Riflessione per il ritiro del Clero

Filippo, apostolo del Vangelo (Atti 8, 4-40)

 

  • Il contesto del testo di Atti: è la Chiesa della Pentecoste, la Chiesa della prima comunità cristiana, ancora animata dalla presenza degli Apostoli e dalla varietà dei ministeri, come l’istituzione dei sette. E’ una Chiesa che già conosce il martirio, la persecuzione, come accade per la morte di Stefano.

La vicenda del martirio di Stefano è raccontato in queste pagine come sequela, come immedesimazione col cammino di Gesù che dona la vita e come “occasione” per il diffondersi del vangelo. La persecuzione provoca una dispersione dei credenti, degli annunciatori al punto che la Parola di diffonde (cf. 8,4).

E’ in questo quadro che incontriamo il nostro personaggio, Filippo. E si racconta il suo apostolato appena prima che il libro degli Atti ci presenti un altro grande Apostolo, Paolo.

E’ questo il contesto: il quadro di una comunità cristiana che vive la forza dello Spirito e insieme già la persecuzione; una comunità animata dai carismi e da diversi ministeri e nella quale si diffonde la Parola.

Ci collochiamo anche noi, il contesto della nostra Chiesa.

Anzitutto la Chiesa intera: una comunità ancora segnata, ferita, fiaccata a causa dei gravi scandali che l’hanno toccata, anche nei ministri, in coloro che erano chiamati a annunciare e testimoniare la Parola. Una comunità che mostra una guida rinnovatrice, autenticamente evangelica, come papa Francesco e insieme la presenza di forze avversarie, con la voce di chi vuole denigrare, accusare, lamentosa, seminatrice di divisioni e di contrasti, anche nelle sfere ecclesiastiche più alte. Una comunità, a partire dalla Evangelii gaudium, fortemente indirizzata all’annuncio del Vangelo, ad una rinnovata missione. E lo diciamo durante questo mese missionario straordinario.

E’ una comunità cristiana che cambia accento, sguardo, dai valori non negoziabili all’essere ospedale da campo.

Una comunità che in questo mese vive anche il Sinodo sull’Amazzonia, uno sguardo particolare al tema ecologico, ma anche alla riscoperta di una Chiesa ministeriale.

E ci chiediamo: Chiesa della Pentecoste? Stiamo forse vivendo il fragore dello Spirito che ci smuove, che ci scomoda, che ci rimette in cammino?

E poi anche la nostra Chiesa diocesana.

Vi sono alcune spunti di rinnovamento, cf i laboratori.

Un cammino di Chiesa che si orienta a celebrare un compleanno, il 2022, con i nostri 400 anni.

Una chiesa che avvia la visita pastorale del vescovo, l’incontro con tutte le comunità.

Ma anche una Chiesa che vede diminuire il numero di sacerdoti e di religiosi e religiose; una comunità che deve rinnovare un impulso vocazionale.

Una Chiesa in movimento, non ultimo il cammino di alcuni parroci durante questi ultimi mesi…

Il contesto del brano biblico ci dice che questa è la Chiesa animata dallo Spirito di Dio, abitata da carismi e ministeri diversi, chiamata a vivere anche la persecuzione, il disorientamento.

E’ interessante allora vedere le dinamiche dell’annunciatore, Filippo, nella Chiesa. Scoprendo lui possiamo ritrovare le dinamiche dell’annuncio e anche del nostre servizio di preti nella comunità, un servizio di annuncio appunto.

E’ una pagina che vorrebbe rinnovare, riaccendere, rinforzare lo zelo pastorale, la passione per il vangelo, la gioia dell’annuncio.

Possiamo chiederci: cosa diciamo noi della nostra Chiesa, del nostro papa, delle nostre comunità? Cosa pensiamo della nostra diocesi e delle nostre realtà ecclesiali? Cosa ci attendiamo e cosa desideriamo? E potremmo chiedere: chiesa che è in San Miniato cosa dici di te stessa?

Ecco un primo spunto di riflessione: guardiamo alla nostra comunità cristiana, la nostra Chiesa, ma guardiamola a partire dalla sguardo verso il Signore Risorto presente nell’Eucaristia. Da quell’orizzonte si impara a vedere la Chiesa, la nostra Chiesa comunità amata dal Signore.

 

  • Filippo annuncia incontrando: Simone e l’eunuco

L’annuncio del vangelo si concretizza non primariamente nelle prediche, ma nella relazionalità, nella varietà degli incontri.

Anche noi viviamo di incontri: preparati e occasionali, carichi di benedizione o talvolta faticosi… Quanti volti accompagnano il nostro ministero.

C’è un annuncio autentico che passa per la varietà di questi incontri di vita.

E’ un modo per pensare al ministero. Incontrare la gente. Certo non la si incontra quando si è chiusi nelle sacrestie o nelle proprie case. Occorre uscire, andare per la strada, stare con la gente, entrare nelle case, visitare gli ammalati, accogliere e animare i più piccoli… Gli incontri…

E passa il vangelo, ancor prima di programmi pastorali e piani ben preordinati. Passa il vangelo nella imprevedibilità e nella normalità di un incontro. E’ forse questa la Chiesa in uscita di cui parla papa Francesco.

E’ bello pensarci preti, gente normale, senza alcun privilegio rispetto ad altri, insieme alla vita di tanta altra gente, nella condivisione della vita degli altri. E’ un annuncio che raggiunge gli altri non da un pulpito, ma dalla strada percorsa insieme e riconoscendo l’altro quale fratello o sorella.

Potremmo metterci a raccontare: quanti incontri sono stati occasione di annuncio, talvolta imprevisto. Quanti incontri sono diventati occasione di annuncio che ha raggiunto, commosso, convertito noi per primi.

E’ un invito da raccogliere amici: andiamo ad incontrare la gente.

E’ bello come vengono riassunti gli incontri in questa predicazione di Filippo: liberati dai demoni, dal male, capaci di guarire la vita altrui, portatori della gioia.

Una bella descrizione del prete: capace di aprire al bene, portatore di vita, seminatore di gioia.

 

  • Due incontri, due messaggi di vangelo

Simone il mago.

Un uomo ferito, cercatore di Dio, servitore di un Dio che deve essere garanzia della vita, che deve vincere la paura della vita con la fuga dalle proprie responsabilità, cercando un Dio mago. E guarda caso si paga, non è gratis.

Pensiamo a quanta ricerca della “magia” c’è ancora in tanta nostra gente… Sta cercando Dio, ha bisogno di un Dio che garantisca la vita, è disposata a pagare e molto pur di avere risposte.

La vita di Simone è una vita ferita. E proprio nella sua vita entra il Signore, l’annuncio che cambia e porta a conversione.

Ci viene detto che anche nella vita ferita passa l’agire di Dio, la sua opera di salvezza. Pensiamo a quante vite ferite: matrimoni sfasciati, crisi di identità, fallimenti, peccati che non si riesce a perdonarsi, malattia… Ma nulla, non c’è povertà che possa impedire alla Parola di operare nella vita e di aprire alla novità, alla libertà, alla fecondità.

E noi non pensiamo che anche la nostra vita non abbia ferite. Si tratta di avere il coraggio di riconoscerle, di benedirle perfino, di riconoscere che anche la nostra vita, talvolta ferita, è benedetta, è vita amabile… E anche per noi può passare la Parola e sanare, liberarci, metterci in cammino.

Simone è emblema delle tante vite ferite, eppure raggiunte dalla forza della Parola che salva, talvolta grazie proprio a quelle ferite.

Ma c’è una condizione: Simone vorrebbe comprare il dono dello Spirito e viene aspramente rimproverato.

E’ il segno del cammino di conversione che deve sempre rimanere permanente, attivo nella vita del credente. E diventa annuncio della misericordia di Dio: rimproverato, ma perdonato.

E la condizione è la gratuità. L’amore di Dio è gratuito, non lo si compra. E’ un avvertimento perché anche nella nostra predicazione, nella nostra azione pastorale mai vi sia una sola parvenza di ricatto, di “condizione” per ricevere la grazia di Dio.

E’ il punto di conversione più difficile: credere (e affidarsi) all’amore di Dio e a come Lui ama (non come vorremmo noi).

L’eunuco

Egli racconta come nella vita talvolta la Parola di Dio ci viene incontro. Ci raggiunge là dove noi siamo e stiamo camminando.

L’eunuco ha una vita che parla: egli vive di una reale infecondità della vita, è in qualche modo segnato dalla morte. E’ in cammino nel deserto. L’assenza di vita non c’è solo in lui, ma anche attorno, nell’ambiente che attraversa.

Manca anche il discernimento: legge la Scrittura e non capisce.

Compie però due gesti che riaprono la strada.

Anzitutto invita Filippo a salire sul carro. Egli invita la Parola, la presenza di Dio ad affiancarsi alla sua strada, egli si apre a Dio e gli chiede di salire sul carro che è la sua vita, egli si apre alla operosità di Dio.

La modalità è l’ascolto: l’invito alla spiegazione del brano biblico.

Far salire Dio sul carro della nostra vita richiede che il primo passo sia l’ascolto. Un tema su cui riflettere come preti. Di quale ascolto siamo capaci? Quanto tempo dedicato alla meditazione della Parola? E come sappiamo ascoltare gli altri, la nostra gente?

Poi l’eunuco chiede il battesimo, cioè lui incapace di generare la vita, di generare figli, si colloca nella posizione del figlio, di colui che la vita la riceve.

Ascolto e vita a figli: questo rende la vita di questo eunuco una vita feconda, capace di bene e di dono. Dice il testo: “pieno di gioia, proseguita la sua strada”.

Inoltre l’eunuco indica un altro segreto che sta nel brano che leggeva di Isaia. Un brano in cui si parla del Servo che dà la vita, cioè di come Dio ha scelto di amare, nel servire, nel dono della vita. E Gesù viene presentato come l’esegeta, l’interprete di questa Scrittura perché Lui è il servo che dona la vita. E’ l’annuncio che la vita passa attraverso la morte, la vita passa anche attraverso le nostre sterilità.

Ecco allora cosa ci dice l’eunuco: non avere paura di perdere la tua vita. Se capisci questo la forza della Parola rende feconda la tua vita. Il servizio generoso, pieno, reale.

 

  • L’annunciatore: Filippo

E’ uno dei sette, noto con l’appellativo di Evangelista, profugo a causa della persecuzione giudaica che aveva portato alla morte di Stefano.

Egli è un uomo che pur nella difficoltà non si lamenta, neanche si nasconde o si “spegne”, ma continua ad annunciare e a compiere le opere del vangelo.

C’è un tempo, una stanchezza della Chiesa, un disorientamento che potrebbe spegnere le nostre risorse, renderci disillusi, forse anche “non credenti”… Filippo in un tempo difficile di Chiesa e anche per sé cosa fa? Annuncia, vive il vangelo, si sposta, cammina, guarisce. Nella difficoltà si manifesta una sorprendente vivacità del ministero, una straordinaria intraprendenza apostolica. E questo accade andando incontro agli altri, donandosi, dedicandosi: malati, indemoniati, peccatori…

Non si tratta di scadere in uno sterile attivismo. Qui il cuore è in questione: si tratta di avere un cuore di padre, un cuore generoso, cercatore degli altri.

Filippo è uomo mosso dallo Spirito.

Dello Spirito c’è bisogno (v. 15).

L’angelo muove Filippo (v. 26); poi lo Spirito (v. 29); lo Spirito rapì (v. 39).

E’ una Chiesa abitata dallo Spirito di Dio e l’apostolo è mosso costantemente dallo Spirito.

Nella missione, nell’annuncio lo Spirito precede, lavora prima dell’arrivo dell’apostolo.

E’ lo Spirito che abita nel cuore e nella vita dell’apostolo e lo spinge all’annuncio.

E’ uno sguardo vero e carico di speranza anche per noi e per la nostra Chiesa.

In un contesto così critico che stiamo vivendo, in un tempo di cambiamento di epoca, lo Spirito sta certamente lavorando, sta aprendo tante strade, ci chiama all’annuncio, ci spinge alla speranza.

E’ sempre lo Spirito il grande regista della missione e della vita della Chiesa. E’ la nostra grande speranza.

Per il prete scoprire lo Spirito vuol dire anche vivere la vita spirituale. Qualche povera domanda: la preghiera, il breviario, la preparazione alla Messa, la confessione frequente, il padre spirituale, gli esercizi spirituali annuali, una concreta vita di carità…

L’apertura allo Spirito richiede e suscita la vita spirituale.

Lo Spirito si muove in un contesto di Chiesa istituzione. Cf. v. 14. Lo Spirito abita anche la Chiesa istituzione.

Anche per noi: ma noi ci sentiamo Chiesa?

Vuol dire: presbiterio prima di presbitero; comunione con la chiesa diocesana (e le sue iniziative) prima dei programmi di parrocchia, gruppi, movimenti; comunione profonda tra presbiteri e col vescovo; amore per il papa e il cammino della nostra Chiesa; sentirci mandati, inviati, sempre e non giocatori solitari…

E poi è una chiesa che prega (imponevano le mani…).

L’annunciatore, Filippo, va incontro all’eunuco perché inviato, senza sapere il perché.

Viene in mente Abramo e la sua chiamata: “Va dove ti indicherò”.

E’ un andare, un vivere il ministero nella disponibilità all’annuncio, liberi dalla preoccupazione dei risultato, del successo. E’ la gratuità dell’annuncio. E’ come il seminatore che sparge il suo seme, non preoccupandosi del terreno su cui cadrà. Tu annuncia.

Filippo annunciatore, con la sua fede fa vedere l’altro, l’eunuco, con gli occhi, lo sguardo della fede.

L’annuncio è dono di fede, è accompagnare altri con il dono della propria fede. Non si può essere annunciatori senza vivere la propria fede, senza testimoniarla.

E poi sparisce.

E’ così in vero servitore della Parola. E’ colui che non si lega ai propri progetti, che non diventa “proprietario” della gente. E’ l’annunciatore libero da posizioni e ruoli… e sa “sparire”.

Si tratta dell’atteggiamento di chi non pretende dalla gente, ma si affianca al suo cammino, rispettando la gradualità dell’itinerario degli altri.

E’ l’atteggiamento di un vangelo non gridato, esibito come invincibile certezza, ma vissuto nella modalità della testimonianza di misericordia.

E’ la libertà da ruoli e compiti, che vince le invidie, le gelosie, e poi le chiacchiere e le calunnie.

E’ la disponibilità piena al cambiamento, a non legarsi alla comunità al punto da pensare che non è possibile alcun cambiamento, un trasferimento. Si scopre di essere utili nelle comunità, punti di riferimento, ma occorre anche saper sparire… e la comunità va avanti lo stesso…

E’ l’arte di chi fa maturare la comunità in modo che non si leghi alle persone, al prete, ma che sia sempre capace di ricentrarsi su Gesù, grata per l’opera del prete, ma matura e serena nel vivere il cambiamento.

C’è uno sparire a cui dobbiamo sempre più allenarci. E riguarda tutti: il vescovo, tutti noi preti… nessuno di noi si deve pensare indispensabile o inamovibile.

E’ lo sparire di chi è disponibile alle forme diverse della collaborazione. E’ lo sparire di chi nell’opera dell’altro vede un motivo di gratitudine, di gioia, di disponibilità piuttosto che di invidia e talvolta denigrazione.

E’ lo sparire che ci fa scoprire che “altrove” si prosegue nell’annuncio, perché ciò che conta è seguire il Signore, dove Lui chiama…

E’ lo sparire che ci ricorda che moriremo… e che anche a quel momento dobbiamo prepararci e imparare a saper sparire, anche nel momento ultimo della vita terrena.

 

  • Tema costante la gioia

E’ il modo fondamentale per vivere la missione…


 

San Miniato
17-10-2019