Risuona nella Parola di Dio oggi in modo forte e bello il tema del “venire”.
“Il giorno del Signore verrà, come un ladro di notte” ci dice san Paolo nella sua lettera ai Tessalonicesi.
“Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò…” ci ricorda la pagina evangelica.
E il tema del “venire” accompagna anche la liturgia di queste domeniche che si avvicinano alla fine dell’anno liturgico e quindi all’avvento che ci accompagnerà con l’annuncio della venuta del Signore, del suo ritorno.
E noi oggi viviamo “il venire” del nuovo parroco delle parrocchie della Valdegola, don Simone, che salutiamo nella gioia.
Allora gli facciamo una prima domanda: da dove vieni?
Mi presta la parola… Da Gello di Pontedera…, da Ponsacco potremmo dire, e ancor più da una storia bella di condivisione, da adolescente e poi giovane, della vita di Chiesa, della passione per la Chiesa. E più profondamente viene da una famiglia che ha volti belli, concreti che oggi voglio salutare e ringraziare anche per il cammino regalato di don Simone. E ultimamente viene da Santa Maria a Monte e da San Donato dove, già vivendo responsabilità impegnative parrocchiali, ha sperimentato l’orizzonte ampio della pastorale, che comprende anziani e giovani e bimbi, famiglie e situazioni più difficili, sani e malati.
A questi luoghi, soprattutto alle persone dei luoghi da cui provieni oggi guardiamo con grande gratitudine. A tutti. In particolare gli amici di San Donato e Santa Maria a Monte: grazie perché so che non è facile lasciar partire un prete giovane e anche perché è la comunità che educa il prete e così avete fatto voi. A voi anche l’augurio di un cammino buono che prosegua con chi vi accompagnerà.
E c’è un’altra domanda che accompagna il venire di don Simone: dove sei arrivato?
Eh, forse qui non sei ancora capace di rispondere. Lo scoprirai…
Certo sei tra bellissime colline e in una valle unica nel panorama diocesano. Sei vicino a preti amici con cui collaborare. Sei venuto in mezzo a comunità parrocchiali ricche di storia, di spiritualità, di generosità e incontrerai tante persone buone, accoglienti, credenti. Sto parlando di voi… e per questo vi saluto e vi ringrazio per questa accoglienza. E con voi ringrazio ancora don Francesco che per diversi anni vi ha accompagnato con intelligenza e fedeltà al vangelo.
Guardando alla comunità il mio saluto anche alle autorità civili e militari presenti. Saluto anche le associazioni.
Non ci dimentichiamo che oggi è anche la giornata dei poveri e questo ti viene affidato, don Simone, come mandato particolare: sono loro al primo posto, e l’attenzione tua e della comunità per i poveri dovrà accompagnare ogni progetto pastorale, ogni passo, incontri concreti. Proprio la prima lettura, parlandoci della donna perfetta (ne troverai anche qui eh…), annota che ella “stende la mano al povero”.
Lasciamo parlare un poco la Parola di Dio che oso commentare, riproporre a tutti voi e a don Simone.
La pagina evangelica ci presenta anzitutto un tratto del volto di Dio, chi è Dio e quindi quale Dio, don Simone, devi far conoscere, o meglio, incontrare alle persone.
“Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni”. Si parla di un uomo che dona e dà qualcosa di suo, i suoi beni.
E’ così Dio: è uno che dona e dà del suo, cioè dà la vita; a tutti dà la vita. Non fa distinzione di sesso, di colore della pelle, di religione, di nazionalità, di pensiero, di ricchezza… A tutti. E conosce così bene coloro che ama che dà a ciascuno in modo diverso. E non significa questo che faccia distinzioni, magari per simpatia o per merito di chi riceve, ma vuol dire che conosce così bene che dà quello che serve davvero… per vivere.
E appunto chi riceve dovrà trafficare quei beni, quei talenti… perché gli sono dati per la vita.
Ecco chi è Dio: uno che dona, che ama, che non fa distinzioni, che conosce davvero. Dio non è il Dio “interventista” che determina ogni singola vicenda con il suo volere; non è il Dio che premia i buoni e punisce i cattivi; non è un Dio esclusivo, di un solo popolo e Israele dovrà imparare dall’essere il popolo eletto al convivere con altri; non è il Dio vendicativo; non è il Dio che corregge con la punizione; non è un Dio che gioca a mettere alla prova…
Anzitutto don Simone devi chiederti se tu hai incontrato questo Dio, se ne hai fatto esperienza… Perché questo Dio dovrai far conoscere, annunciare, accompagnare nell’incontro con le persone.
Ce lo svela molto bene il vangelo quando l’amico che non fa fruttare i talenti rivela: “Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra”.
Ecco, don Simone. Devi annunciare un Dio di cui non avere mai paura, mai! Altra cosa è il “timore di Dio”, dono dello Spirito santo… ed è un volto dell’amore che nasce nel nostro cuore di fronte ad un Dio troppo buono.
Cari amici, se ci accade di aver paura di Dio… allora sappiamo che la nostra fede deve crescere, si tratta di convertirsi.
E la scoperta del volto di Dio, don Simone, si colloca in questo vangelo che annuncia che Lui viene, anzi che ritorna. Quasi a dirti che il tuo compito di parroco sarà quello di annunciare questo venire di Dio, il suo farsi vicino, a tutti, soprattutto a chi è più peccatore, più solo, più povero.
L’annuncio di questo Dio che viene ci chiede e ti chiede di far vivere una Chiesa inclusiva, una Chiesa dove non vi siano recinti di chi è dentro e di chi è fuori, ma che tutti accoglie.
La consegna dei talenti a queste persone da parte dell’uomo della parabola ti suggerisce, don Simone, anche uno stile di vita da prete in mezzo alla gente.
Lo direi così: il prete, tu, come uomo dell’incontro, perché si annuncia il venire di Dio, il suo farsi vicino, facendoti vicino tu alle persone. Sarà il tuo andare nella casa dei malati e degli anziani, la scoperta dei ragazzi della parrocchia e magari dar vita ad un bel gruppo e cercare anche ambienti dove si possano radunare, la vicinanza alle famiglie, il cercare i poveri e chi soffre… Il parroco, uomo dell’incontro e delle relazioni.
E poi dovrai cercare quali talenti hanno le persone a te affidate. Si possono guardare in tanti modi le persone: c’è chi vede il male, chi le giudica, chi le sente rivali… Ecco. Tu, il prete, deve guardare agli altri, a chiunque cercando i talenti che ha. Vuol dire: cercare quale posto possono avere nella comunità, cercare il bene che c’è prima di vedere difetti o distanze; vuol dire accompagnare la comunità e le persone con grande pazienza, con spirito di accoglienza, nella consapevolezza della gradualità dei cammini e che la perfezione non esiste da nessuna parte. Cerca i talenti, cerca il bene, annuncia il bene, condividi le buone prassi. Il vangelo ci dice che, fosse anche solo uno, ma ciascuno ha dei talenti dati da Dio. Cercali in tutti quelli che incontrerai.
E poi il prete accompagna l’armonia dei talenti…, il camminare insieme, in unità. Così come le parrocchie della Valdegola dovranno continuare e crescere in questo cammino di condivisione, quasi fosse una grande armonia.
E alla comunità cosa devo dire? Cari amici, cercate i talenti di don Simone. Ne ha tanti… Tirateglieli fuori, chiedetegli di spenderli, di condividerli. Scrivete con lui la bella storia della vostra parrocchia.
Un ultimo accento dal vangelo è il richiamo a moltiplicare i talenti. E sul non averli fatti fruttificare il giudizio di quell’uomo è molto severo. Prima del fare, mi pare vi sia qui un invito a guardare alla propria vita con la consapevolezza dei doni che la accompagnano. E poi raccogliere la sollecitazione a vivere i propri beni, la propria vita nel dono, nella condivisione, nella generosità. Qui si colloca l’attenzione al povero, all’escluso, allo straniero, al peccatore, a chi è nel bisogno… Trafficare i talenti, farli crescere vuol dire guardare all’altro come fratello.
E quanto è vero oggi questo soprattutto di fronte alla drammatica situazione della pandemia e di chi è nella malattia. Quante persone vediamo stanno in questa situazione trafficando i loro talenti… e ne siamo grati.
Concludo con due ultime immagini.
La prima ce la offre la pagina dei proverbi con quelle bellissime immagini della “donna forte”.
Forse vorrà dirti don Simone di fare spazio alla presenza della donna, al suo ruolo prezioso in parrocchia… Lo scoprirai…
Ma più profondamente, don Simone, ti dice: sentiti amato. Vivi da parroco amato.
E la seconda immagine la prendo da una riflessione ebraica, molto bella, sullo shabbath, il sabato, che appunto stiamo proprio vivendo, come luce sul tuo ministero di pastore, ma anche come parola di fede sulla pandemia che stiamo vivendo.
L’angoscia del male si sciolga al lume della sera di Shabbath. Non è mai troppo tardi per amare. Il contrario della morte è l’amore, non la vita, sarebbe troppo poco. Il tempo però si dilata quando sa ospitare l’amore. Quando viene il Sabato, Lei Benedetta Amante. Shabbath Shalom.