In cammino verso il sacerdozio

Ammissione tra i candidati all’Ordine di Alfonso Marchitto

Intervista di Francesco Fisoni

«Ci saranno ancora sacerdoti nel futuro della Chiesa?». Questo il titolo di un libro scritto alcuni anni fa da monsignor Massimo Camisasca, in cui il punto di domanda piazzato in copertina instillava da subito, nel lettore, una punta d’inquietudine. Si trattava però, nelle intenzioni del vescovo di Reggio Emilia-Guastalla, di una domanda retorica, connotata dal presupposto di una risposta positiva: finché ci sarà bisogno di salvezza (e quindi sempre, su questa terra) ci saranno anche sacerdoti. In effetti il responso a quell’interrogativo non può che essere positivo nella prospettiva di Dio. Se resta interrogativo, lo è nel solo orizzonte dell’uomo, che non viene dispensato dallo sperare e dal chiedere al suo Signore operai per la messe. A questo proposito le parole di Gesù sono inequivocabili e ci restituiscono a una dimensione di responsabilità che spesso sfugge: «Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe» (Mt 9,37). È anche per queste ragioni che quando un giovane chiede di poter essere ammesso agli Ordini sacri bisogna celebrare e far festa, nella certezza che ci troviamo in presenza di un evento centrale per la vita della Chiesa e – se mi è permesso – della storia della Salvezza.

Alfono Marchitto ha 32 anni, è nato a Termoli in provincia di Campobasso e ha vissuto gran parte della sua vita a San Severo in provincia di Foggia. Alfonso, mercoledì 30 settembre, nella parrocchiale di Ponsacco, alla presenza del vescovo Andrea, ha iniziato il cammino che lo condurrà agli ordini sacri, al diaconato e al sacerdozio. Siamo andati a cercarlo, per farci raccontare qualcosa di lui, della sua vita, delle sue passioni e di come è arrivata la chiamata del Signore.

«Che dirti? – ci dice subito con franca cortesia. Fin da piccolo sono stato un grande appassionato di arte e storia. Appena terminato il liceo classico ho intrapreso gli studi universitari in beni culturali a Foggia. Studi che però ho interrotto dopo due anni per intraprendere gli studi di teologia presso il Pontificio seminario regionale pugliese a Molfetta. Già negli anni di beni culturali avevo infatti compreso che il Signore mi chiamava a seguirlo nel sacerdozio. Se dovessi sintetizzare la mia vita fino ad oggi direi che il mio passato è Misericordia, il mio presente è Grazia, il mio futuro è Provvidenza».

Sappiamo che la tua famiglia è stata terreno propizio all’emergere e fiorire di questa vocazione.

«Si è così. Vengo da una famiglia semplice, di agricoltori. Lavoro nobilitante, che anch’io ho svolto nei tempi liberi dallo studio. Ai miei genitori devo l’educazione alla fede e ai valori cristiani. Ho avuto poi la grazia di crescere in una parrocchia che mi ha aiutato a comprendere la mia vocazione. Semmai le resistenze più grandi sono stato proprio io a farle». Resistenze di che tipo? «Desideravo fare l’archeologo non il prete – ride. Ma il Signore ha vinto tutte le mie ritrosie e alla fine non ho potuto che abbandonarmi alla sua volontà. Ad aiutarmi nel maturare questa scelta sono stati dei sacerdoti che ho avuto nella mia parrocchia di origine, la loro testimonianza è stata contagiosa e determinante per me».

M’interessa rimanere ancora un po’ su questa «resistenza». In una società che non educa all’ascolto e a riconoscere la chiamata del Signore, cosa può insegnare la tua esperienza a tanti ragazzi di oggi?

«Come ho detto nelle parole di ringraziamento per la mia “ammissione”, se dovessi dare un suggerimento ai giovani, li inviterei a non aver paura di rispondere a Dio. Lui non toglie nulla, ma aggiunge tutto. Lo dico per esperienza. La vocazione non è sottrazione ma addizione. Per me poi, scoprire la vocazione è stata come una nuova creazione, e mentre lo dico ho in mente la creazione di Adamo di Michelangelo nella Cappella Sistina: un rimpastarmi nuovamente da parte di Dio, a partire dalla stessa polvere, ma con un fine nuovo».

E così hai scommesso su Dio.

«Direi piuttosto che è stato Lui a scommettere su di me. In questi anni ho sperimentato che lo Spirito Santo mi ha sempre preceduto e atteso nei luoghi e nei volti che la vita mi poneva davanti. Il vescovo Andrea, nell’omelia per la mia ammissione, mi ha chiesto: “Alfonso, chi è Dio per te?”. Non potrò mai avere una risposta esaustiva a questa domanda. Posso però testimoniare che il Signore è stato con me un po’ come un “giocatore d’azzardo”, perché solo uno che ama fino alla follia della croce è capace di giocarsi tutto per “vincere” un giovane come me».

Prima hai parlato di Molfetta, una terra benedetta dal dono di un grande uomo di Dio, don Tonino Bello.

«Si, proprio a Molfetta ho avuto la fortuna di conoscere diversi preti e laici che hanno frequentato il servo di Dio don Tonino Bello. Mi sono nutrito dei suoi scritti e da questi, della sua passione per l’umano, gli ultimi e scartati. Poi nel mio cammino vocazionale fondamentale è stata, ed è, la Madonna. La sua presenza da sempre mi accompagna e protegge. Si sa, chi ha una madre ha una garanzia… Dovremmo ricordarcelo più spesso».

Ci hai raccontato di aver iniziato il tuo cammino in Seminario in Puglia. Cosa ti ha portato a San Miniato?

«Dopo 3 anni di Seminario a Molfetta scelsi di prendere una pausa e vivere in parrocchia. Durante quel periodo un prete di Nuovi Orizzonti – l’associazione fondata da Chiara Amirante – m’invitò a trascorrere un tempo riflessione e servizio nella loro sede centrale a Frosinone. Ci sono stato un anno, in cui attraverso le varie esperienze a contatto con gli ultimi, e tramite la preghiera e la meditazione quotidiana ho maturato maggiormente e nuovamente la decisione di seguire il Signore. È qui che sono entrato in contatto con il vescovo Andrea. In diocesi infatti, nel convento di San Francesco a San Miniato, è presente proprio una comunità di Nuovi Orizzonti, con la quale ho iniziato un cammino personale, guidato poi dalle figure educative del seminario di Firenze. Contemporaneamente iniziavo anche un’esperienza pastorale nelle parrocchie di Fauglia e Valtriano e nella vicina casa di riposo. Al termine di queste esperienze, proprio grazie alla guida del vescovo e del rettore, ho deciso di riprendere il Seminario, entrando così a Firenze dove sono attualmente al sesto anno».

Adesso dove stai svolgendo il tuo tirocinio pastorale?

«Sono nella parrocchia di Ponsacco, una splendida realtà, vivace e attiva che mi ha accolto a braccia aperte; e dove, grazie a don Armando, sto imparando tante cose».

Da archeologo di vestigia storiche ad “archeologo” della nostalgia di Dio sepolta nel cuore dell’uomo. La vita del sacerdote è anche celebrazione di quell’unica bellezza che ha la sua fonte prima in Dio. Come speri e desideri portare questa tua passione nel cammino che ti attende?

«La passione per l’arte, e anche per la natura, cerco di coltivarle ancora oggi. Quando posso faccio volentieri un giro alla scoperta di questa bellissima terra che è la Toscana. Ne ammiro i paesaggi e i capolavori d’arte. Forse è presto per pensare a come porterò questa passione nella vita sacerdotale. Ciò che è certo è che resto disponibile a mettere il mio amore per la bellezza a servizio della Chiesa».

 

» Omelia del Vescovo Andrea

 

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