Dopo che l’uomo e la donna avevano peccato, dice il libro della Genesi, Dio chiamo Adamo: «Dove sei?» Dove sei uomo? Ora, dove sei? Dove nascondi la tua umanità, mentre risuonano gli echi delle armi e delle ingiustizie, che ci ricordano che il peccato ancora domina tra noi? Dove sei figlio amato, creatura del mio amore? Ognuno di noi è chiamato a rispondere.
Chiamati. Se Lui non ci chiamasse noi non esisteremmo, se non tornasse a chiamarci, ogni volta che ci perdiamo, spariremmo nel vuoto, nel nulla. Ma tra tante risposte a mezzo, tra tante fughe dalla chiamata di Dio, Una risponde «Ecco la serva del Signore, avvenga per me secondo la tua parola».
La risposta di Maria è il compimento della libertà della creatura umana, l’esaltazione della grandezza vera della persona: non il successo e la popolarità (anche se in fondo anche questo verrà, come un aggiunta… «Cercate il regno di Dio e la sua giustizia, e tutto il resto vi sarà dato in aggiunta»), non la realizzazione di un progetto formulato da noi, ma dare se stesso per l’opera di Dio. Una persona piccola, nascosta nel panorama sconfinato e tenebroso del mondo, cambia la storia con il Suo sì. La festa di oggi ci ricorda che in Lei tutto fu preparato per il sì: creata senza il peccato originale per quel giorno, perché la sua libertà non avesse ostacoli per dirlo. Ma solo l’atto libero della sua consegna a Dio, poteva cambiare la storia.
Un piccolo sì di una piccola donna, nell’oblio di Nazaret, ci porta oggi qui, in questa cattedrale che da quattrocento anni ha visto crescere la Chiesa di San Miniato per tanti sì detti, per tanta grazia ricevuta, Misericordia incessante, infinita, che riparando gli errori e i peccati, ha guidato il cammino di questa comunità diocesana. E siamo qui a concludere un anno di feste, di preghiere, di cambiamenti, anche di dolori e sventure, ma insieme di nuove speranze. Il Giubileo ci ha dato di nuovo il senso di una storia guidata dalla grazia del Signore, dal Suo Spirito che fa germogliare tra noi segni sempre nuovi di vita e speranza, proprio quando magari pensavamo di non poterci più stupire di nulla.
Mentre concludiamo questo anno di grazia del Signore, siamo davanti al mistero di un altro sì, un sì della stessa natura di quello di Maria.
Alfonso, oggi tu ti consegni totalmente al Signore che ti ha chiamato, ti ha preferito. Nel diaconato ti chiede di riconoscere e accogliere la Sua scelta per servirlo («Ecco la serva del Signore…»). Per servire il suo disegno d’amore: Dio non ti chiede di servire una struttura o una gerarchia, ma un popolo, fatto di volti, di storie, di persone che hanno bisogno di tutto, e specialmente di Colui che è tutto, che è capace di rendere buono tutto, hanno bisogno di Gesù.
Il tuo cammino, fatto di tanti cambiamenti di luoghi e di comunità, ti porta oggi a questo sì, definitivo e nello stesso tempo ancora in cammino, verso il sacerdozio. Ma dillo con tutta la tua libertà, con la semplicità di un bambino, perché Dio non inganna, e ciò che ci chiede ce lo restituisce centuplicato. Dillo, il tuo sì, certo dell’abbraccio della Chiesa che ti circonda, di questa comunità in cui riconosci i volti della tua famiglia, delle comunità che hanno accompagnato il tuo cammino e di questa Chiesa di San Miniato, in cui ti radichi per sempre.
Con te, con i nostri diaconi, con i sacerdoti, con la nostra comunità che chiude il Giubileo, ma che festeggia questo inizio di grazia nel tuo sì, ripeto le parole della lettera agli Efesini che abbiamo ascoltato e che ci descrive tutti:
«Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato. In lui siamo stati fatti anche eredi, predestinati – secondo il progetto di colui che tutto opera secondo la sua volontà – a essere lode della sua gloria, noi, che già prima abbiamo sperato nel Cristo».
Noi che speriamo in te, Cristo, noi che speriamo in te, Maria immacolata.
+ Giovanni Paccosi