Omelia per l’inizio dell’anno pastorale e della visita pastorale

San Miniato, Chiesa Cattedrale
06-10-2019

 

Iniziamo carissimi in questi giorni il consueto mese missionario che papa Francesco ha voluto quest’anno definire come “straordinario”. Egli ha inteso così sottolineare come è dimensione di tutta la Chiesa e di sempre la spinta e l’orizzonte missionario. Attraverso le iniziative e le riflessioni di questo mese la Chiesa intera vuole riconoscere come ricchezza e desidera incentivare l’esperienza della missione “ad gentes” e insieme vuole indirizzare la Chiesa tutta, anche quella di antica data come la nostra in Europa, verso un orizzonte e uno stile missionario. Papa Francesco ama definirla “Chiesa in uscita”. Così egli ha affermato lo scorso 1 ottobre ai vespri: “«Dio ama chi dona con gioia» (2 Cor 9,7). Ama una Chiesa in uscita. Ma stiamo attenti: se non è in uscita non è Chiesa. La Chiesa è per la strada, la Chiesa cammina. Una Chiesa in uscita, missionaria, è una Chiesa che non perde tempo a piangere le cose che non vanno, i fedeli che non ha più, i valori di un tempo che non ci sono più. Una Chiesa che non cerca oasi protette per stare tranquilla; desidera solo essere sale della terra e lievito per il mondo. Questa Chiesa sa che questa è la sua forza, la stessa di Gesù: non la rilevanza sociale o istituzionale, ma l’amore umile e gratuito”.

Con questo stimolo, impulso missionario vogliamo inaugurare e comprendere, interpretare e proporre, vivere e accompagnare quanto oggi stiamo vivendo.

E’ la celebrazione diocesana questa in cui solennemente e comunitariamente iniziamo il nuovo anno pastorale. Esso è vissuto nelle parrocchie, nei movimenti e associazioni, nei gruppi, nella diocesi attraverso la ordinarietà della nostra pastorale. Non ci è chiesto nella pastorale di fare cose straordinarie, ma di rendere vero, autentico, intenso l’ordinario. La celebrazione dei sacramenti, la catechesi, l’operosità della carità, l’ascolto della Parola di Dio, l’attenzione delle nostre comunità alle diverse componenti, i giovani, gli anziani, le famiglie, i malati… Tutto questo è la vita che ci attende nel nuovo anno pastorale. Esso è anche il cammino in cui, prima dell’avvento cercherò di offrire alcune linee di cammino frutto del lavoro dei laboratori che negli scorsi mesi hanno riflettuto e proposto le loro riflessioni. Nel presente anno pastorale alla Chiesa italiana sarà dato il nuovo Messale: ci sarà chiesto di accoglierlo, studiarlo, comprenderlo, celebrare e di riflettere anche sulla nostra vita liturgica. Inizio dell’anno pastorale dunque: l’ottobre missionario ci ricorda che l’ordinario della nostra vita pastorale, quanto già facciamo deve essere vissuto con l’ardore e l’intensità missionaria. Rinnoviamoci tutti carissimi, laici, preti, diaconi, religiosi e religiose in questo spirito missionario nel vivere il nostro essere parte viva della Chiesa e il nostro metterci al servizio della sua missione.

Con lo stesso sguardo e anelito missionario iniziamo oggi anche un cammino di tre anni che ci porterà il prossimo 5 dicembre 2022 a dare avvio al Giubileo della diocesi, nei suoi 400 anni di vita. Il giubileo della diocesi non avrebbe senso se fosse solo occasione di solennità e di belle celebrazioni, non porterebbe frutto. Occorre dunque un cammino di preparazione. Iniziando in questi mesi, per i prossimi tre anni cercheremo di vivere alcuni momenti diocesani capaci di promuovere un itinerario pastorale e spirituale, un percorso culturale e storico, una attenzione caritativa e sociale. Ci attenderanno dei pellegrinaggi, come il prossimo agosto in Terra Santa, poi una attenzione particolare e straordinaria di lettura della Bibbia, la scoperta anche della nostra storia diocesana. Anche di questo percorso parlerò nella breve lettera pastorale che sto pensando di scrivere per la nostra diocesi. Anche questo percorso dunque avrà significato e porterà frutto nella misura in cui saprà avere il sapore e la tensione missionaria.

C’è un’altra ragione del nostro ritrovarci oggi, la prima dichiarata nell’invitarvi in realtà ed è l’avvio della visita pastorale da parte del vescovo. Iniziando tra poche settimane da Castelmartini e quindi dal Vicariato IV, nei prossimi anni, probabilmente con un vicariato per anno, visiterò tutte le parrocchie. In questi brevi anni di presenza tra di voi ho visitato le parrocchie già più volte, ho conosciuto e riconosco ora tanti volti, conosco storie di gente, abbiamo vissuto momenti di condivisione, celebrato e pregato insieme. La visita pastorale diventa allora il momento in cui con più attenzione il vescovo incontra una comunità parrocchiale e condivide la vita della gente, la vita della parrocchia. Non cerco nella visita pastorale tante formalità e celebrazioni solenni; desidero invece entrare con discrezione, quasi in punta di piedi, sarebbe bello anche di sorpresa… e incontrare la gente, ascoltare, pregare insieme, conoscere le varie realtà della vita parrocchiale, condividere e conoscere anche le difficoltà e le sfide. Iniziamo tra breve in un vicariato, ma l’avvio riguarda tutta la diocesi: è tutta la nostra Chiesa che comincia a vivere il sentire e l’avventura della visita pastorale. L’auspicio è che la visita ci aiuti insieme a lodare il Signore per le sue opere, possa dare nuovo impulso alla nostra iniziativa pastorale e ci aiuti a maturare come comunità cristiane e a comprendere come ci è chiesto un cammino di conversione e di rinnovamento anche nella presenza nel territorio. La visita pastorale è momento dunque eminentemente missionario e nel mio cuore ho il desiderio di viverlo in questo modo, di poter venire tra di voi come missionario, cioè solo con il vangelo in mano, l’unica cosa preziosa che posso portarvi.

Lo spirito missionario necessario per vivere tutti questi itinerari, in particolare la visita pastorale, viene tratteggiato anche dalla Parola proclamata.

Mi ha colpito leggere la seconda lettura, la pagina di Paolo a Timoteo: “Figlio mio, ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in te mediante l’imposizione delle mie mani. Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza. Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro… Custodisci, mediante lo Spirito santo che abita in noi, il bene prezioso che ti è stato affidato”.

E’ un messaggio che risuona forte nel mio cuore, nel momento in cui devo intraprendere i passi della visita pastorale. La Parola di Dio mi aiuta a capire che se desidero venire tra di voi come missionario, allora questo è lo spirito interiore da coltivare: ravvivare il dono di Dio ricevuto. Significa che verrò tra di voi non per mia iniziativa e non per promuovere iniziativa personali, ma mi è chiesto di venire perché mandato, inviato dal Signore. Così dovrò venire e così la comunità sarà chiamata ad accogliere. Mandato dal Signore… e non con timidezza…

L’incontro che vivremo nella visita pastorale dovrà però risvegliare in tutti voi il dono ricevuto, cioè il battesimo e aiutarvi a scoprire che pure voi siete “mandati”, siete parte viva della Chiesa. Voi siete il Popolo di Dio amato dal Signore. E’ questo il messaggio della visita pastorale e il dono che può lasciare nelle nostre comunità.

Così diceva in questa linea papa Francesco ai vespri dell’1 ottobre scorso: “Il protagonista della missione è lo Spirito Santo. È il protagonista della missione. Tu vai con lo Spirito Santo. Va’, il Signore non ti lascerà solo; testimoniando, scoprirai che lo Spirito Santo è arrivato prima di te per prepararti la strada. Coraggio, fratelli e sorelle; coraggio, Madre Chiesa: ritrova la tua fecondità nella gioia della missione!”

Anche il vangelo è di estrema chiarezza. “Gli apostoli dissero al Signore: Accresci in noi la fede!”.

Mi sembra di sentire che è proprio questa la domanda della comunità, di tutti voi, rivolta al Signore. E io per primo la rivolgo per me e per tutti noi al Signore Gesù, Maestro. E’ nella preghiera che con insistenza glielo possiamo chiedere.

La visita pastorale diventa eco di questa preghiera, di questa invocazione al Signore: “Accresci in noi la fede”. E la visita, la presenza del vescovo vuole condividere questo desiderio e diventarne strumento. Vengo per invocare insieme, per rendere più evidente, per favorire che il Signore accresca la nostra fede. E ci insegni, ci aiuti a condividerla, a trasmetterla anche alle giovani generazioni; ci aiuti a lasciare che il vangelo tocchi ogni aspetto della nostra vita.

Ci sono pensieri, mentalità, cultura che sono ben lontani dal vangelo, anche in noi, nelle nostre comunità. Basti pensare alla fatica che come cristiani abbiamo ad accogliere gli altri e lo straniero… o a rispettare la vita dal concepimento alla sua naturale conclusione. Lontani dal vangelo! Ci aiuti il Signore, anche grazie alla visita pastorale, a diventare più evangelici nella nostra vita e nelle nostre comunità.

La prima lettura del profeta Abacuc ci indica il cuore della fede: è la fedeltà del Signore. Noi crediamo nell’opera buona di Dio, nel Dio salvatore, nella sua fedeltà. Magari accade di dover attendere, ma il Signore non farà mancare la sua vicinanza, la sua provvidenza, la vita.

Il Signore Gesù aggiunge che “se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: Sradicati e vai a piantarti nel mare…”. La fede consente di vedere i miracoli, aiuta a riconoscere il Signore che opera nella vita della gente e della comunità. La fede rinnovata fa i miracoli, cioè consente al Signore di operare. E Lui non manca di compiere le sue opere di amore. Dunque nella visita pastorale vengo per vedere le opere del Signore che già accompagnano la vostra vita e la vita delle comunità cristiane. Vengo a vedere quello che il Signore sta facendo con voi…

Ma mi chiedo: ma voi li vedete i miracoli del Signore? Li sapete raccontare? Nell’incontro in parrocchia con la visita pastorale dovrete raccontarmi i miracoli che vedete, il Signore che opera. E il frutto della visita pastorale sarà anche l’aiutarvi a vedere i suoi miracoli.

Ma la pagina evangelica sorprende ancora di più e ci parla di un padrone che invita il servo a mettersi alla sua tavola! E’ proprio questo il miracolo: il servizio, il dono della vita, lo spreco perché altri vivano. Ci aiuti il Signore a servire così la comunità e i fratelli.

E l’ultima annotazione del vangelo: “Siamo servi inutili”. Come credenti voi, noi tutti e io come vescovo, come cammino missionario nel visitarvi in parrocchia, dobbiamo custodire questo atteggiamento e dire: siamo servi inutili. Cioè riconosciamo e riconosco che non siamo noi a portare qualcosa, a far camminare altri e neanche la Chiesa, ma abbiamo solo da ricevere. Il servo inutile è colui che non accampa propri diritti o meriti, ma ha scoperto che nel vivere la sua missione ha solo da accogliere, ha solo da sperimentare la gratuità. Servo inutile è chi nel servire sa in realtà di vivere l’esperienza del raccogliere. Sono sicuro che farò questa esperienza con voi e sono certo che la potrete gustare anche voi.

Ci aiuta a concludere ancora la parola del papa di lunedì scorso:

“Si diventa missionari vivendo da testimoni: testimoniando con la vita di conoscere Gesù. È la vita che parla. Testimone è la parola-chiave, una parola che ha la stessa radice di senso di martire. E i martiri sono i primi testimoni della fede: non a parole, ma con la vita. Sanno che la fede non è propaganda o proselitismo, è rispettoso dono di vita. Vivono diffondendo pace e gioia, amando tutti, anche i nemici per amore di Gesù. Così noi, che abbiamo scoperto di essere figli del Padre celeste, come possiamo tacere la gioia di essere amati, la certezza di essere sempre preziosi agli occhi di Dio? È l’annuncio che tanta gente attende. Ed è responsabilità nostra”.

Ci accompagnino i nostri santi patroni Genesio e Miniato, il Beato Pio Alberto del Corona.

Ci custodisca e ci apra all’azione dello Spirito Maria Santissima, regina della missione.

 

Diocesi di San Miniato… buon cammino!