I racconti di Pasqua del vangelo sono testimonianza di gente che corre. Le donne al mattino presto vanno al sepolcro e quando vedono il masso già tolto dalla tomba e il sepolcro misteriosamente vuoto corrono dagli Apostoli a dare questo sorprendente annuncio. Così pure Pietro e Giovanni, dopo aver ascoltato le donne, corrono al sepolcro, al punto che Giovanni giunge là per primo perché corre più forte. E sembra di poter immaginare che i due discepoli di Emmaus che, dopo aver riconosciuto Gesù allo spezzare del pane, fecero ritorno a Gerusalemme, percorsero quella strada di corsa, con la fretta di chi vuole portare l’annuncio di quell’incontro. Il correre appare così come un atteggiamento tipico della Pasqua, del giorno della risurrezione. L’invito a correre può essere allora per noi l’augurio pasquale che ci scambiamo quest’anno. Non è certo un invito a correre per vivere la vita in modo affannato, di fretta, “di corsa” appunto. La corsa, il correre invece evoca anzitutto il sorprendente cambiamento di chi dalla delusione passa alla gioia, dalla stanchezza alla forza ritrovata, dalla solitudine all’incontro con gli altri, dal sedersi al riprendere a camminare. La corsa ci parla della vita che riprende, di una vita ritrovata e di una esistenza che si fa capace di incontro e di relazioni positive.
Allora, amici, corriamo, perché è Pasqua. Ogni vita stanca ritrovi la gioia di camminare, di correre, di riprendere l’avventura della vita, rinnovati da una esistenza donata, quella di Gesù, una vita che ama. Correre è anche augurio per la Chiesa. Quanta gente a partire da quel sepolcro vuoto si è messa a correre. Pensiamo ai primi annunciatori: Pietro e gli altri apostoli, Paolo, Timoteo… Quanti amici del Risorto hanno corso per portare quell’annuncio. E con loro non è solo la vita che corre, che li porta nei luoghi più lontani del tempo, ma è la notizia, l’annuncio stesso a correre. E dopo i tempi della prima comunità cristiana correre ci parla della missione della Chiesa. C’è tanta gente, tanti missionari che hanno visitato angoli sperduti della terra, nel corso dei secoli, hanno corso anche affrontando fatiche e pericoli, per portare l’annuncio del Risorto. L’augurio di correre rivolto oggi alla Chiesa è augurio che essa, anche la Chiesa che è in San Miniato, si rinnovi nell’essere chiesa missionaria, capace di suscitare vocazioni al ministero dell’annuncio, desiderosa di portare la notizia di Gesù vivo a chi ancora non lo conosce, capace di partire, di uscire per vivere e portare il vangelo. Il correre è anche immagine di relazioni nuove: dalla tristezza e dall’allontanarsi alla gioia e all’incontro.
È un correre che racconta la sorpresa della carità. I segni e le opere dell’amore, della carità sono davvero racconto di tante corse di gente che si dona, che ha un cuore generoso, che è capace di accogliere anche lo straniero e il povero. Il correre ci racconta l’avventura della vita di chi ama e per questo cerca l’altro e corre. Ma, amici… aspettate! Non cominciate subito a correre. Lasciate che vi faccia almeno gli auguri… e poi…, via… si parte! Ecco il mio augurio pasquale quest’anno: buona corsa, buona Pasqua…