria che garantirà e amministrerà il patrimonio che i due figli della famiglia Casalini erediteranno alla morte dei loro genitori. Ma questo è un Trust irreversibile, cioè alla morte dei beneficiari il patrimonio invece di andare ai parenti più prossimi andrà ad un’altra fondazione che si occupa di disabili.
Qualcuno potrebbe pensare che forse bastava questa struttura giuridica per garantire una vita decorosa ai due ragazzi, invece la famiglia Casalini ha voluto creare varie imprese per far si che i loro figli possano dare un significato e un senso alla loro vita attraverso il lavoro ed essere orgogliosi del loro impegno e dei loro risultati oltre poi ad offrire opportunità di impiego ad altri ragazzi meno fortunati.
Che dire? Tanto di cappello alla famiglia Casalini per le belle iniziative, auspicando che la parola solidarietà, oggi molto di moda, si traduca in azioni concrete, soprattutto da parte di giovani più fortunati, che ogni tanto potrebbero andare a pranzo o a cena anche alla Botteguccia, dove fra l’altro si mangia un pollo fritto con patate fritte molto più buone di quelle offerte da ristoranti americaneggianti