XXIX domenica del tempo ordinario
(Is 53,10-11; Sal 32; Eb 4, 14-16; Mc 10, 35-45)
Il contesto in cui si trovavano Gesù e gli apostoli, nell’episodio che abbiamo ascoltato nel Vangelo, si situa mentre erano in cammino verso Gerusalemme.
Probabilmente gli apostoli pensavano che, una volta arrivati a Gerusalemme, Gesù avrebbe preso finalmente il potere come Messia. Erano certi che Lui fosse l’inviato di Dio, ma avevano capito ben poco, nonostante fossero proprio fra i primi che avevano seguito Gesù. Giacomo e Giovanni, con Simon Pietro e Andrea, erano quei pescatori che per primi seguirono Gesù. E come avranno percepito, giorno per giorno, sempre di più con stupore, con gratitudine, anche con ammirazione, la straordinarietà di Gesù! Ma anche trovandosi davanti a tutto ciò che Lui diceva e faceva, lo leggevano con le proprie misure umane. E lo stesso siamo sempre tentati di fare anche noi. Per cui, immaginandosi Gesù sul trono della gloria, loro chiedono di essere il primo ministro e il cancelliere, alla destra e alla sinistra. E gli altri, gli altri apostoli, non è che sono da meno… più tardi si arrabbiano con i due fratelli, perché ragionavano anche loro allo stesso modo. Chi siete voi per mettervi sopra di noi?
E Gesù, come li avrà guardati? Con che pena – ma anche con che amore – li avrà guardati? Dice loro di nuovo quello che già avevano ascoltato tante volte, e avevano visto nelle sue azioni: che la vera grandezza non è essere un gradino sopra agli altri, non è essere riconosciuti o messi su un piedistallo. La vera grandezza, dice Gesù, – e questo anche per noi non è facile da accettare, da accogliere – è mettersi un gradino sotto. Loro volevano emergere e lui dice loro invece di immergersi, di immergersi come si è immerso Lui. Lui che è stato messo alla prova in ogni cosa. Lui che è salito sulla croce per farci capire che la vera grandezza è offrire noi stessi nell’amore.
Questo Vangelo che ci offre la ventinovesima domenica del tempo ordinario, non è il Vangelo scelto per i cento anni di San Miniato Basso, però credo ci dia tante indicazioni, perché una convivenza civile, umana, pacifica, è possibile solo se nelle nostre azioni c’è il riflesso di questa logica, che non è la logica del mondo. Si capisce che è giusta, perché quando vediamo qualcuno che si mette in questo atteggiamento di servizio e accetta con gioia di farsi ultimo, dobbiamo riconoscere che è più umano… ma è così difficile da vivere.
Siamo qui stasera a celebrare l’Eucaristia e noi cristiani siamo chiamati, in questo, a essere testimonianza per tutti. Non a lamentarci che gli altri non fanno così, ma a farlo noi. Gesù non è stato a lamentarsi che gli altri non si facevano ultimi, ha accettato la Croce. Così noi: il contributo più grande che come comunità cristiana possiamo dare alla costruzione di una società pacifica e umana è prendere sul serio il Vangelo; prenderlo sul serio non come parole, ma come l’indicazione del cammino del compimento della nostra vita.
Lo sappiamo… tanti di voi si impegnano in associazioni di volontariato (qui a San Miniato Basso c’è una ricchezza di queste realtà) e tutte le volte che una persona fa una cosa gratuitamente, poi si rende conto che questo dà più soddisfazione delle cose fatte solo perché si devono fare, per ricevere uno stipendio. Non che si debba fare le cose tutte gratis, ma anche in quelle attività che ognuno di noi svolge, si tratta di svolgerle con lo spirito del servizio agli altri, e questo le rende mille volte più interessanti e utili davvero alla società. Chiediamo stasera al Signore che possiamo accogliere ogni giorno di più quest’invito a farci piccoli, perché in questa piccolezza, in realtà, si compie tutto il desiderio di bene e di amore con cui il Signore ci ha fatto.
Noi siamo fatti a immagine Sua e se Lui è amore, amore senza limite, anche noi siamo chiamati a riflettere questo nella nostra vita. Abbiamo bisogno del Suo aiuto, per questo non terminiamo mai di abbeverarci alla Sua parola, di ricevere l’Eucaristia, di guardarsi gli uni con gli altri in faccia e sentirsi fratelli, pronti a tendere la mano, per aiutare chi rimane indietro, a tendere la mano per costruire insieme una società in cui si possa vedere un riflesso di quel bene e di quella pace che il nostro cuore desidera e che il Signore ci promette.
+ Giovanni Paccosi