E’ risuonato questa notte nella nostra cattedrale e nelle chiese della diocesi e poi in tutto il mondo l’annuncio di Pasqua: il Signore è risorto. Anche in questa liturgia pasquale di nuovo l’eco della notizia del sepolcro vuoto giunge fino a noi e ci regala una giornata di festa, ci regala soprattutto che cambia la vita, cambia il nostro sguardo sulla nostra vita, cambia il modo di vivere le relazioni, cambia l’attesa del futuro che diventa spazio in cui accogliere un dono, una presenza, quella dell’amico Gesù.
Il Vangelo e le altre letture ci parlano di questo evento straordinario.
Vorrei oggi rileggere questo annuncio che la Parola fa echeggiare commentando brevemente la sequenza pasquale che abbiamo cantato.
Si tratta di un antico inno della liturgia, datato al XI secolo, generalmente attribuito al monaco Wippone, cappellano dell’imperatore Corrado II. Entrato nella liturgia di Pasqua viene poi recepito dal Messale nato dal Concilio Tridentino e conservato anche da quello che ci ha regalato il Concilio Vaticano II. L’inno è stato variamente musicato, dagli artisti e compositori prima con il canto gregoriano e poi del Rinascimento e del Barocco che hanno reso l’annuncio non solo con le parole, ma anche con la forza evocativa della musica.
Potremmo dire che questa sequenza pasquale è un racconto, con le parole della liturgia, dell’annuncio di Pasqua consegnatoci dal vangelo. E ne diventa racconto, testimonianza, mostrando come un annuncio così sorprendente raggiunge la vita. […]
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