Letture, Ap. 22, 17-21 – Matteo 25, 1-13
Nella mattina del 22 novembre, dopo una lunga ed intensa vita e dopo un tempo di maggiore fragilità ci ha lasciato don Giovanni Pomponi, il decano del nostro presbiterio.
Lo hanno accompagnato l’affetto di tante persone.
I suoi familiari anzitutto che saluto e a cui va il mio e nostro cordoglio e la nostra preghiera. So quanto don Giovanni vi ha voluto bene. Nel suo testamento egli scrive: “ringrazio la mia sorella Maria Luisa che mi ha sempre aiutato e collaborato con tanta pazienza… Non posso dimenticare di ringraziare con affetto i miei nipoti, che pur avendo famiglia, Carlo e Lauretta, mi hanno seguito e aiutato con grande amore”.
Anche la preghiera e l’affetto dei sacerdoti che sempre hanno stimato don Giovanni lo hanno accompagnato in questi ultimi tempi. Insieme a tanti amici che nelle varie parrocchie in cui è stato, da Castel Del Bosco, parrocchia di origine e poi Ponsacco e Gello di Lavaiano e poi San Miniato e in particolare S. Angelo, anche con l’esperienza di anni di insegnante di religione proprio a San Miniato hanno goduto della cordialità e gentilezza del suo tratto e hanno beneficiato della sua opera sacerdotale.
Una vicinanza tutta particolare, e non solo di questi ultimi tempi, è stata quella delle suore di Sant’Anna di Calcutta, in particolare suor Maria con le sorelle in seminario e poi negli ultimi mesi le suore di Sant’Anna ad Orentano. Per loro don Giovanni riserva parole di gratitudine nel suo testamento: “Trasferito a San Miniato devo ringraziare Dio che mi fece trovare, pur essendo solo, un grande aiuto nella collaborazione delle suore Figlie di Sant’Anna di Calcutta che mi hanno assistito e aiutato generosamente fin dal primo giorno del loro ingresso nel nostro seminario, con la preghiera e il loro umile lavoro”.
La diocesi di San Miniato è profondamente grata alla vita sacerdotale e al bene compiuto da don Giovanni, nelle parrocchie ove ha servito l’annuncio del vangelo e in diocesi come economo e come artigiano e generoso custode e promotore della casa che è il seminario vescovile.
La presenza di tutti noi oggi è segno della gratitudine e della lode a Dio che desideriamo elevare per il bene operato da don Giovanni e insieme è segno della comunità tutta che lo accompagna all’incontro con il Dio della vita.
Le letture scelte per questa celebrazione funebre parlano di incontro.
E ci raggiungono in questi giorni, ultima settimana dell’anno liturgico, che già parlano del Signore che viene. Proprio in questa settimana don Giovanni ci ha lasciato, quasi a godere già dell’incontro promesso con il Dio della vita.
La pagina dell’Apocalisse con cui si chiude tutta la Scrittura, ci consegna la preghiera della comunità che invoca il Signore che viene. “Lo Spirito e la sposa dicono ‘Vieni’. E chi ascolta ripeta ‘Vieni’”. E’ la comunità che riconosce che da Dio viene la vita, è lui il senso dell’esistere e l’orizzonte verso cui camminiamo.
E le ultime parole racchiudono una professione di fede della comunità: “Colui che attesta queste cose dice: ‘Si, vengo presto!’ Amen. Vieni Signore Gesù”.
La comunità proclama, riconosce che il Signore è il Risorto ed è in mezzo a noi, opera nel mondo e nella Chiesa, nel tempo e nella nostra vita. Noi diciamo: Vieni Signore… E Lui risponde con le sua promessa di vicinanza, di attenzione e di vita.
La pagina evangelica che presenta la festa di nozze e l’attesa dello sposo per la quale occorre essere pronti, vigilare, è invito a non perdere la fede e la certezza del venire, del farsi vicino di Dio nella nostra vita e di come egli è la sorgente della vita. L’attesa, saper attendere, nutre la vita, tiene in vita, aiuta a riconoscere il Signore che si fa vicino. E questa pagina i vangelo diventa esortazione per tutti noi: te ne accorgi che il Signore viene? Viene davvero il Signore della vita.
Potremmo così riassumere l’annuncio della Parola di Dio: la preghiera di invocazione, di richiesta che il Signore venga e la spiritualità della attesa svelano il realizzarsi di una promessa, ed è il venire del Signore, il suo donare la vita, l’incontrare tutti noi nel dono della Risurrezione, della vita per sempre.
Don Pomponi aveva ben chiaro nella sua vita, soprattutto negli ultimi mesi, il fascino e la trepidazione di questa attesa, la necessità della preghiera e il sentire che il Signore stava per arrivare.
La vita di un prete, la vita di don Pomponi potrebbe essere riassunta nel segno di questo annuncio e di questa preghiera: “Vieni Signore Gesù”. Egli lo ha ripetuto con verità nella sua vita, attendendo l’incontro finale con il Signore e celebrando da prete il venire del Risorto in mezzo a noi, nei sacramenti e nell’annuncio della Parola e anche nella edificazione della Chiesa nella sua vitalità diocesana e nel cuore che è il seminario. Egli è stato custode di quella Parola di cui la pagina dell’Apocalisse dice di avere cura: “A chiunque ascolta le parole della profezia…dichiaro: se qualcuno vi aggiunge qualcosa… se qualcuno toglierà qualcosa…” sono annunciati i flagelli di Dio. Don Giovanni è stato custode e annunciatore di questa parola di salvezza per tante persone, per tante storia di vita della nostra diocesi.
E l’annuncio fondamentale è quello della misericordia di Dio. Così egli parla di questa attesa nel suo testamento: “Spero nella misericordia del Padre, che perdoni tutti i miei peccati, come ho cercato di perdonare a tutti, sempre”.
Mons. Pomponi ha vissuto una vita alla ricerca della misericordia di Dio e sempre attento ad annunciare a tutti questa sorprendente buona notizia.
La preghiera che si rivolge al Cristo perché venga dice anche una direzione di sguardo, una direzione di vita e racconta la centralità, la decisività di Gesù e della relazione con Lui nella vita. Anche in questo don Giovanni ci è testimone: un prete davvero legato a Gesù, alla ricerca di una relazione bella e sempre più autentica.
Così ancora nel suo testamento: “L’ombra della croce sarà la mia lampada votiva, è sempre stata la mia guida per giungere con Cristo crocifisso e risorto alla casa del Padre”, un incontro che don Pomponi immagina alla luce della Trinità.
Il vangelo ci parla di attesa, di vigilanza, di perseveranza. E’ il racconto della vita di don Giovanni. Lunghi anni di vita da prete, sempre alla ricerca dell’amore di Dio e nella fedeltà alla Chiesa che invia.
L’olio che manca alle vergini è proprio l’olio della perseveranza, della fedeltà che don Pomponi ha ampiamente manifestato. L’olio conservato nella vigilanza da don Giovanni lo ha reso umile servitore nella vigna del Signore, servo inutile, come la più bella definizione del discepolo di Gesù.
Ora la preghiera di don Giovanni che ripeteva “Vieni Signore Gesù” si apre all’incontro nella vita con il Signore Risorto. Il Risorto risponde: “Si vengo presto”… e sarà gioia in eterno.
L’ultimo sguardo a Maria che così definisce don Giovanni nel testamento, parlando dell’incontro nel Regno: “La presenza di Maria santissima sarà per me una grande consolazione e gioia”.
Amen.