Omelia per l’ingresso di don Marco Balatresi nelle Parrocchie di Cenaia, Crespina, Tripalle

Crespina chiesa parrocchiale
10-01-2021

“Battesimo dell’aria” è lo slogan con cui si accompagna il primo volo della vita. Ricordo che a me capitò in gita scolastica durante le superiori e mi fu consegnato poi un piccolo diploma del “battesimo dell’aria”.

Con questa simpatica immagine si vuole segnare “una prima volta”, la prima volta del volo; una immagine che accompagna poi anche altri inizi… e così si raffigura la prima di possibili successive altre volte, l’inizio di qualcosa di nuovo, l’avvio di una esperienza.

Proprio oggi la liturgia ci regala di vivere il battesimo di Gesù. E’ un rito per Lui, il battesimo di Giovanni Battista, che segna “una prima volta” della vita di Gesù.

E’ la prima volta che egli si presenta pubblicamente come profeta; è la prima volta che il Battista lo indica come il Messia atteso; è la prima volta nel vangelo che la vita di Gesù è accompagnata dalla voce del Padre “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”; è la prima volta di un segno di Gesù; è la prima volta, l’inizio, del suo ministero pubblico.

E proprio oggi don Marco vive il suo “battesimo di parroco”. Non sei don Marco all’inizio della esperienza di prete, quella è iniziata invece il 19 aprile 2008 quando sei diventato prete; non è la prima esperienza di parrocchia, ricordiamo solo più vicino a noi il tuo servizio di vicario parrocchiale nell’unità pastorale di Casciana Terme e in questi ultimi anni a Castelfranco di Sotto, ma si tratta del primo passo nella avventura di parroco. Ed è un inizio, è una partenza, è un “battesimo”.

Noi siamo qui per pregare con te, accoglierti, accompagnarti e fare festa.

Sono qui con noi gli amici delle tue nuove parrocchie, Cenaia, Crespina e Tripalle: comunità in festa per l’arrivo di un nuovo pastore e mi auguro con la piena disponibilità a vivere il cammino mai ricorrendo al “si è sempre fatto così”. Desidero unire il mio grazie per i padri che hanno servito queste comunità in questi ultimi anni, padre Ivan e padre Selva. La Congregazione dei carmelitani ha concluso la sua esperienza nella nostra diocesi; ora più personale è la permanenza tra di noi di p. Ivan e per questa ragione si è reso opportuno questo cambiamento. Anche a lui, a p. Ivan, il grazie per la disponibilità alla novità e alla nuova avventura a Castelfranco, con don Ernesto parroco, dove non mancherà necessità di impegno e dedizione.

Il mio grazie anche a don Tommaso che con generosità ha vissuto il periodo di transizione assumendosi la responsabilità di essere punto di riferimento per le comunità e si è dedicato anche per la preparazione di questa accoglienza.

E’ il tuo battesimo di parroco, don Marco e c’è una comunità che ti accompagna e ti accoglie, e soprattutto c’è il Signore che tramite la Chiesa ti manda.

La pagina evangelica dipinge ai nostri occhi la scena del battesimo di Gesù.

Siamo al fiume Giordano, lo scorrere di acque che nascono sul monte Ermon, 2800 m di altitudine, per scendere al di sotto del livello del mare, dove ci si trova nel luogo del battesimo operato dal Battista.

Il vangelo fissa la sua attenzione sulla predicazione di Giovanni e poi, come con uno zoom cinematografico, su Gesù: “in quei giorni Gesù venne da Nazaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni”. I gesti sono accompagnati dalla Parola che non è né quella del Battista né quella di Gesù, ma è la voce del Padre: “Tu sei il figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”. Una parola che regala vita, come mostra il discendere dello Spirito che come colomba si posa su Gesù; una parola del Padre che non è solo vocaboli, ma è la sua presenza, è il suo amore.

Gesù nel battesimo al Giordano sente confermata e chiarita la sua missione, il suo invio nel mondo, scopre cosa dovrà fare e dire: vivere in quanto figlio amato, quindi custodendo la sua relazione col Padre, facendo la sua volontà; mostrare il suo essere figlio amato, quindi compiere i gesti della misericordia e da figlio svelare il volto del Padre, il suo amore; amare gli altri da figlio amato, quindi da fratello, fino al dono della vita.

Gesù sente che il Padre che lo invia conferma per lui il suo amore, il suo accompagnarlo con l’amore.

Immagino don Marco che tu potevi essere tra tutta quella gente al Giordano, testimone del battesimo di Gesù. Ce lo lascia pensare la tua scelta di diventare prete e ancor prima la tua vita di cristiano. Cioè: hai visto l’amato, il figlio amato. Dalla partecipazione, dal vedere cosa accade al Giordano nasce la sequela, l’essere rapiti dal fascino di quel figlio amato. E si comincia ad andare dietro a lui. Così penso nasce il tuo sacerdozio, la tua vocazione.

La scena evangelica che stiamo commentando dunque indica anzitutto a te la sorgente sempre viva e ricca, sempre feconda del tuo sacerdozio, del tuo essere prete e quindi pastore in una comunità: fissa lo sguardo su Gesù, sul figlio amato. Sarà lo sguardo di contemplazione del suo volto, nella preghiera; sarà il fascino di una vita vissuta nel dono fino alla fine; sarà il modo in cui Gesù, con il suo sguardo, ha guardato, magari furtivamente anche te… Contemplare il figlio amato vuol dire stare legati a lui. In altre parole vuol dire coltivare e vivere la fede. Caro don Marco vivi anzitutto la fede, sii prete credente, testimonia la tua fede: solo non perdendo di vista Lui, il Signore, il figlio amato si potrà vivere e testimoniare la fede.

Immagino che il fascino di Gesù, figlio amato, accenda poi in te la passione pastorale, il tuo darti da fare per le persone, per chi ha bisogno, dai più piccoli per la loro educazione, alle famiglie, e poi gli anziani, i malati, coloro che sono soli, chi perde il lavoro. Lo sguardo al figlio amato ti regala di vedere negli altri tanti figli amati da amare… come Gesù. Ed è questo il compito del parroco.

Immagino anche che la tua azione pastorale la si possa riassumere con il tuo dedicarti per portare quanti più possibile al Giordano, a vedere anche loro, con te, l’evento sorprendente di Giovanni che battezza Gesù.

Ma come portarli proprio lì? Come convincerli? Ci aiuta il testo di Isaia.

Il profeta annuncia il realizzarsi dei tempi e delle promesse messianiche. Si parla di gratuità (comprate senza denaro, senza pagare, vino e latte), si parla di abbondanza (mangerete cose buone e gusterete cibi succulenti), si parla di amicizia con Dio (una alleanza eterna), di universalità (verranno a te anche chi non ti conosceva), di relazione (cercate il Signore mentre si fa trovare), di conversione (l’empio abbandoni la sua vita… ritorni… al nostro Dio che largamente perdona), di grandezza di Dio (le mie vie sovrastano le vostre vie). E Isaia conclude questo annuncio con l’immagine bellissima della fecondità della Parola di Dio. Nessuna parola di Dio si perderà, ma porterà frutto, come la pioggia e la neve irrigano la terra e portano frutto.

Potremmo dire che Isaia ci presenta il “battesimo della Parola di Dio”, di come la Parola comincia a operare, a compiere ciò che dice.

Portare uomini e donne al Giordano… Lo si può fare con la Parola di Dio, non solo annunciandola, ma vivendola, compiendo ciò che dice, facendo quello che richiede. Come ci ricorda Giovanni nella II lettura: “In questo conosciamo di amare i figli di Dio: quando amiamo Dio e osserviamo i suoi comandamenti. In questo infatti consiste l’amore di Dio, nell’osservare i suoi comandamenti”.

Diventare testimoni dei fatti del Giordano vuol dire vedere la Parola di Dio, i suoi comandamenti, all’opera, fecondi, efficaci.

Così farà il parroco, farai don Marco. Potrai vivere, come sacerdote, da prete e parroco, i segni e lo stile di vita che la Parola di Dio ti consegna. Tu come parroco vivi la Parola di Dio, sperimenti per te la sua efficacia e diventi operatore di questa parola nella comunità.

Dovrai mostrare i segni vivi della Parola che questo testo sembra riassumere nel segno della misericordia.

Il tuo compito sarà quello di dire le parole di Dio per le persone a te affidate, per chi incontri per strada o ospiterai in casa e in chiesa. Ripetere e compiere la Parola di Dio… e sono quei “comandamenti”, parole,  sopra ricordate da Isaia: gratis; con generosità; facendo gustare l’amicizia di Dio; aperto a tutti, soprattutto verso chi è diverso, con spirito di integrazione; ricco di amicizia con i tuoi fratelli e sorelle in umanità; sostenendo con la misericordia i cammini di conversione; mostrando l’amore di Dio che è la sua onnipotenza.

Caro don Marco il tuo essere parroco potrà mostrare la verità e la fecondità della Parola di Dio, attraverso le tue parole, i tuoi gesti, la tua preghiera.

Così, porterai altri al Giordano, a contemplare il Figlio amato, scoprendo che in lui tutti noi, tutti gli uomini e donne, tutti voi qui presenti sono figlio e figlia amata da Dio.

E’ questo l’augurio per il tuo servizio di parroco e l’augurio per tutti i fratelli e le sorelle di queste comunità. Per tutti risuoni la voce del Padre che di don Marco, e di te, di me dice: “Ecco il figlio, la figlia amata”.