L'attenzione della nostra Chiesa locale al mondo del lavoro

Per un’imprenditoria virtuosa

di Francesco Fisoni

La recente trasferta del vescovo Andrea, nei giorni 20 e 21 febbraio, alla fiera internazionale di Lineapelle a Milano, costituisce un invito prezioso a riflettere sui modi con cui la nostra Chiesa locale si sta, da alcuni anni, interfacciando con il mondo del lavoro e con le realtà produttive del nostro territorio. Nella prestigiosa vetrina ambrosiana esponevano i loro manufatti le principali eccellenze del comparto del Cuoio della nostra diocesi. La visita che a loro ha recato il nostro presule, è stato il naturale esito di un rapporto nutrito di amicizia e attenzione che monsignor Migliavacca ha costruito negli anni con questo settore produttivo di cui conosce bene imprenditori, operai e dipendenti. Un’attenzione che si concretizza anche – per altro verso – nell’incontro quasi quotidiano, in udienza privata, con padri e madri di famiglia in difficoltà lavorativa e con imprenditori che fanno fatica ad andare avanti. Potremmo dire che pochi attori sociali come gli uffici diocesani preposti alla pastorale del lavoro, e il vescovo in particolare, per il fatto di raccogliere tante intime e laceranti confessioni, conoscono i drammi che il morso della crisi ha prodotto nell’ultimo decennio sul nostro tessuto sociale.

L’impegno del nostro presule si è spinto poi ultimamente anche nella costruzione di un sodalizio fatto di ascolto e consiglio verso realtà come l’Ucid, l’Unione Cristiana degli Imprenditori e Dirigenti, nel dichiarato intento di far fiorire nel microcosmo del lavoro nostrano quell’umanesimo cristiano di cui tanto hanno bisogno di essere contagiate tutte quelle prassi produttive ancora oggi modulate sull’esclusiva logica del profitto. Proprio su questa linea, a metà gennaio, era stato anche don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio per la Pastorale Sociale e del Lavoro della Cei, a scuotere le nostre coscienze diocesane invitandoci come Chiesa locale a studiare e decifrare le relazioni che gli attuali modelli di lavoro stanno instaurando sul nostro territorio: «Le nostre Chiese dovrebbero avere sempre qualcosa di importante da dire sui temi del lavoro. Non possiamo tirarcene fuori. Un modello di comunità genera sempre un modello specifico di lavoro».

Proprio il comparto del Cuoio che insiste nel nostro Valdarno, ha realizzato nel tempo un modello di lavoro ricalcato sui modelli delle comunità che qui esistevano e che chiede di essere nuovamente interpretato e rilanciato, in quanto ha rappresentato anche una esperienza riuscita di integrazione lavorativa e accoglienza per tanti immigrati, il cui contributo professionale risulta oggi decisivo per la sopravvivenza di questo segmento della nostra economia territoriale. Si tratta di storie, volti, progetti e buone prassi che chiedono di essere conosciute e raccontate.

Fortunatamente la Chiesa italiana non è sola in questo cammino di esplorazione, e incontra talvolta illuminati compagni di viaggio come – ad esempio – l’imprenditore della seta Brunello Cucinelli, uomo di forte impronta ascetico-benedettina e amico del cardinal Bassetti, che ha recentemente inaugurato nelle campagne umbre un “Borgo dello spirito” di circa 100 ettari; un parco industriale e culturale insieme, dove Cucinelli ha inverato la sua idea di capitalismo umanistico, plasmato sui concetti di dignità, umanità, lavoro e bellezza. Racconta così il suo progetto: «Volevo lavorare per la dignità dell’uomo, Volevo realizzare un’impresa che facesse profitti, ma che guardasse anche all’etica e alla morale, indicando al contempo un sistema di vita e di lavoro nostro, italiano. In questa impresa si lavora dalle 8 alle 18 della sera. Non si può lavorare in nessun modo dopo le 18. La pausa pranzo è importante perché siamo in Centro Italia. Molte persone ritornano a casa per vivere questo momento in famiglia. Credo che ci stiamo affacciando su un mondo nuovo, l’alba di un mondo migliore che sta arrivando anche nei rapporti umani. Questo potrebbe fare la differenza e non escludo che noi italiani, essendo maestri e padri delle grandi arti, potremmo essere coloro che per primi regolano questo rapporto nuovo tra proprietà e lavoratori, assicurando rispetto e dignità per chi lavora. Come impresa abbiamo progetti triennali e progetti a cinque secoli. Ossia, l’azienda lavora a tre anni, ma deve anche immaginare di poter migliorare l’umanità e rendere il mondo un posto migliore». Parole di straordinaria suggestione etica ed estetica. Un documento programmatico da modellare, che miete ogni anno incrementi di fatturato impressionanti, con condizioni contrattuali per i lavoratori incomparabili e retribuzioni tra le più alte d’Europa. Una piccola utopia che cresce, cullata e custodita nel cuore migliore dell’Italia e nel cuore della Chiesa. E non è forse senza senso il fatto che l’abate del monastero benedettino di Norcia sia anche il padre spirituale di Brunello Cucinelli.

Non potevamo però chiudere questo nostro contributo senza citare il caso della Faac di Bologna. Eccellenza mondiale nella produzione di automazione per cancelli, che il proprietario nel 2012, alla sua morte, ha donato all’Arcidiocesi di Bologna. Il cardinal Carlo Caffarra non si è tirato indietro e, accettata la sfida, ha messo l’azienda in mano a tre consulenti strategici. Nel 2014 Faac aveva mille dipendenti e 284 milioni di euro di fatturato. Da subito a tutti i dipendenti viene assegnata una polizza assicurativa supplementare oltre a tre settimane di campo estivo gratuito per i figli. Gli utili devono restare in azienda per fare sviluppo e ricerca. L’arcivescovo Matteo Maria Zuppi, succeduto nel 2015 a Caffarra, conferma tutti gli impegni.

Oggi i dipendenti sono saliti a 2500 e il fatturato a fine 2017 è schizzato a 428 milioni di euro. Zero debiti e un utile netto di 43 milioni. Dal 2014 circa 5 milioni l’anno vengono girati all’Arcidiocesi di Bologna, che li mette a disposizione – fino all’ultimo centesimo! – per le situazioni di marginalità, povertà e disagio. In due anni sono state aiutate oltre 16.000 persone che non ce la facevano a pagare affitto, bollette e spese sanitarie. Insomma, imprenditoria virtuosa e etica in nome di Dio. Guardano anche a questi esempi e a questi modelli, gli sforzi della nostra Chiesa locale per l’irrinunciabile missione di umanizzazione del mondo del lavoro nostrano.