alla Assemblea triennale dell’Azione Cattolica
S. Romano ‘ 17.2.2008
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Il mio intervento consiste nello spiegare quanto ho scritto nella lettera pastorale ‘La Speranza in noi’ ai nn.15 e 16
’15. L’apostolo Paolo, il grande evangelizzatore dei pagani, inserisce ed innesta tutto il messaggio cristiano nella prospettiva della formazione. Abbiamo al riguardo un testo assai importante: “È apparsa la grazia di Dio apportatrice di salvezza per tutti gli uomini, che ci insegna [paideuousa] a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo, nell’attesa della beata speranza ‘” (Tit 2,11-14). Notiamo subito che Paolo attribuisce alla Grazia di Dio una funzione educativa. La traduzione italiana “ci insegna” corrisponde ad un termine tecnico del vocabolario pedagogico greco: paideia, ‘paideia’. Questa è un’idea centrale del cristianesimo: l’opera educativa dell’uomo è opera della Grazia di Dio. Solo cioè l’intervento di Dio stesso educa l’uomo, ed è un’idea cara ai Padri della Chiesa che l’Incarnazione del Verbo sia come il grande atto educativo del Padre che si completa nella passione, morte e risurrezione del Salvatore e nell’invio dello Spirito Santo. In definitiva l’opera educativa di Dio nei confronti dell’uomo è la sua relazione d’amore con lui.
16. ….. Come si può vedere, S.Paolo e poi tutta la tradizione cristiana hanno pensato l’economia della salvezza come una grande opera educativa, dentro la quale si iscrive l’azione dell’educatore cristiano.’
In definitiva vorrei parlarvi di Dio quale grande educatore. Di Dio come grande pedagogo, così come ci è dato di sapere attraverso le Sacre Scritture. Desidererei che puntassimo gli occhi su questo agire di Dio, perchè esso è a fondamento del nostro agire, è illuminante per fondare e declinare l’impegno educativo che siamo chiamati a portare avanti come famiglie e come Chiesa. Dentro la ‘relazione educativa’ che Dio stabilisce con noi, si pone l’azione della Chiesa e di ciascuno di noi.
Vediamo allora ora più da vicino come si dipana, come si caratterizza questa azione educativa di Dio nei confronti del suo popolo, e più semplicemente nei confronti dell’uomo.
1. La prima caratteristica che balza agli occhi è che si tratta di una educazione compiuta mediante ‘eventi e parole’ intimamente connessi. Non si tratta quindi solo di ‘istruzioni’, di ‘insegnamenti’, di qualcosa cioè che riguarda la mente delle persone. L’azione di Dio si fa nella storia. E’ questione anche di fatti, di eventi che ‘educano’ il popolo. Di esperienze nelle quali il popolo ‘impara’ o comunque esercita la sua libertà di scelta, formandosi. In realtà, il dipanarsi dell’opera educativa d Dio consiste in quella che comunemente si chiama la ‘storia della salvezza’. Si manifesta cioè nel susseguirsi dei ‘magnalia Dei’, gli eventi della storia della salvezza. Una ‘economia di salvezza’ che S. Paolo non esita a chiamare proprio ‘educazione’, ‘paideia’. (cfr Gal 3,23 ‘ 4,1-7). La creazione; l’elezione del popolo di Israele e la stipula dell’alleanza; soprattutto l’incarnazione dell’Unigenito Figlio di Dio come evento culminante e sommo dell’azione pedagogica di Dio. Lì dove La Parola coeterna col Padre, Parola già sussistente e non solo voce, si è fatta carne, uno di noi, in tutto simile a noi; poi c’è l’effusione dello Spirito Santo e il dono della chiesa. Questi sono gli eventi attraverso i quali Dio educa il suo popolo, in un processo educativo che si potrebbe definire ‘esperienziale’.
2. L’opera educativa di Dio nei nostri confronti ha un’altra importante caratteristica: Dio si mette in relazione con noi, in una relazione d’amore. Dio educa rivelandosi, comunicandosi, donando se stesso, perchè l’altro, la creatura, noi, possiamo vivere. Tutta la rivelazione biblica ci testimonia questa volontà, a partire dal gesto iniziale della creazione.
Dio dunque si implica con noi, entra in una dinamica di rapporto. E non sembra proprio che lo faccia per gioco nel senso superficiale del termine; potremmo anche dire che Egli non usa un metodo educativo, una specie di ‘tecnica’ da cui in certa misura rimanga estraneo, agendo magari come una specie di burattinaio. Il metodo, se vogliamo usare questo termine, è Lui stesso, il suo modo di essere, la ricchezza del suo amore, la finezza, il tratto della sua misericordia, sono le corde molteplici del suo cuore. Non è un ‘gioco’ per Lui educarci. E’ impegno che in certa misura lo ‘svuota’. Il suo educarci non è apparenza, scena, artificio. La nostra educazione gli ‘costa’. Costa a Dio l’abbassamento dell’Incarnazione, l’umiliazione della croce del Figlio Unigenito. La nostra educazione che, a causa del peccato ha assunto le modalità di una ‘rieducazione’, a Dio costa il sangue di Gesù Cristo. Per Dio la nostra educazione è dolore e ‘commozione delle viscere’, cioè ‘misericordia’.
3. L’opera educativa di Dio ‘ ed ecco la terza caratteristica ‘ questa relazione d’amore che a Dio costa cara, pone l’educando, cioè noi, in un rapporto direi paritetico. Dio innalza al suo livello colui che educa e lo tratta ‘a tu per tu’. L’uomo, l’umanità educata da Dio, non è spinta verso una ‘sudditanza’. Dio non vuole fare di noi dei ‘sudditi’, nè tanto meno degli ‘schiavi’. Attende però una risposta seria e responsabile da parte nostra. L’uomo è incontrato a tu per tu, in una relazione che Dio vuole sia libera e consapevole, direi da ‘pari a pari’. L’opera educativa si svolge in un patto, appunto. In una relazione, in un coinvolgimento reciproco. Anche se da parte dell’uomo questo patto è sempre infranto, Dio lo offre di nuovo ogni volta, fino ad offrircelo eterno nel sangue di Cristo. Dio punta a questo patto, a questa reciprocità: è un dare ed un ricevere; un donare ma anche un esigere. Per questo Dio, da vero e sapiente educatore, sa dirci anche dei noi, sa arrestare la nostra pretesa infantile di averla vinta, facendo i capricci.
È da notare che anche l’intervento di salvezza, la salvezza che Dio in Cristo opera in noi, si deve interpretare nei termini della relazione. Non è interpretabile come un semplice ‘passar sopra’. Non è un semplice cancellare o riverniciare. E non è nemmeno una ‘cosa’ che si riceve e magari si custodisce gelosamente. E’ invece un reintrodurci in una relazione piena con Dio, con gli atri e con noi stessi. E’ un tornare al patto, all’alleanza. E’ uno stipularlo di nuovo.
4. A che cosa mira l’opera di Dio nei nostri confronti? A che cosa punta? Qual è il suo obiettivo? Qui troviamo la quarta caratteristica dell’educazione messa in atto da Dio: l’obiettivo è la piena comunione con Lui. L’azione di Dio educatore non è quindi, potremmo dire, fine a se stessa. Essa ha come obiettivo esattamente il fine della relazione e cioè l’incontro dell’amore, la comunione, la partecipazione piena alla sua vita, la condivisione della sua ‘gloria’, la condivisione della sua gioia, del suo amore infinito. L’opera educativa di Dio nei confronti di ciascuno di noi ha dunque un fine, persegue un obiettivo, tende al raggiungimento di qualcosa. Tutto ciò è ben espresso nelle parole di S. Paolo nella lettera agli efesini, al cap. 4 versetto 13: ‘… finché giungiamo alla statura dell’uomo perfetto, Gesù Cristo’. Dio dunque ha chiaro dove vuol condurci, a che cosa ci vuol educare: essere ‘persone in Cristo’, essere uomini nuovi in Cristo. Solo così infatti ci è possibile l’accesso alla piena comunione con Dio perchè l’unica via di accesso è Gesù Cristo.
Così facendo però, Dio in realtà ci spinge ad essere profondamente, radicalmente, totalmente noi stessi. La nostra identità profonda infatti è Gesù Cristo. Lui è la verità del nostro essere. Noi siamo immagine e somiglianza di Dio. Creati in Cristo, per mezzo di Lui, il Verbo: ‘Per mezzo di Lui tutte le cose sono state create, quelle della terra e quelle dei cieli’ dice il prologo del Vangelo di Giovanni (Gv 1). In Cristo siamo stati ricreati, risanati; in Cristo ancora siamo stati elevati alla dignità di figli di Dio. Questa dunque è la nostra identità: noi siamo uomini ‘in Cristo’. Questa è ‘la verità’ dell’essere umano. Come ci ricorda il Concilio vaticano II nella Gaudium et spes: ‘nel mistero del Verbo incarnato si svela il mistero di ogni uomo’.
5. Infine, ed è l’ultimo punto che vorrei toccare, Dio educa il suo popolo, educa ciascuno di noi, prendendoci come siamo, a partire cioè dalla nostra concreta realtà, per negativa che essa sia. Poco importa a Lui. Egli si relaziona con noi a partire da quello che siamo e per come siamo, spesso frantumati, lacerati, schiavi delle nostre passioni, sempre assolutamente imperfetti. Egli parte di lì. Senza scandalizzarsi di noi, senza meravigliarsi, senza condannarci, piuttosto invitandoci a cambiare, fidandoci di Lui. E’ questa la vicenda di Adamo e di Eva, del popolo d’Israele, del gruppo degli apostoli e dei discepoli, di ciascuno di noi. Qui si manifesta ‘l’economia della misericordia’, per cui Dio tiene conto della ‘durezza del nostro cuore’. Non accondiscende mai al male, ma cerca che l’uomo si rialzi e cammini. Possiamo parlare di una ‘legge di gradualità’ che permette di tener conto della situazione reale della vita dell’uomo e delle sue possibilità concrete, senza però perdere mai di vista la meta, l’obiettivo e quindi la necessità della conversione, di un cammino esigente ed impegnativo.
In queste sommarie pennellate, credo possano essere intese le caratteristiche fondamentali dell’agire meraviglioso di Dio nei nostri confronti. Nessuno è educatore migliore e più grande di Lui. Contemplando nello stupore della riconoscenza il suo agire, possiamo imparare molto per quell’impresa educativa alla quale Lui ci ha chiamato come suoi collaboratori.
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