Introduzione
“Unità Pastorali” è un nome provvisorio dato a un’entità di cui non conosciamo ancora gli sviluppi. Tuttavia, comunque le si voglia chiamare (e noi continueremo a chiamarle qui Unità Pastorali o sinteticamente U.P.), ciò che interessa in questa scelta ecclesiale è l’attuazione di una pastorale d’insieme, cioè un lavoro comune che riproponga in modo rinnovato il Vangelo agli uomini del nostro tempo e della nostra terra.
L’interesse per le Unità Pastorali non è un fenomeno recente ed è strettamente connesso al processo di trasformazione in atto della parrocchia e all’impatto odierno del Vangelo con un mondo in cambiamento. La riflessione sulle modalità di realizzazione della Chiesa quale sacramento di salvezza per gli uomini del nostro tempo, porta a comprendere che la scelta delle Unità Pastorali non è semplicemente una risposta organizzativa a problemi posti dal mutare delle condizioni del vissuto religioso delle comunità ecclesiali (in primis la mancanza di sacerdoti), ma è una scelta che consente di crescere nell’esperienza di comunione e missione cui la Chiesa è chiamata.
“Occorre sperimentare e verificare la praticabilità delle Unità Pastorali, come ad esempio là dove, a proposito dei rapporti tra le comunità, parlavo di “collaborazioni articolate fino alle unità pastorali; da pensare non solo da un punto di vista organizzativo e non solo con la carta topografica, ma con criteri teologici: condivisione dei cammini e dei problemi, percorsi per comunità che camminano sullo stesso territorio (umano, anzitutto, non geografico); le unità pastorali nascono dalla condivisione dei problemi e dei progetti, passano attraverso l’esperienza dello scambio tra presbiteri, religiose, laici impegnati, per giungere all’obiettivo del valorizzare le risorse presenti sul territorio, nelle singole comunità, a servizio di una realtà più ampia. In questo senso ritengo che il punto di partenza necessario sia l’incontro, frequente, tra i presbiteri e tra i consigli pastorali di parrocchie vicine, non immediatamente finalizzato a “fare”, ma innanzitutto a confrontarsi, leggere la situazione, condividere i progetti”
(G. CAPUZZI, “Si riunirono intorno a Gesù“, Lodi 2000, pp.20-21)
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