Si chiuderà venerdì 11 maggio, in Piazza del Duomo a San Miniato, l’anno della Pastorale giovanile della nostra diocesi. Per questa occasione il vescovo Andrea ha invitato a tenere un concerto-testimonianza il giovane cantautore siciliano Giovanni Caccamo, talento scoperto da Franco Battiato e salito alla ribalta del jet-set musicale grazie alla vittoria nel 2015 a San Remo nella categoria nuove proposte. Caccamo, che si è anche esibito nel luglio 2016 al «Music for Mercy» per la celebrazione del Giubileo della Misericordia a Roma, è cresciuto all’ombra del campanile della sua parrocchia di Modica e non ha mai fatto mistero della sua fede, come si rinviene qua e là anche tra i versi del suo ultimo album intitolato significativamente «Eterno», e che rappresenta un po’ lo scrigno della sua anima: «Otto tracce di luce, amore e bellezza. La sintesi di ciò che sono», ha scritto sulla sua pagina ufficiale. «Eterno» è un disco ricamato sul tema decisivo dell’amore. Una decisa apertura di luce e positività rispetto alle precedenti esperienze discografiche dove in primo piano erano tematiche più elegiache e sofferte come il dolore e la speranza. L’Amore di Caccamo non è però, banalmente, quello da canzonetta pop, ma conosce le molteplici declinazioni dell’unica e autentica forza vitale capace di cambiare l’esistenza di una persona: «L’amore ha illuminato la mia vita e ho voluto portare questa energia incredibile che sento dentro di me anche a Sanremo», aveva dichiarato in una recente intervista a Famiglia Cristiana. Anche la barba, che da mesi incornicia aristocraticamente il suo volto, è un reperto della fase creativa che ha prodotto questo disco: dopo sette mesi di «clausura» volontaria, resasi necessaria per scrivere e musicare le otto tracce che lo compongono, una volta recuperata la libertà si è ritrovato – quasi come in una trasfigurazione – con una lunga e inedita barba che ha deciso di mantenere per ricordare questo periodo di intima e feconda creatività. Si è accorto di lui anche il vescovo di Noto, monsignor Antonio Staglianò, colpito da questo ragazzo che canta con coraggio l’amore che dura per sempre, l’unico che «può salvare», come recita il testo:
«Sento che in questo momento
Qualcosa di strano, qualcosa di eterno
Mi tiene la mano.
E tutte le pagine di questa vita
le ho tra le dita».
Nel comporre «Eterno» si è ispirato ai suoi nonni, che a novant’anni si amano ancora dello stesso amore degli inizi. Caccamo ha raccontato che era dello stesso tenore anche l’amore che respirava quotidianamente in casa e di cui si facevano dono reciproco i suoi genitori. Poi è arrivato, insolente quanto sfrontato, il dolore: aveva appena 10 anni quando ha visto morire il padre per una malattia incurabile. Un riflesso struggente di questo dolore lo si trova nel brano «Mezze verità», inserito nel suo primo album del 2015, che racconta appunto delle mezze verità con le quali i suoi hanno cercato, con tenera pietà, di proteggerlo dall’incedere devastante della malattia del padre Salvatore. La madre Concetta, rimasta vedova a 38 anni, non ha mai voluto rifarsi una storia con un altro uomo, e ha continuato a parlare del padre di Giovanni come dell’unico amore della sua vita. Anche a questo coraggio e a questa scelta di vita della madre, ammicca il significato della canzone Eterno.
Caccamo, che è molto popolare tra i giovani, è consapevole di essere portatore con questo pezzo di un messaggio in controtendenza, difficile da recepire. Nello scorso febbraio, proprio a Famiglia Cristiana aveva dichiarato: oggi «qualsiasi rapporto, dall’esperienza lavorativa alla relazione umana, viene concepito come un contratto a termine: Alla prima difficoltà ci si arrende. Io per realizzare questo sogno [della musica ndr] sono passato da decine e decine di porte in faccia, ma non ho mollato. Per questo il mio nuovo Cd contiene dieci cartoline che raccontano le canzoni e poi un sacchettino con dei semi di zinnia, un fiore che rappresenta le relazioni durature. Prendete per mano le persone che amate e dedicate loro del tempo per “coltivarle”, come si fa con le piante». Per invitare i giovani ad essere «tignosi», a non arrendersi e credere caparbiamente nei loro sogni e ideali, racconta sempre la storia di un suo compagno di liceo figlio di due bancari, che aveva il fratello maggiore laureato in Ingegneria aerospaziale; «dopo la maturità lo hanno fatto iscrivere all’università. Ma lui ha sempre odiato studiare: diceva che il suo sogno era diventare un meccanico. Ha trovato il coraggio di dirlo ai genitori e loro quasi lo hanno buttato fuori di casa. Lui ha tenuto duro, ha iniziato a lavorare in un’officina qualsiasi e nel giro di quattro anni è diventato il responsabile europeo della manutenzione delle trivelle per l’Enel. Ora guadagna tantissimo, ma soprattutto è felice. Ognuno di noi deve trovare il proprio fuoco. E quando l’ha trovato, non esiste più la parola crisi». Sempre nell’ultimo disco c’è anche una cover di «La tua figura», una canzone di Giuni Russo, che la cantautrice palermitana scrisse ispirandosi ad alcuni versi di San Giovanni della Croce. Caccamo ha voluto riprenderla e inserirla nella sua opera perché, racconta, «in un disco che parla delle varie forme d’amore, volevo rendere omaggio a una canzone che sintetizza in modo sublime l’amore verso Dio. I versi finali dicono: “Come un bambino stanco ora voglio riposare, lascio la mia vita a te”. Giuni – morta di cancro nel 2004 – li cantava quando era già molto malata. Dà i brividi questo suo affidarsi totalmente a Dio».