ARTICOLO

La vita di don Milani al Teatro dello Spirito

San Miniato - Dramma Popolare 2017

La parola che rende liberi e uguali, veicolo di dialogo e di incontro, per esprimere se stessi e comprendere gli altri, così da meglio accogliere la Parola che salva. E questo il filo conduttore e unificante dei testi che vanno a comporre il programma della LXXI Festa del Teatro, un cartellone di sei spettacoli, diversi nel genere, ma accomunati dall’intento di esplorare le valenze educative e sociali del linguaggio in un mondo quale quello contemporaneo in cui spesso la parola è manipolata, svuotata del suo potere evocativo, una parola che non libera più i poveri, come intendeva don Lorenzo Milani, al contrario rende tutti più poveri. Da qui spettacoli che, con toni tra l’ironia e l’analisi critica, portano in primo piano il problema educativo con una particolare attenzione alla formazione dei giovani e al ruolo primario della scuola. Questa è chiamata a risvegliare nelle coscienze l’amore per la verità in una società in cui la libertà è spesso un rischio, una conquista e mai un dato di fatto, come sosteneva padre Ernesto Balducci in merito all’opera di don Lorenzo Milani.
A quest’ultimo, di cui ricorrono i 50 anni dalla morte, è dedicato lo spettacolo centrale del Dramma di quest’anno «Vangelo secondo Lorenzo» per la regia di Leo Muscato. Lo spettacolo andrà in scena in Prima assoluta in Piazza Duomo dal 20 al 26 luglio coprodotto dalle eccellenze del panorama teatrale toscano: la compagnia Arca Azzurra Teatro, i cui attori parteciperanno da protagonisti, affiancati da Peppino Mazzotta nel ruolo di don Lorenzo, il centro di produzione teatrale Elsinor Teatro, la Fondazione Teatro Metastasio. Va in questa direzione anche lo spettacolo “Dialogo degli dei” della compagnia I sacchi di Sabbia per la regia di Massimiliano Civica e Giovanni

Guerrieri, ambientato in una classe del Ginnasio sui cui banchi siedono gli Dei che diventano oggetto delle interrogazioni puntigliose con cui un’austera insegnante tormenta due suoi studenti, così da e evidenziare i limiti di una scuola dell’assimilazione e non del confronto critico. Va in una direzione altrettanto educativa «Il viaggio di un piccolo Principe» in cui si incontrano più linguaggi espressivi, dalla parola alla musica fino alla danza, alla scoperta del mondo e dei diversi tipi umani che lo popolano, mentre anche lo spettacolo di parole e musica «Note di Toscana: diario di un moderno viaggiatore antico» permette di conoscere quel respiro di Toscana, come lo definiva Curzio Malaparte, che è fatto di storie di Santi, di minatori, di poeti e contadini, di canti popolari in cui la parola si fa fedele custode delle tradizioni. E poi la parola come strumento di dialogo e di incontro tra culture diverse a essere al centro dello spettacolo «Leila della tempesta» per la regia di Alessandro Berti, un dialogo, in carcere, tra un monaco cristiano che parla perfettamente l’arabo e una ragazza di religione islamica per trovare punti in comune al di là delle differenze e delle diffidenze reciproche, quindi un vero e proprio incontro tra civiltà, una riflessione sui problemi di cittadinanza. Anche in questo caso un prendersi cura dell’altro, un assumere nei suoi confronti precise responsabilità. È quanto si realizza, in forma diversa, nello spettacolo, in prima assoluta, dal titolo «La cura» di Gherardo Vitali Rosati in cui la parola si fa portatrice di una riflessione profonda sul significato della vita e della morte, ma soprattutto sul recupero e sul valore degli affetti, in particolare di quelli familiari in un mondo in cui tutto passa troppo rapidamente, anche la vita.