La festa per l’arrivo del nuovo parroco, don Udoji, oggi si lega alla festa di tutta la comunità che festeggia la dedicazione della chiesa, la festa per il “compleanno” di questo edificio sacro. Festeggiare il tempio però è solo un segno di una realtà più grande e significativa, la Chiesa che siamo noi, il popolo di Dio. Dunque, festa per il nuovo parroco e festa della comunità cristiana, di tutti noi popolo di Dio, in festa perché amato dal suo Signore. Così infatti annota la seconda lettura: “Santo è il tempio di Dio che siete voi”.
Celebriamo il popolo scelto ed amato dal suo Signore e ci viene ricordato che Lui, il Signore, è il pastore, colui che guida il popolo. Ancor di più oggi vediamo nel parroco allora colui che è inviato: il pastore supremo, Gesù, invia come missionario, come “mandato” un uomo, un prete… don Udoji.
Accogliere il nuovo parroco vuol dire per noi che accogliamo e riconosciamo anzitutto Gesù come nuovo pastore; chiediamo a don Udoji di vivere il suo ministero sapendo di essere mandato dal Signore. E accogliere un nuovo pastore ci rivela anche la fedeltà di Dio che non fa mancare la sua cura e la sua provvidenza al popolo amato che siamo noi; egli si conferma oggi come colui che sceglie un popolo, lo ama, lo conduce. Così dovrà collocarsi anche don Udoji: segno di colui che sceglie, ama e conduce il gregge.
Nella festa di questa dedicazione e dell’ingresso del parroco la comunità in festa condivide la gratitudine.
Anzitutto il grazie ai preti che vi hanno guidato fino a questo anno, con grande dedizione, intelligenza, passione: don Fabrizio e don Matteo. So che li avete lasciati partire sentendo il faticoso distacco da persone legate nell’affetto e nella gratitudine. Vi ringrazio, Capanne, Marti, Montopoli per lo spirito di Chiesa con cui avete vissuto questi passaggi e anche per la disponibilità, la fiducia e forse la curiosità di scoprire cosa vorrà dire camminare un po’ di più insieme, allargando la famiglia che diventa oggi di tre parrocchie.
Il grazie lo indirizziamo anche alle parrocchie di Querce, Galleno e Pinete. Anche voi avete vissuto con dispiacere il distacco da don Udoji. Il vostro dispiacere racconta il bene del prete che si dona. E anche a voi il grazie di cuore, voi in attesa del nuovo parroco don Anthony.
Grazie a don Roberto Pacini che si è reso disponibile e con cuore di pastore ha accompagnato le vostre parrocchie nelle varie iniziative e nella vita di queste settimane.
E il grazie alla comunità presbiterale che oggi si compone qui nelle vostre parrocchie: grazie a don Udoji per la sua disponibilità al cambiamento; grazie a don Massimo Meini che, pur studente a Roma, vi accompagnerà con la sua presenza nei fine settimana e nei tempi di festa e a lui il benvenuto di tutta la comunità; e grazie a don Luciano Niccolai, residente a Montopoli e disponibile all’aiuto come prete laddove sarà necessario.
In questa festa della dedicazione l’augurio, Montopoli, Capanne e Marti, è quello di un cammino nuovo e sereno insieme. Festeggiare il dono di una chiesa, di un segno di unità nel cammino di fede, oggi, racconta che il camminare insieme sarà anzitutto un dono che il Signore vi farà e Lui non farà mancare la sua presenza e la sua compagnia.
Le letture che abbiamo ascoltato ci parlano della identità e della vita della comunità cristiana, della Chiesa, del popolo di Dio. Parlano di voi, delle vostre parrocchie e del cammino che vi attende. E lasciano quindi intravvedere anche il servizio che il prete può offrire in mezzo a voi…, parla anche di te don Udoji.
La comunità viene descritta da Isaia come “monte santo”, “mia casa di preghiera”… Sappiamo come il riferimento sia qui al tempio a Gerusalemme, un tempio ricostruito, perché il profeta parla al popolo rientrato dopo l’esilio. E si ricorda al popolo che il Signore è ancora in mezzo a loro, lo abita e offre la sua presenza. E nell’esilio Israele ha imparato a conoscere altri popoli, ha sperimentato la convivenza con loro e adesso annuncia che anche lo straniero potrà essere ammesso alla lode di Dio, sul suo santo monte. Il popolo scopre che la presenza di Dio e la sua operosità, la sua giustizia sono rivolte a tutti gli uomini, chiama tutti ad accogliere la vita, anche lo straniero, il diverso da noi, talvolta il rivale. Ora il modo adeguato di stare davanti a Dio, di osservare la sua volontà è rivelato, è provato dalla capacità che il popolo ha di accogliere lo straniero e di raccontare anche a quest’ultimo chi è Dio… E il modo per raccontarlo sarà quello di vivere da fratelli.
E’ questo allora il primo annuncio: il popolo, la Chiesa sono abitate dalla presenza di Dio. Per incontrarlo la strada è quella del far posto anche allo straniero, cioè del riconoscere l’altro fratello. La strada per accogliere Dio, per scoprire la sua presenza è la via del fratello, è la condivisione anche con il povero, il disagiato, il malato…
Sarò questo un primo compito del nuovo parroco, don Udoji. Custodire nella comunità la presenza di Dio e accompagnare i credenti a stare di fronte alla sua presenza. Il parroco allora dovrà lui per primo stare alla presenza di Dio in quel primo compito che è la preghiera. Egli poi dovrà custodire e celebrare questa presenza, soprattutto portando il dono della Parola di Dio e della celebrazione dei sacramenti. Egli infine potrà farsi ministro della presenza di Dio nel servizio ai fratelli, nel favorire che ciascuno, anche lo straniero e il diverso si senta di casa e nel far crescere la comunità sugli itinerari della carità…
La seconda lettura ci consegna la parola di Paolo ai corinzi. Egli parla della Chiesa come di una comunità viva, tempio dello Spirito santo, nella quale ciascuno è parte attiva, ciascuno, dice Paolo, costruisce…
Ciascuno di noi, di voi, ci viene detto, ha il compito di costruire la comunità cristiana. Ciascuno cioè ha dei doni che servono per la vita della Chiesa; ciascuno dovrà contribuire, nel rispetto delle tradizioni e delle vostre storie, di Capanne, Montopoli e Marti, al camminare insieme; ciascuno ha il dono dello Spirito che guida e che incoraggia… E il prete porta nella vita della comunità cristiana il proprio dono, il proprio servizio, nel rispetto di quello di tutti gli altri.
A don Udoji è chiesto oggi di venire tra voi consapevole di essere un dono, di essere portatore di un servizio… E’ venuto appunto per servire. Ed egli ha anche il compito di riconoscere e valorizzare i doni di ciascuno di voi, dovrà consentire che voi possiamo metterli al servizio della comunità. Il prete non deve chiedere che tutti la pensino come lui, non deve essere l’unico a decidere il cammino della comunità, non è l’unico da cui dipende la vita della Chiesa. Egli ha il compito di mettersi al servizio di tutti… per valorizzare tutti, per ascoltarvi, per costruire insieme le scelte pastorali, e talvolta anche per lasciarsi correggere. Diceva un teologo che il prete non ha la sintesi dei carismi, ma il carisma della sintesi. Fai camminare caro don Udoji queste comunità promuovendo il contributo, la presenza, il dono di tutti i credenti che la vivono.
L’unico fondamento, ci ricorda Paolo, è Cristo.
Il vangelo ci presenta una scena sorprendente e inedita di Gesù: con tutta la sua forza, quasi con una certa rabbia, egli scaccia i venditori dal tempio, scaccia coloro di cui comunque c’era bisogno per acquistare gli animali per il sacrificio, ma egli compie un gesto profetico, di rivelazione. Gesù è il nuovo tempio, per il quale non occorre più il sacrificio perché Lui è l’ultimo e definitivo sacrificio e quindi non serviranno più i venditori. Ormai, grazie a Gesù, la salvezza è data come dono, nella gratuità, senza doversela meritare o comprare con un sacrificio.
Ed è interessante notare il contesto in cui si colloca questa scena: la pasqua ebraica; l’annuncio che egli ricostruirà il tempio dopo tre giorni; l’affermazione “quando sarò risorto”.
Scopriamo in questo vangelo che la Chiesa è il luogo della presenza del Risorto, della vita risorta, della vita che ricomincia, della vita accompagnata dalla promessa di eternità. Si richiede prima un esorcismo, scacciare i venditori, scacciare il male e tutto ciò che è contrario a Dio e al suo amore e ci si apre così alla vita donata, allo Spirito che è la vita.
La Chiesa è il luogo della vita, dove si può incontrare e accogliere la vita, dove si può ricominciare a vivere, dove si annuncia la sacralità della vita umana, dove si celebra la vita risorta, la vita per sempre.
Tu don Udoji sarai servitore e annunciatore della vita. Si tratterà di compiere l’esorcismo, cioè di mostrare ai credenti quello che non è vita e che non porta alla vita, si tratterà anche di correggere la comunità, talvolta, soprattutto con l’arte della misericordia. E poi sii colui che difende, annuncia, narra la vita come dono, la vita accolta da Dio. Le comunità che accompagnerai don Udoji siano dunque comunità vive, amanti della vita, accoglienti della vita.
Sappiamo che ti piace cantare… Alcune volte che ti ho osservato ho notato poi che hai anche nel sangue il ritmo della danza… Forse un carisma che ti ha regalato la bella terra nigeriana da cui provieni.
Allora caro don Udoji canta e danza… Canta e danza la vita, canta e danza la preghiera, canta e danza la fantasia della carità, canta e danza la vita dei sacramenti, canta e danza la misericordia di Dio, canta e danza la tua fede e la tua fedeltà al Signore e alla sua chiamata, canta e danza l’amicizia, canta e danza anche le tue fatiche, canta e danza l’amore.
Canta e danza, don Udoji… e fai cantare e danzare anche questa bella comunità che è la Chiesa di Montopoli, Capanne e Marti qui riunita.