Ecco, io verrò presto e porterò con me il mio salario, per rendere a ciascuno secondo le sue opere. Io sono l’Alfa e l’Omega, il Primo e l’Ultimo, il principio e la fine. (…) Io, Gesù, ho mandato il mio angelo, per testimoniare a voi queste cose riguardo alle Chiese. Io sono la radice della stirpe di Davide, la stella radiosa del mattino». Lo Spirito e la sposa dicono: «Vieni!». E chi ascolta ripeta: «Vieni!». Chi ha sete venga; chi vuole attinga gratuitamente l’acqua della vita. Colui che attesta queste cose dice: «Sì, verrò presto!». Amen. Vieni, Signore Gesù. La grazia del Signore Gesù sia con tutti voi. Amen! (Ap 22, 12-13.16-17.20-21)
Noi ci muoviamo da un’origine e andiamo verso una meta. Non possiamo agire senza un’idea conduttrice o una meta. Ma questo è sempre, per ogni uomo qualcosa di più alto da sé, di cui non siamo padroni. Ci si muove per l’attesa che la realtà sia piena di senso, si compia.
I grandi poeti hanno capito questa dimensione del presente come attesa che il Mistero si sveli, venga nell’istante presente:
Ah, tu non resti inerte nel tuo cielo
e la via si ripopola d’allarmi
poiché la tua imminenza respira contenuta
dal silenzio di lucide pareti
e dai vetri che fissano l’inverno.
Camminare è venirti incontro, vivere
è progredire a te, tutto è fuoco e sgomento.
E quante volte prossimo a svelarti
ho tremato d’un viso repentino
dietro i battenti d’una antica porta
nella penombra, o a capo delle scale.
(Mario Luzi, da “Quaderno gotico”, Firenze 1947)
E, ancora più intenso, Clemente Rebora in Dall’immagine tesa:
Dall’immagine tesa
vigilo l’istante
con imminenza di attesa –
e non aspetto nessuno:
nell’ombra accesa
spio il campanello
che impercettibile spande
un polline di suono –
e non aspetto nessuno:
fra quattro mura
stupefatte di spazio
più che un deserto
non aspetto nessuno:
ma deve venire;
verrà, se resisto,
a sbocciare non visto,
verrà d’improvviso,
quando meno l’avverto:
verrà quasi perdono
di quanto fa morire,
verrà a farmi certo
del suo e mio tesoro,
verrà come ristoro
delle mie e sue pene,
verrà, forse già viene
il suo bisbiglio.
Ma noi sappiamo che l’origine è Cristo, e Cristo la meta, alfa e omega. Radice e stella radiosa del mattino.
Vieni Signore Gesù.
Ogni gesto, ogni istante, o va a finire nel nulla, o ha un valore e il suo valore è determinato dallo scopo per cui lo facciamo.
Gesù salva l’istante che viviamo facendolo diventare attesa di Lui, riempiendolo del desiderio che al di là dell’apparenza, si manifesti il suo volto
Parliamo di attesa e non solo di desiderio, e per questo le due figure dell’Avvento sono Maria e Giovanni Battista.
L’ultimo dei profeti non parla più di un futuro ma annuncia un presente, e la Madre lo porta in grembo.
Il tempo diventa quindi l’attesa che si sveli quello che è già presente, che già viene.
Interrogato dai farisei: «Quando verrà il regno di Dio?», rispose: «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: Eccolo qui, o: eccolo là. Perché il regno di Dio è in mezzo a voi!». Disse ancora ai discepoli: «Verrà un tempo in cui desidererete vedere anche uno solo dei giorni del Figlio dell’uomo, ma non lo vedrete. Vi diranno: Eccolo là, o: eccolo qua; non andateci, non seguiteli. Perché come il lampo, guizzando, brilla da un capo all’altro del cielo, così sarà il Figlio dell’uomo nel suo giorno. (Lc 17, 20-24)
Quello della venuta di Cristo non è un desiderio vago, perché Gesù è già venuto (il regno di Dio è in mezzo a voi), e ha posto già nella storia il criterio che fa diventare ogni istante pieno di lui: la carità, l’amore.
Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me. Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. Anch’essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito? Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me. E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna». (Mt 25, 31-46)
La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, 6non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine. (1 Cor 13, 4-7)
Domandiamoci se davvero ogni gesto porta quest’attesa, è fatto per lui, è fatto per amore.
Quando si lasciamo vincere dall’angoscia perché sembra che i nostri tentativi non portino frutto, o quando ci lanciamo a testa bassa nel realizzare cose, una sull’altra, o quando sembra che dobbiamo solo ripetere gesti, liturgie, di cui non percepiamo più la novità, abbiamo perso questa certezza dell’attesa.
Invece lui ci sorprende, accadendo quando non ce l’aspettiamo, se lo attendiamo, se la fede ci fa vivere l’istante presente come attesa di riconoscerlo di nuovo.
Nell’attesa si capisce anche che la fede non è l’assenso ha un contenuto dogmatico definito una volta per sempre, ma scoprire in modo sempre nuovo, quello che c’è stato consegnato dentro gli avvenimenti del presente.
Cristo non lo possiamo conoscere come un contenuto del passato, ma come il riaccadere in modo nuovo dell’inizio, come riscoprire il suo volto che torna a farsi presente in modo inaspettati.
Ma questa attesa detta in modo cristiano è la speranza: certezza del futuro per un presente riconosciuto di cui siamo certi. Come è bello scoprire che nell’istante dell’uomo cristiano che dice: Vieni, Signore Gesù, stiamo chiedendo insieme fede, speranza e carità.
Fede: certezza che la stoffa della mia vita e della storia, dell’istante che vivo, della persona che ho di fronte, delle scelte che ho da compiere, è Gesù, principe e fine di ogni cosa.
Speranza: la certezza che nella penombra sempre cangiante del presente, lui, Cristo, si mostrerà, anzi già si mostra, perché viene.
Carità: mentre tutto passa, abbiamo esperienza che l’istante fugace diventa eterno si è vissuto nell’amore.
Tu Gesù mi doni tutto, ed io sono me stesso solo quando dono me all’altro. E questa legge me la fai conoscere Tu, e mi dai Tu la forza per poterla provare a vivere sempre di nuovo.
Tutto questo ci porta a sfrondare le nostre giornate di ciò che viene da un’altra origine, che non è Lui, o va verso un’altra meta, che non è Lui.
Non quindi una misura di leggi a cui adeguarsi, ma la riscoperta di un Tu da amare, perché da Lui sei amato.
“Se un cristiano agisce – e egli è effettivamente sempre in azione – egli ha ovunque come unità di misura il gesto di Dio in Cristo. Non una legge meramente astratta della natura o del Sinai, bensì il concreto gesto del Dio vivente il gesto che in Cristo è spirito e vita. Egli ha questo gesto davanti a sé, egli può soltanto andargli incontro, e gli deve garantirgli uno spazio di realizzazione in ogni situazione che sta davanti a lui che gli viene incontro, che per lui è il futuro. Da lui dipende se esso ora prende corpo o meno, se si incarna o meno. Questo avviene se nel prossimo, che incontra nella vita, egli vede colui che Cristo ha redento”. (Hans Urs von Balthasar, “Tu corono l’anno con la Tua grazia”, Milano 1990, p. 188)
L’atteggiamento dell’Avvento, quello più semplice e sincero, è la mendicanza.
“Vieni, Signore Gesù”, nella coscienza che senza di Te non posso far niente, che senza di Te, Gesù, non sono niente, che tutte le cose si sbriciolano senza senso.
Mendicare la sua presenza ci libera dal timore del tempo che passa, dal senso di inutilità dei nostri sforzi e diventa attesa paziente che il seme fiorisca per la sua opera quando lui vuole, nel dono amoroso rinnovato ogni giorno e sempre cosciente della propria inadeguatezza.
«Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa. Poiché la terra produce spontaneamente, prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga. Quando il frutto è pronto, subito si mette mano alla falce, perché è venuta la mietitura» (Mc 4, 26-28).
Mendicare la sua presenza è riconoscere che siamo strumenti, spuntati e sbrecciati, che lui ha preso per una scelta libera sua, e quindi vuol dire “Avvenga per me secondo la tua parola”.
Mendicare vuol dire infine riconoscere che il Signore viene in mezzo a noi, («il regno di Dio è in mezzo a voi») non in un’intimità individualista, ma nella comunione vissuta della Chiesa. Questo tra noi ha le dimensioni del mondo, e la Chiesa di Gesù, a cui appartengo, ma che non mi appartiene.
Vale la pena perciò dare tutto perché la Chiesa viva, per i ragazzi, per gli anziani, per costruire la comunità, facendo tutto quello che possiamo e dicendo in ogni gesto dentro di noi: «Vieni, Signore Gesù».
Solo in questo noi, che è la Chiesa, lui rinnova la nostra speranza, si mostra rinforzando la nostra fede, rende concreta la nostra carità nei gesti semplici con cui amiamo il suo corpo vivente.
Giovanni Battista, Maria, la Chiesa.
La Sua presenza in mezzo a noi.
Attesa, non vago desiderio.
Vieni Signore Gesù.
+ Giovanni Paccosi