In questa santa notte, in questa solenne veglia che è la madre di tutte le veglie, in questa notte e nella cattedrale dove risuona l’annuncio del sepolcro vuoto e della risurrezione di Gesù, il Vivente, colui che ora è qui vivo con noi, l’omelia ce la fa una bambina, dell’età delle elementari, di nome Giuseppina, che così ha scritto:
“Gesù spera che noi ce la facciamo… infatti si è fatto crocifisso”.
E’ una attesa, una speranza che ci ha accompagnato in questi duri mesi di pandemia: speriamo di farcela, speriamo di cavarcela. Diceva un libro di anni fa: “io speriamo che me la cavo”.
E’ uno sguardo che ha visitato tante delle nostre famiglie, i giovani, i ragazzi a casa con lezioni a distanza, e poi gli anziani, tanti nelle Rsa e gli ospedali, le terapie intensive, i medici e gli infermieri, ma anche i laboratori scientifici dove si cercava il vaccino e forse anche nelle stanze delle Istituzioni, del Governo e pure negli ambienti ecclesiali, dal Vaticano alle nostre chiese… Speriamo di farcela.
Ed è una speranza che non ci ha ancora lasciato, anzi che vogliamo tenere viva, in questa notte di Pasqua, quando ancora pungente e pericolosa è la pandemia e la circolazione del virus del Covid in mezzo a noi, con una attesa dei vaccini per la gente che si fa troppo lunga. Speriamo di farcela, ripetiamo insieme.
Ed è una sorpresa che in questa notte santa questo augurio, questa speranza, venga da Gesù, proprio da Lui, dal risorto: Gesù spera che noi ce la facciamo… ci dice quella bambina.
Gesù, Dio, spera che noi ce la facciamo. E’ il suo sguardo, la sua parola che aleggia anche sul fascino del racconto di creazione, nel libro della Genesi. Dio spera che tutta l’umanità ce la faccia e viva la sua pienezza.
Così si augura Dio con Abramo… e il suo cammino di padre della fede, spera che ce la faccia.
E di nuovo ancora con Mosè, chiamato a condurre il popolo alla libertà, nella terra per lui preparata che è la vita e Dio spera che Mosè e il popolo ce la facciano.
E ancora traspare dalle parole della profezia di Ezechiele che racconta come la morte è vinta e torna la vita… e Dio spera che ce la faccia.
Un annuncio che risuona anche dal sepolcro vuoto: “Non abbiate paura! Voi cercate Gesù il Nazareno, il crocifisso. E’ risorto, non è qui”. Un annuncio che risuona anche nella parola della lettera di Paolo il quale spera che tutti “noi possiamo camminare in una vita nuova” e si ritrova in questo annuncio tutta la forza e il dono di quella parola: “Gesù spera che noi ce la facciamo”.
“… Infatti si è fatto crocifisso”, diceva la bimba Giuseppina. Il nome di quell’uomo che anche l’angelo, al sepolcro, ricorda alle donne: “Gesù, il crocifisso”.
Il crocifisso è il nome dell’amore, è immagine, icona di Gesù che ama, che dona la vita per amore, amando, fino alla fine. E ci svela che solo amando e donando la vita si può risorgere, solo amando, solo cercando l’amore accade che “noi tutti ce la facciamo”. Lo abbiamo visto anche in tanti volti, gesti, parole di queste dure settimane. Solo l’amore apre strade nuove.
Gesù spera che noi ce la facciamo… e ci indica la strada: l’amore.
Di questo amore e di questa forza per farcela parlano anche i segni di questa veglia: il cero pasquale acceso, l’acqua che purifica e dona la vita vera, come per gli amici che ricevono oggi il battesimo, il pane spezzato, celebrazione dell’amore più grande, sorgente per il nostro amare. Sono i segni che raccontano che “noi tutti ce la facciamo”.
Allora andiamo, portiamo a tutti questo annuncio di Pasqua, diventiamone testimoni: Gesù, il crocifisso, è risorto e ci dice che spera che noi ce la facciamo, e nell’amore gioisce con noi.