Mi piace intitolare la festa di oggi, l’Ascensione, come la festa delle promesse.
Ce ne sono tante nella Parola di Dio che abbiamo ascoltato.
La pagina degli Atti degli Apostoli, proprio all’inizio di questo libro, è una bella raccolta delle promesse di Dio all’inizio del cammino di fede dei credenti, all’inizio del cammino di una chiesa che inizia la missione e diventa chiesa in uscita.
Gesù stesso aveva detto ai suoi apostoli di attendere l’adempimento della promessa del Padre: voi… sarete battezzati in Spirito santo. E poi ancora Gesù, alla domanda su quali saranno i tempi del compimento del Regno aveva risposto: “non sta a voi conoscere i tempi”, cioè occorre una attesa ove risuoni una promessa, che si fidi della promessa. E di nuovo: “riceverete la forza dallo Spirito santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme e in tutta la Giudea e la Samaria, fino ai confini della terra”. E a questi amici che lo guardano verso il cielo due uomini in bianche vesti fanno risuonare la loro promessa: “Questo Gesù… verrò allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo”.
La seconda lettura, Paolo agli Efesini, racconta di Gesù e lo presenta come colui nella cui vita Dio ha mantenuto e realizzato la sua promessa di vita, di bene. Una promessa che, grazie a Gesù, oggi viene consegnata alla Chiesa, alla sua comunità.
Il vangelo ci racconta l’esperienza della ascensione di Gesù vista dagli occhi degli Apostoli, dei suoi amici. A loro, inviandoli in missione: “Andate e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo…”, egli lascia la sua promessa: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.
L’ascensione, la festa in cui Gesù sembra andarsene, pare di non vederlo più, proprio questa invece è la festa della sua presenza, di colui che rimane. E proprio questo è il segreto di questa promessa: la sua presenza. Gesù ha promesso e promette ancora oggi a tutti noi che non ci lascia soli, mai. Egli si fa vicino ed è presente con il dono del suo Spirito, un dono che promesso noi dobbiamo invocare nella preghiera; egli è presente, con noi, sui passi della nostra vita, fino alla fine del mondo. Egli non abbandona ma continua ad amare e ad accompagnare la sua Chiesa, comunità in missione, testimone nel mondo del vangelo.
E da dove nasce questa promessa, o meglio come poterla sentire anche noi? Come comprendere che è proprio vera e che Gesù la lascia oggi per noi?
Luca nella pagina iniziale degli Atti ricorda alla comunità tutto quello che Gesù ha detto e ha fatto dagli inizi fino al giorno della ascensione. Cioè ricorda ai suoi che hanno vissuto con Gesù un vero rapporto di amicizia, l’hanno conosciuto davvero, Gesù ha voluto bene a loro, hanno visto le cose buone vissute da Gesù e con lui. Ecco un primo ingrediente per vivere le promesse: l’amicizia con Gesù, scoprirlo amico, sentire o riscoprire le sue parole, contemplare i suoi gesti, stare uniti a Lui.
Il secondo elemento di queste promesse è la forza e la vitalità dello Spirito santo, quel dono che Paolo nella seconda lettura chiama “spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui”. E’ lo Spirito santo che ci fa ascoltare le promesse del Signore, che le fa arrivare al cuore e da lì alle mani e ai piedi, cioè orienta, cambia, anima la nostra vita.
E’ questa la strada per accogliere e lasciarsi rianimare dalle promesse di Gesù e per sperimentare proprio la sua presenza, la sua guida, la sua consolazione: vivere l’amicizia con lui, in modo vivo, vero, coinvolgente nella nostra vita; e poi chiedere e accogliere il dono dello Spirito santo, la vita sua come dono che ci rianima. E così per me, per te, per le nostre comunità risuona la promessa: vi do il mio Spirito e io sono con voi tutti i giorni.
Questa festa della ascensione come festa delle promesse, in questa domenica in cui riprende la celebrazione eucaristica con la presenza fisica del popolo di Dio, e la viviamo con gratitudine e prudenza, ci invita a guardare al cammino difficile che abbiamo vissuto e al nostro futuro scoprendo le tracce e la forza delle promesse di Dio.
Ripensiamo alle settimane trascorse, il lock down, l’impossibilità della preghiera e del radunarsi comunitario, la paura del contagio, il dolore della malattia e anche del lutto, la dedizione e i rischi dei volontari, dei medici, degli operatori sanitari, la generosità dei preti…, la tua vita, casa tua, i tuoi cari… e te nelle scorse settimane. E riscoprire la promessa per quei giorni vuol dire oggi scoprire che il Signore non ci ha lasciati soli, è stato per noi consolazione, dono di fraternità e vicinanza col volto di chi ci era vicino, Parola che è entrata anche a casa nostra e speriamo nei nostri cuori grazie ai “social”, alle dirette streaming… Abbiamo fatto fatica, sì! Abbiamo avuto paura, si! Abbiamo ancora negli occhi il dolore di chi abbiamo visto soffrire, dei morti, delle colonne di camion militari a Bergamo…, si! Ma oggi, con l’eco di queste promesse, Gesù, colui che è asceso al cielo ci regala di vedere e di capire che Lui era con noi, era sulla croce con chi ha sofferto, era l’assente nel sepolcro vuoto per diventare annuncio di vita, di speranza, di consolazione per tutti.
E le promesse ci invitano a guardare al futuro. Non sarà facile, lo sappiamo. Chissà quando torneremo alla normalità, pure rinnovata speriamo, ma, potremmo dire, alla spontaneità del nostro vivere. Il futuro non è certezza: che ne sarà del lavoro, della vita delle nostre famiglie, della maturità che si avvicina, degli esami e dei corsi universitari; che ne sarà dei nostri progetti, della pastorale e pensate ai bei progetti che avevamo per i ragazzi d’estate e ora, che ne sarà? Che ne sarà della vita e del cuore di chi ha perso un familiare e di chi deve riprendere in mano i cocci di una esperienza… Guardiamo al futuro e possiamo dire: che ne sarà? Ma questo sguardo è attraversato come da un lampo di luce che fa risuonare questo parola, la promessa: “io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”; “riceverete la forza dello Spirito santo”. La domanda “che ne sarà” non è un domandare cosa accadrà quasi fossimo affidati al caso, ma nella luce della promessa ci ricorda che quel futuro ci racconta che siamo degli “affidati”, siamo affidati all’amore di Dio.
Allora come vivere il tempo della promessa, il tempo di questo affidamento?
Ce lo ricorda ancora Gesù nel vangelo: “Andate dunque…”. La parola di Gesù per gli apostoli è un invio in missione, ad essere testimoni. Le promesse vere si vedono da come loro vivranno. La promessa anche nella nostra vita si vedrà da come vivremo.
Ma mi piace questo “andate”… Andate vuol dire: non avere paura, fatti carico della tua vita, datti da fare, rimbocca le maniche, scopri per cosa davvero vale la pena vivere e lottare, abbi cura degli altri, di chi ti è affidato, di chi è più in difficoltà… Andate, vuol dire: vivi la tua vita, non avere paura di vivere.
E’ questo il regalo della promessa del Risorto e l’augurio che vorrei lasciare a tutti voi oggi: “Andate”, cioè diventate voi testimoni di questa promessa di Gesù e prendete in mano la vostra vita, vivete la pienezza della vostra vita. Ci è in qualche modo detto oggi: “caro amico/a, si tratta di vivere”, ti è chiesto di vivere…
E’ questa la promessa: è possibile la vita per te, è possibile che la vita sia buona per te e allora andate. E Gesù: io sarò con te, fino alla fine dei giorni.