Tempo di Quaresima

Riscoprire la preghiera come dialogo con Dio

di Giulia Taddei

Pregare non è dire preghiere: pregare è rotolare / nel buio della tua luce, / e lasciarci raccogliere, / e lasciarci parlare / e lasciarci tacere / da te».

Così inizia la poesia «La preghiera» di Adriana Zarri che ben introduce la domanda un po’ insidiosa che vorrei porgervi: noi preghiamo o recitiamo preghiere? La grande tradizione della Chiesa ha creato una regola e una pratica quaresimale, individuando alcuni atteggiamenti spirituali che aiutino a riorientare la nostra vita a Dio, ad uscire dalla nostra rivendicazione di assoluta indipendenza da Lui, per incontrarlo. La prima opera quaresimale che ci viene proposta è la preghiera.

Ma quale preghiera? Come in ogni dinamica di tipo relazionale la preghiera comporta un dialogo esistenziale, confidenziale tra padre e figlio così come lo conosciamo nelle esperienze umane. Qual è la dinamica elementare tra padri e figli? Il padre parla al figlio, gli comunica sé stesso, lo educa aprendo il cuore e la vita, gli insegna anche come vivere, ma a partire dalla sua esperienza: parlando, il padre si dona al figlio e il figlio ascolta il padre, non soltanto con l’orecchio, ma con il cuore. Dall’ascolto della Parola nasce il «P dialogo filiale, confidenziale, familiare con Dio che è tipico della preghiera cristiana, ma come tutte le relazioni ciò richiede tempo e impegno personale, non è una pratica astratta o un rituale vuoto: è fermarsi per percepire in noi stessi il bisogno di Dio. Pregare significa accogliere Dio nella nostra vita, fargli spazio, essere recettivi all’incontro con lo Spirito di Dio.

Questa disponibilità all’accoglienza è tipicamente femminile e questo spiegherebbe la maggiore predisposizione della donna per l’azione orante: Dio cerca infatti una donna per incarnarsi. Fin dall’inizio della storia di Israele come popolo dell’alleanza, è narrata una preghiera fatta in modo particolare da donne: preghiera di lode, di supplica, di voto. Donne di preghiera sono state Miriam (Esodo 15, 20-21); Debora (Giudici 5); Anna (1Samuele 1, 1-27; 2, 1-10); Giuditta (Giuditta 9). Le donne hanno sempre dato molta importanza a questa pratica, hanno sempre avuto fede nella forza della preghiera. Anche le donne che incontriamo nei racconti evangelici superano il timore, le norme e chiedono insistentemente, supplicano, ma soprattutto si pongono in relazione con Gesù, lo vogliono conoscere, desiderano incontrarlo. Sono donne semplici che radicano la loro vita in questa relazione, orientano il loro sguardo verso l’altro perché hanno imparato ad uscire da sé stesse, mettendosi in costante attesa dell’incontro con l’Altro. Questa attenzione costante alla presenza di un Altro, diviene vita stessa. Ed è vita di preghiera, è incontro, non è chiedere cose. Il Signore ci ha anche insegnato a chiedere: «Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto» (Lc 11, 9), ma dobbiamo capire che qualsiasi cosa chiediamo non possiamo pretendere di piegare la sua volontà verso le nostre richieste, è la richiesta del Regno la preghiera modello offerta dal Figlio sulla croce, è atto di adesione al disegno del Padre, è accettazione della sua volontà. Siamo invitati a porci in atteggiamento recettivo che ci renda disponibili alla sua proposta, senza guardare troppo alla singola domanda tesa all’esaudimento, ma il domandare che ci fa aperti e pronti ad accettare la sua signoria con tutte le conseguenze che ne derivano.

Per pregare, bisogna custodire sempre un cuore umile che non desideri altro che il compimento della volontà di Dio. A volte il dialogo orante si fa esigente e si è tentati di sfuggire e di porre limiti. Bisogna rimanere dentro il sentiero tracciato e aperto da Dio, senza l’attenzione a tenere la preghiera in carreggiata a partire dalla Parola, si rischia di scadere in preghiere solite, autoreferenziali, ripiegate sui propri bisogni, sempre «su misura», a puro sfogo psicologico, a proprio uso e consumo. Invece, posando la preghiera sulle ali della Parola, si scopre che essa viene portata ad altezze vertiginose, si dilata e si espande fino alle dimensioni dell’Altissimo. La Parola ci «strappa» dal nostro piccolo «io», angusto e stretto tra piccole cose, tra piccoli desideri e aspirazioni. Pregando la Parola, veniamo raggiunti dalla sensibilità e dalla passione di Dio. La Parola ci introduce nell’immensità dello sguardo di Dio e nella compassione del suo cuore, perché anche noi, come la Vergine di Nazareth si possa fare questa esperienza, ricevendo un cuore nuovo che sappia battere al ritmo di quello di Dio.