Omelia per l’ordinazione presbiterale di Alfonso Marchitto

San Miniato, Cattedrale ore 10.30
28-06-2025

(Letture: Is 61, 1-3a; Sal 88; 2Cor 4,1-2.5-7; Gv 15, 9-17)

Il Signore, in questo caldo fine di giugno, oggi, memoria del Cuore immacolato di Maria, ci fa un dono immenso. Un prete per la nostra Chiesa, un prete per i nostri giovani e per le nostre famiglie, un prete per le nostre comunità. Rinnoviamo oggi la gratitudine per il Suo amore verso il nostro popolo.

Abbiamo sentito il brano di Isaia: è quello che Gesù lesse nella sinagoga di Nazaret, quando volle dire ai suoi familiari e amici la sua missione nel mondo, la sua vera natura, la sua vita per compiere il disegno del Padre.

Da quando Gesù è entrato nella vita di ciascuno di noi, battezzati e chiamati alla sua amicizia («Vi ho chiamati amici») la Sua missione è divenuta la nostra, di tutti noi inviati per comunicare al mondo la luce meravigliosa di Dio, che Gesù ha manifestato.

Isaia dice, alla fine del brano che abbiamo ascoltato, che il Messia viene nel mondo per dare al suo popolo «una corona invece della cenere, olio di letizia invece dell’abito da lutto, veste di lode invece di uno spirito mesto». Per la nostra gioia. Mi piace pensare che l’olio con cui ungerò le mani di Alfonso dandogli il potere di consacrare il pane e di perdonare i peccati, è questo olio di letizia che rinnova la gioia nel popolo di Dio, in questa nostra Chiesa in cui siamo chiamati e inviati proprio ad essere testimoni della gioia.

Abbiamo ascoltato: «Dio, che disse: “Rifulga la luce dalle tenebre”, rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria di Dio sul volto di Cristo». La missione della Chiesa, la missione di ogni cristiano è questa: dare la vita perché la gloria di Cristo, la sua gioia sia riconosciuta e accolta. «Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena», disse Gesù ai suoi amici quella sera in cui istituì l’Eucaristia e andò verso la croce. E disse anche: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore». Rimanere nel suo amore salva la nostra esistenza e ci rende testimoni verso tutti. A questa missione è chiamata la Chiesa.

A questa missione da oggi in modo tutto particolare sei chiamato tu, Alfonso. Diventare prete non è una meta, ma l’inizio di un cammino di immedesimazione con Gesù, che ti vuole bene in modo speciale, unico, e ti chiede da oggi di essere – come diceva la gente vedendo san Francesco – un «alter Christus», uguale a Lui. Anzi, più esattamente, come afferma san Paolo, noi preti siamo a chiamati a essere i servitori della redenzione di ogni persona: «siamo i vostri servitori a causa di Gesù». E immediatamente aggiunge: «Noi però abbiamo questo tesoro in vasi di creta, affinché appaia che questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi». Noi preti siamo suoi strumenti, e questo ci pone sempre più giù, sempre più in basso, sempre più come Gesù. Come lui chiamati a dare tutto per amore. Lui ci ha scelti e ci conforma, ci rende uguali a Lui, se anche il nostro cuore, come quello immacolato di Maria, si lascia prendere e conquistare.

Caro Alfonso, diventi prete in questa stagione entusiasmante della Chiesa, in cui le forme antiche e belle di una cristianità che non c’è più, devono diventare nuove e vive in una autenticità semplice e sincera che parli al cuore delle persone di oggi, che vada all’essenziale. In questo Giubileo gli eventi della morte di Papa Francesco e l’inizio sorprendente del pontificato di Papa Leone, ci hanno mostrato che la Chiesa è il luogo, l’unico luogo al mondo, della vera novità. La fantasia e l’immenso amore che sgorga dallo Spirito Santo, ci ha sorpreso e ci spinge a dire un sì senza condizioni. Chiamato a immedesimarti con Cristo, sei chiamato, come ognuno di noi, a immedesimarti con il passo che lo Spirito sta dettando alla Chiesa. Fatti attento nel seguire ciò che il Papa, la Chiesa oggi propone, perché Gesù prenda possesso fino in fondo della tua vita.

Infine, oltre alla chiamata a dare te stesso per la missione di Cristo al mondo, abbi a cuore la comunione: uniti nel presbiterio e nel sacerdozio comune dei fedeli siamo una cosa sola: «Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri». Siamo già una cosa sola, perché siamo «uno» in Cristo, ma ogni nostra azione deve aver questo come comando, come tensione continua. Costruire la comunione, l’unità tra i sacerdoti e tra il popolo di Dio.

Possiamo stare con gioia nel piccolo orizzonte del nostro impegno quotidiano in questa coscienza di dare tutto noi stessi a Cristo: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga». Sei prete per la Chiesa, sei prete per il mondo, sei prete per la gloria di Cristo nel tempo che ci dona di vivere. Maria madre dei sacerdoti, ti accompagni sempre.

 

+ Giovanni Paccosi