Riflessioni

I diritti di Dio e i nostri doveri di cittadini

di Antonio Baroncini

Vivere oggi, nella realtà presente, tra ansia, preoccupazioni, infermità e morte, questa frase evangelica: «Réddite quae sunt Caésaris Caésari et quae sunt Dei Deo!» (Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio) ci impone delle profonde riflessioni. Papa Francesco ed il Presidente Mattarella , in due accorati appelli, ci lanciano messaggi chiari ed inequivocabili: riscoprire la nostra spiritualità come dono di Dio e la nostra osservanza ai principi democratici della nostra comunità nazionale.

Papa Francesco nel suo silenzio e solitudine

Papa Francesco, camminando solo, sul selciato bagnato di piazza San Pietro, per raggiungere la sua postazione di preghiera, portava sulle sue spalle il peso, il perdono, la richiesta di auto per il mondo intero al nostro buon Dio, invocando speranza nella fede in Lui. «Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo trovati impauriti e smarriti».

Così papa Francesco inizia il suo messaggio e la sua preghiera di intercessione per la sconfitta sul coronavirus che sta portando dolore e morte. La piazza deserta, la pioggia che schiarisce le pietre lucidate da milioni di persone che nel tempo l’hanno invasa, la voce scossa di papa Francesco, il pianto per migliaia di amici, fratelli, genitori che ci hanno lasciato, rendono la nostra anima sbigottita, come gli apostoli sulla barca, in mezzo alle acque in tempesta. «Perché avete paura? Non avete ancora la fede?», dice il Signore agli Apostoli impauriti.

Svegliati Signore

La desolazione è grande e il grido: «Svegliati Signore» si fa forte. La fede vacilla. La paura ci invade. Un esame di coscienza ci impone di confessare la nostra presunzione e la nostra sordità verso la Parola del Signore. «In questo nostro mondo che Tu ami più di noi, siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto. Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta…non abbiamo ascoltato il grido dei poveri e del nostro pianeta gravemente malato», esordisce papa Francesco.

Dai a Dio quello che è di Dio

Noi chiediamo misericordia e grazia. Di fronte alle nostre richieste, però vi è un dovere come il Signore ci ricorda: «Dai a Dio quello che è di Dio». Dio non vuole denaro, terre o palazzi, Dio vuole il nostro cuore! Ecco il messaggio spirituale. «È il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è. È il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di Te, o Signore, e verso gli altri. E possiamo guardare a tanti compagni di viaggio esemplari, che, nella paura, hanno reagito donando la propria vita». Il cuore, però è una parte intima della nostra persona. È lo scrigno dove custodire i nostri più profondi sentimenti, le nostre pene, le nostre gioie, tutti gli elementi spirituali che ci spingono o ci frenano nella nostra vita pratica. È nella realtà dei fatti che Dio ci chiama e attende azioni non da eroi, ma da suoi figli, a cui ha donato tutti i mezzi per adempiere ai suoi comandamenti.

Dai a Dio quello che è di Dio Come premio ci ha donato la libertà. Ci ha donato la libertà, un grande dono, un premio, insieme però ad un cuore, ed a una mente che devono, in comunione, suggerire e sorvegliare il tracciato del nostro cammino umano per costruire e non danneggiare o distruggere il cammino altrui. Ci ha donato il Suo Figlio prediletto e l’uomo lo ha appeso ad una croce. «Abbracciare la sua croce significa trovare il coraggio di abbracciare tutte le contrarietà del tempo presente, abbandonando per un momento il nostro affanno di onnipotenza e di possesso per dare spazio alla creatività che solo lo Spirito è capace di suscitare. Significa trovare il coraggio di aprire spazi dove tutti possano sentirsi chiamati e permettere nuove forme di ospitalità, di fraternità, di solidarietà», afferma papa Francesco. Nel riflettere sul suo messaggio, troviamo le radici del nostro credo, della nostra religiosità, della nostra spiritualità, e le risposte che diamo alle loro domande ci indicano tutto quello che dobbiamo dare a Dio: «Perché avere paura? Non avete ancora fede?».

Papa Francesco Vicario di Cristo

Questo ha desiderato dire papa Francesco all’imbrunire della sera. Non era solo uomo: era il Santo Padre, Vicario di Cristo. Ogni altra considerazione cade in secondo piano, ogni pregressa polemica o perplessità sarà sospesa, dimenticata di fronte alla potenza del rito, del sacro, della liturgia.

La desolazione in cui era immerso il Papa era un potente messaggio e forse un appello: mostrava la reale condizione del nostro tempo, del nostro mondo che la cristianità riflette perfettamente. Questa potenza spirituale, Papa Francesco, umile, fisicamente debole e fragile, con le sue invocazioni, ha fatto decollare le nostre anime ed ha chiesto grazie, ma nella promessa con tutti noi, di dare a Dio ciò che è di Dio. Più di 17 milioni e mezzo di persone lo hanno seguito ed il vuoto spettrale di quella piazza si è riempito di grazia, di fede, di speranza, accompagnato dal sibilo delle sirene delle ambulanze che si confondevano con il solenne, melodioso suono delle campane.

Un dovere civico e sociale

Ogni uomo però, ha un altro dovere, quello sociale e civico: «Dai a Cesare quello che è di Cesare». Il nostro Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, subito dopo la preghiera di papa Francesco, ci ha ricordato i nostri doveri di cittadini verso tutta la comunità nazionale. «Dobbiamo compiere ogni sforzo perché nessuno sia lasciato indietro. Unità e coesione sociale sono indispensabili», afferma il Presidente. Inizia con la fotografia di questa sciagura: «È una pagina triste della nostra storia. Abbiamo visto nelle ultime settimane immagini che non dimenticheremo mai. Comunità che sono duramente impoverite dalla scomparsa di tante care persone». Parla a quei medici e infermieri, numerosi, rimasti vittime del loro impegno. Ricorda i farmacisti, le forze dell’ordine, i proprietari di supermercati, i volontari, le imprese, gli insegnanti che da remoto sono presenti, le forze dell’ordine e tutti coloro che hanno reso possibile la fornitura di beni essenziali: «A loro va il plauso della Repubblica».

I nostri doveri

Punta però anche il dito sui nostri doveri: dobbiamo dare a Cesare quello che è di Cesare, e in questo momento tutti dobbiamo sentirci una sola persona, perché lo Stato democratico tenga e la generosa solidarietà che attraversa tutta la nostra Nazione sia ancora e sempre confermata dai nostri doveri civili.

«Dobbiamo continuare a osservare le regole per poter andare avanti. Siamo il faro per molte nazioni. Siamo un punto di riferimento per gli altri Paesi». Sono queste le fondamenta dello stato democratico. La forma di governo democratica è quella più rispettosa dell’etica dell’eguaglianza di ogni cittadino: lo Stato e l’Individuo sono le colonne portanti della filosofia della Storia «dove risiede la culla della nostra civiltà».

«A lungo termine il valore di uno Stato è il valore degli Individui che lo compongono», diceva John Stuart Mill, filosofo ed economista inglese. Il Presidente Mattarella ci ha definito il faro per molti altri paesi. Quanta responsabilità evoca! Cosa avverrà dopo? L’ultima considerazione del Presidente riguarda il domani, cosa verrà dopo: «Dobbiamo iniziare a pensare al dopo emergenza. A quelle decisioni fondamentali per rilanciare la nostra vita sociale ed economica. Noi sappiamo dare il meglio nei momenti difficili, lo faremo anche questa volta. Un nemico invisibile ha lanciata la sua sfida. La dobbiamo vincere nell’unità degli intenti, nel mettere in campo tutte le nostre forze fisiche e razionali, nell’essere veri cittadini nel dare allo Stato e quindi alle Istituzioni, tutto quello che ci viene richiesto». Due uomini, due grandi figure religiose e politiche, richiamano tutti noi ai nostri doveri, con equilibrio di richiesta, per risposte positive ed incoraggianti e per sentirci scevri di ogni irresponsabilità ma sicuri dei nostri atteggiamenti.

A Cesare, dunque, va pagato il tributo, ciò che deriva dal suo potere; ma ciò che appartiene a Dio, la vita umana, va data a Dio. E quando le due autorità entrano in conflitto, occorre ricordare le parole degli apostoli: «Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini» (At 5,29).