Is. 40, 1-11; Matteo 18, 12-14
Se ne è andato in sordina mons. Alberto Fabiani, da anni ospite del Convitto ecclesiastico a Firenze, sempre legato però alla sua diocesi di origine, San Miniato e qui, Villa Saletta, dove veniva a celebrare la Messa festiva finché la salute glielo ha permesso.
Era per me un nome noto fin da prima del mio arrivo a San Miniato, perché conosciuto giudice del Tribunale ecclesiastico etrusco e frequentatore dei convegni del Gruppo docenti di diritto canonico. Gente anche da me frequentata…
Ricordo il cordialissimo incontro con lui, quando andai a salutarlo la prima volta, dopo il mio arrivo in diocesi, e poi vari contatti, anche telefonici. Sempre cordiale…
Si presentava come persona mite, molto cordiale ed accogliente, rispettosa e capace di ascolto, con la passione nel cuore per la vita della Chiesa.
Era nato a Villa Saletta il 3 febbraio 1932 e divenne prete il 29 giugno del 1956.
Aveva conseguito la laurea in Utroque iure presso la Pontificia Università Lateranense e poi per tanti anni ha vissuto il suo sacerdozio quale cappellano militare, prima a Ascolti Piceno e taranto, poi in particolare nell’Accademia navale a Livorno, e poi la scuola di guerra aerea a Firenze e anche l’Ordinariato militare in Roma. Era lui cappellano quando cadde l’aereo sul monte Serra con la morte di 40 cadetti. Ha portato sempre nel cuore la ricchezza di questo servizio quale cappellano militare, riconoscendone la preziosità nella possibilità di annuncio del vangelo in mezzo ai giovani.
Egli ha messo a frutto gli studi canonistici in particolare nel lavoro del tribunale ecclesiastico, a Firenze, quale giudice apprezzato e qualificato.
Terminato il servizio presso le realtà militari aveva mantenuto l’animo pastorale con la fedeltà alle celebrazione festiva, proprio qui a Villa Saletta, collaborando con don Angelo anche per la parrocchia di Forcoli.
Gli ultimi anni, ormai limitato per i problemi di salute e per il peso dell’età, lo hanno visto più ritirato e comunque sempre legato alla diocesi, alla Chiesa e vigile in una vita sacerdotale dedita alla preghiera.
Ho sentito diversi, in questi giorni, addolorati per la perdita di questo sacerdote, uniti a lui da affetto e gratitudine per il bene ricevuto.
A tutti loro, agli amici, a quanti hanno potuto conoscere e apprezzare l’azione pastorale e la cordialità umana di don Alberto va il mio e nostro cordoglio. Un particolare e grato saluto va alle autorità militari presenti e al cappellano dell’Accademia navale.
La Parola di Dio ci raggiunge in questi giorni in cui celebriamo il tempo di avvento come il tempo dell’attesa del Signore che viene.
Tutta la vita può essere compresa da questo spazio di quattro settimane, l’avvento, che ci fa vivere ogni anno il senso di sempre della vita che è l’andare incontro al Signore che viene.
La vita è un susseguirsi di chiamate, dalla chiamata alla vita con la nostra nascita, la chiamata a vivere la vita scegliendo la strada a noi confacente, e per don Alberto il sacerdozio, la chiamata a vivere i momenti decisivi dell’esistenza, come il tempo della sofferenza, della malattia e la chiamata finale, quella del momento della morte che è nuovamente una chiamata del Signore, ad incontrare Lui e quindi a rispondere con il nostro “eccomi”.
Penso che don Alberto abbia imparato nel mondo militare cosa significhi vivere con fedeltà una chiamata. L’obbedienza e la ferrea disciplina di chi si esercita nella vita militare insegna a saper rispondere di “sì” quando richiesto. Don Alberto l’ha visto e l’ha ben imparato e ha detto i tanti “sì” della sua vita con la gioia di chi sapeva di rispondere a Colui che viene, l’Amato, il Signore della vita. Accompagniamo don Alberto in questo rinnovato “si” detto nell’incontro definitivo con il Signore Gesù, il compimento di quell’avvento che è stato la sua vita e che ora è pienezza di vita nell’abbraccio del Padre.
Così ci parla di questo incontro la pagina di Isaia. Il profeta racconta il venire del Signore, e per questo incontro ogni ostacolo viene superato, anche le strade scoscese diventano diritte perché viene il Messia. E’ la parabola della vita che si prepara ad incontrare il Signore. Così riassume la vita il profeta: “Ogni uomo è come l’erba e tutta la sua grazia è come un fuori del campo. Secca l’erba, il fiore appassisce quando soffia su di essi il vento del Signore”. Ma a fronte di questa caducità della vita “la parola del nostro Dio dura per sempre”. E la parola è dono di vita, dono di amore. La precarietà della vita, fino alla morte, non impedisce al Signore di essere nel nostro cammino parola che fa vivere, parola di amore.
E alla fine: “Allora si rivelerà la gloria del Signore e tutti gli uomini la vedranno, perché la bocca del Signore ha parlato” e infine: “Ecco il Signore Dio viene con potenza”.
E’ questo il mistero che contempliamo anche nel segno della morte di don Alberto. La fine ci mostra la fragilità e la caducità della vita, ma la strada da lui percorsa racconta i tanti “si” che nella obbedienza egli ha detto e come questo consegnare la sua vita al Signore, nell’ultimo “si” nella morte ha aperto alla visione di Dio, della sua gloria, del suo Amore e quindi è diventato il “si” alla vita, alla vita per sempre.
La pagina di vangelo può essere letta da noi oggi come un’eco del senso della vita di un prete e quindi della vita di don Alberto: cercare la pecora perduta. E poi provare una grande gioia per ogni pecora ritrovata e portata nel gregge.
E’ una bella immagine della dedizione pastorale di un prete. Questa ricerca racchiude tanti atteggiamenti: l’amicizia, la ricerca del bene dell’altro, la pazienza di fronte alle fragilità altrui, la ricerca ostinata che diventa esercizio della misericordia. E’ questo il cuore del pastore, del prete che vive l’annuncio del vangelo e la fraternità con tutti. E’ stato questo l’animo del sacerdote don Alberto ed è il messaggio che con questa pagina di vangelo oggi egli consegna a tutti noi.
C’è una dedizione, una ricerca nella misericordia che la chiesa tutta e i suoi preti deve vivere oggi, nel nostro mondo.
E alla fine la testimonianza di don Alberto ci ricorda che tutti noi siamo oggetto dell’amore del Padre per quella pecora da lui cercata. Possiamo collocarci tra le pecore perdute…, per sentire per noi un amore che ci cerca e ci riconsegna la nostra dignità.
“Così è volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neanche uno di questi piccoli si perda”.
E’ una parola che parla di noi, di te… E’ una parola che parla della vita di don Alberto, una vita cercata, amata, benedetta e custodita da Dio.
Ed ora è parola per don Alberto nel momento della morte ed è annuncio pasquale che ricorda che non siamo abbandonati nelle tenebre della morte, ma anche in questo momento è il Padre, che non vuole che nessuno si perda, che ci riabbraccia nella vita… E che così riabbraccia nella vita anche don Alberto.