La celebrazione che oggi viviamo nella chiesa di Casciana Terme raccoglie una molteplicità di rilievi e di connessioni.
E’ oggi anzitutto la IV domenica di Pasqua, la domenica chiamata anche del Buon Pastore e in questa festività il rinnovarsi dell’annuncio pasquale e della presenza e dell’incontro con il Risorto assume le vesti del pastore buono, il pastore bello. Nei tratti di questo pastore, come ce ne parlerà il vangelo, riconosciamo la presenza e il bene per noi del Risorto.
Questa domenica è anche la 57° giornata di preghiera per le vocazioni. Il tema, “datevi al meglio della vita”, illumina l’esperienza vocazionale come l’avventura di chi scopre il bene della vita, lo cerca, sente di poter vivere una vita, la propria, come il meglio della vita. E preghiamo per tutte le vocazioni e in particolare per quelle a servizio della comunità, come i sacerdoti, i religiosi, le religiose.
A Casciana Terme oggi si festeggia anche il Crocifisso che tradizionalmente era conservato nella Chiesa di San Martino. E lo sguardo al Crocifisso ci ripresenta la raffigurazione forse più autentica e più significativa di chi sia il buon pastore. Così ci guarda e da lì ci chiama il buon Pastore, dalla collocazione di colui che dona la vita, per amore.
Infine è tradizione oggi in questa parrocchia celebrare le Cresime. Quest’anno non è possibile, ma i ragazzi della cresima, che ho pure incontrato prima della chiusura, sono stati invitati a seguire questa messa. Li saluto e nella preghiera sono loro vicino, in attesa di poter celebrare il sacramento della Confermazione e vivere nella gioia questa festa. Il giorno della cresima anche loro saranno chiamati per nome dal buon pastore che donerà lo Spirito.
Sono due le suggestioni che vorrei raccogliere dalla pagina evangelica.
La prima: “le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori”. Il bel pastore chiama le pecore per nome, conosce il loro nome, nel chiamarle mostra quanto sia attento a ciascuna, e come nessuna è uguale all’altra, hanno un nome, sono tutte importanti nel cuore di questo pastore.
Chiamare per nome è azione che dice una relazione, un desiderio di incontro, un invito a riconoscersi, una chiamata a fidarsi. Chiamare per nome parla di confidenza, di amicizia, di amore, di affidamento.
E tu che ascolti… ti ricordi chi ti ha chiamato per primo per nome? Provate a pensarci…
Per me: sarà stata mia mamma Chiara o il mio babbo Giuseppe? Oppure già, quasi incuriosita, mia sorella Elena? Ma certo, per primi quelli di famiglia mi hanno chiamato per nome. E di queste voci se anche non c’è forse una memoria storica, certamente c’è una memoria del cuore. Chiamati per nome dai nostri genitori, da fratelli o sorelle, da chi per primo ci ha accolto, sono voci che rimangono nella memoria del cuore, degli affetti e ci parlano di amore.
E quanti altri ci hanno chiamato per nome: compagni di scuola, amici, e magari il primo ragazzo o ragazza della nostra vita… E il vangelo annota non solo che il pastore chiama per nome le pecore, ma anche che loro ascoltano la sua voce. E’ una voce accolta, che ha una risonanza nella vita, che lascia una traccia, che mette in cammino… e infatti sono condotte fuori e, dice il vangelo, lo seguono.
Chiamare per nome racconta il regalare la vita. Così è accaduto ogni volta che siamo stati chiamati per nome da chi ci ha voluto bene…: ci ha regalato la vita. E l’ascolto di cui parla il vangelo non è solo quello di chi ode, ma è accogliere la vita. Il bel pastore che chiama per nome, chiamando, fa vivere.
Allora… oggi da chi sei chiamato per nome? Sei forse un genitori o una nonna, sei il prete del paese o uno che lo amministra, sei il povero che ha bisogno di un aiuto quotidiano o chi domani magari riprenderà il lavoro pur non sapendo come andrà a finire, sei il giovane che sogna il futuro e la libertà o il bimbo che non vede l’ora di giocare incontrando gli amici…, sei un amico che avrebbe oggi dovuto ricevere la cresima… e oggi senti che qualcuno ti chiama, ti chiama per nome. Nella voce di quel buon pastore che chiama oggi risuona il tuo nome, attraverso la voce di altri che con le parole o con uno sguardo ti regalano l’attenzione e la vicinanza. Chiamati per noi ci è regalata un po’ di vita. E’ l’operazione da vivere oggi per mettere in pratica il vangelo: sul cellulare, o su un foglietto proviamo a scrivere il nome concreto di chi oggi ti chiama e ti svela così che è attento a te… Sarà un regalo speciale di vita per te.
E in questi tempi immaginiamo che chiamati per nome ci siano i tanti malati di coronavirus, quelli che hanno lottato tra la vita e la morte…; chiamati per nome da chi si è preso cura di loro o anche solo da chi li ha pensati o ha fatto una preghiera per loro… Ho ascoltato il racconto di alcuni preti che hanno superato il difficile tunnel della terapia intensiva e, scoprendo i tanti che avevano pregato per loro, a quel punto hanno scoperto che la forza che avevano sentito era il regalo di chi li pensava o pregava per loro…, in qualche modo chiamati per nome.
E immagino con quale cura e tenerezza Gesù abbia chiamato per nome coloro che non ce l’hanno fatta e la vita qui l’hanno persa…, ma in quel tragico passaggio la voce del buon pastore, chiamando per nome, li ha accolti nel recinto della vita vera.
Senti…, ascolta bene… oggi qualcuno chiama anche te… e ti regala un po’ di vita.
Il secondo particolare che vorrei brevemente raccogliere è l’immagine della porta: “Io sono la porta delle pecore… Se uno entra attraverso di me sarà salvato e uscirà e troverà pascolo… Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”.
Quanto è stata importante la porta in queste settimane. E’ stata una porta chiusa, non si poteva o non si doveva uscire per proteggerci da un terribile virus. Da domani inizia la fase 2, ci viene detto che si potrà uscire a certe condizioni e a tutti è richiesta la responsabilità di fare attenzione alle nuove regole per non vanificare gli sforzi di questi giorni… Si torna ad uscire con più libertà.
Questo tornare pian piano ad assaporare l’aria aperta nella riconquistata autonomia è un passaggio non solo operativo per uscire dall’emergenza, ma dice un ritorno alla vita che non potrà essere più come prima. Dobbiamo vivere un uscire dalla porta, quella di casa, per tornare non alla vita di prima, ma ad una esperienza segnata da queste settimane e tutta da scoprire, da sperimentare, da vivere. Si tratterà di uscire, sperando di avere imparato a riconoscere i veri valori della vita, le persone importanti della nostra esistenza, un nuovo modo di gestire il tempo e le relazioni, come impostare il lavoro… e anche potremo uscire sapendo qualcosa di più della nostra fede e di quale autenticità ha nella nostra vita.
Gesù che è la porta ci racconta non solo il suo essere cornice, spazio di passaggio, ma è immagine che custodisce una promessa di vicinanza, di compagnia, di condivisione. Gesù che è la porta è il Signore, il pastore che conduce al pascolo, che porta negli orizzonti della vita autentica.
In questo tempo in cui usciamo di nuovo e siamo chiamati a dirci con autenticità cosa sia la nostra vita, Gesù si presenta come colui che ci accompagna per parlarci della vita vera, per mostrarci come vivere, per aiutarci ad assaporare la vita (“perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”).
Riprenderemo pian piano a vivere di nuovo i nostri spazi, i nostri affetti, i nostri progetti… e il Signore ci regala una promessa: Lui sarà con noi, ci accompagnerà a gustare una rinnovata pienezza di vita.
Tanti, in questi giorni, ci hanno fatto vedere gli orizzonti di questi pascoli di vita: i medici e il personale sanitario con una capacità di servizio e di sacrificio encomiabili; i giovani con la fantasia di tessere relazioni in tanti modi, da chiamate attraverso zoom, ai video che i giovani della diocesi stanno mandando ai loro coetanei; i nonni delle case di riposo che ci hanno mostrato nella loro fragilità quanto sono preziosi; un centinaio e oltre di preti che hanno perso la vita e che hanno detto quanto è importante l’annuncio del vangelo… E’ una vita bella quella di questa gente…
Anche noi, condotti dal bel pastore, colui che è la porta, saremo accompagnati, uscendo, a vivere la nostra esistenza come una vita bella, una vita che da queste settimane ha imparato a condividere un nuovo sorriso, un nuovo sguardo per gli altri.