(Letture: Ap 11,19; 12,1-6.10; Sal 44; 1Cor 15,20-26; Lc 1,39-56)
Nell’unica opera di pittura di Donatello, una meravigliosa vetrata nel tamburo della Cupola del Duomo di Firenze, l’artista tradusse in modo commovente le parole dell’Apocalisse che abbiamo ascoltato: «una donna vestita di sole». Lo fece lasciando trasparente la veste di Maria, in trono nel cielo accanto al Figlio Gesù, in modo che la luce del sole del mattino passasse attraverso la sua veste. Tutto di Lei era trasparenza della grazia di Dio, che l’aveva riempita di grazia. L’Assunzione compie definitivamente questa vocazione, che è anche la nostra: essere invasi dalla grazia fino a lasciar passare attraverso la nostra umanità la luce divina.
Ma l’immagine dell’Apocalisse non ci trasporta in un sogno: in essa c’è tutto il dramma della lotta quotidiana. Il drago attende la nascita del figlio per divorarlo. La promessa che l’Assunzione di Maria rinnova, per noi «pellegrini di speranza» chiamati alla pienezza della vita, la promessa che ogni nostro desiderio sarà compiuto alla fine del pellegrinaggio terreno, non elude il sacrificio del cammino. Non fuggì davanti al dolore Maria, lo accolse insieme a Cristo Gesù che lo trasformò per sempre, anche per noi ora, in strumento di redenzione, di riscatto, di liberazione.
Maria che oggi contempliamo assunta in cielo è quella stessa ragazza che dopo l’annuncio dell’Angelo si mise in fretta in cammino, per offrire sé stessa al servizio di Elisabetta, è quella stessa donna che profeticamente contemplava la storia del mondo, dal suo posto che sembrava così piccolo, rispetto ai potenti di allora e di ora e che invece era il centro verso cui tutto converge e da cui tutto scaturisce.
Nel Magnificat Maria esprime la coscienza nuova del redento, che in Cristo vede riunirsi i mille rivi del tempo e del mondo e che ritrova in Lui speranza anche sotto le oscure nubi della violenza e della guerra, quelle nubi che sembrano così spesse, ma che non possono resistere alla vera forza che domina il mondo, quella di Dio.
Maria nomina Dio con il nome che in lei e nel suo Figlio ci si è rivelato: «Misericordia». La misericordia entra nella storia grazie al suo Sì, ed è il Sì che Cristo dice fino alla croce, e sono i piccoli sì che ognuno di noi è chiamato a dire, nell’offerta si sé al disegno del Padre, che costituiscono il vero ordito della storia, verso la gloria a cui il Padre ci chiama.
Che guardando a Maria possiamo dire il nostro sì al Padre, nelle circostanze in cui siamo chiamati ogni giorno a far trasparire la luce della misericordia divina, il vero sole che vince le tenebre e rimette in piedi la speranza, facendo sgorgare incessantemente l’amore, la carità, che è la vera novità, l’unica rivoluzione di cui il mondo ha bisogno.
+ Giovanni Paccosi