Omelia per l’ingresso di don Giuseppe Volpi a Fauglia – Valtriano

Fauglia, chiesa parrocchiale
03-10-2020

 

Carissimi fratelli, sorelle,

le comunità parrocchiali di Fauglia, Valtriano e Tremoleto hanno vissuto in questi anni situazioni inedite, impreviste e anche dolorose, come è stato anche per l’improvvisa morte di don Stanislas nel mese di luglio e che volentieri ricordiamo.

In questo pomeriggio, accogliendo il nuovo parroco don Giuseppe Volpi che ringrazio per la sua disponibilità a lasciare l’amata terra di Palaia per venire in mezzo a voi, ringraziando anche gli amici delle parrocchie di Palaia e Partino per il loro essere Chiesa anche in questo passaggio, Fauglia e Valtriano vivono il partire di un nuovo cammino che ci auguriamo sia di benedizione per don Giuseppe, per le parrocchie e tutti i parrocchiani.

La prima lettura ci propone che la vita e il servizio pastorale (il parroco) è una vocazione, è una chiamata: c’è una vigna che attende di essere curata e coltivata; c’è una vigna a cui ci lega un rapporto di amore, una vigna da amare. Ed è una vigna che non sempre dà soddisfazioni, produce acini acerbi. E’ questa immagine dell’agire di Dio: si parla qui dell’amore di Dio per il popolo eletto, Israele, un popolo anche infedele al Signore, eppure amato da Lui, accompagnato e reso sempre vivo dalla sua misericordia.

La vigna chiede di essere curata; il popolo di Dio chiede di essere accompagnato, guidato, amato. Il parroco è segno di questo amore di Dio che accompagna e guida il suo popolo e so che don Giuseppe viene in mezzo a voi con questo animo, con il cuore di chi desidera amare e fare strada insieme.

Il segreto del parroco è che il suo servizio è il frutto di una attrazione ad opera della vigna. E’ la vita della gente, i bisogni, i progetti… che attraggono il parroco e sostengono la sua dedizione.

E se si incontrano fatiche e problemi, una vigna che non dovesse dare frutto, ancora Dio si dà da fare per questa vigna.

Il parroco attratto dalla vigna lo fa perché apre la strada all’opera buona di Dio.

Caro don Giuseppe innamorati, scopri la vigna di queste parrocchie come l’oggetto della tua passione, di una attrazione irresistibile. E soprattutto nelle difficoltà e nelle aridità scopri che questa è la vita che ha attratto anche Dio, è la vigna da lui amata e custodita.

La seconda lettura suggerisce due avvertimenti per il parroco, per vivere da parroco: la preghiera e la testimonianza di una vita buona. Questo aiuta a superare anche le difficoltà.

La preghiera: E’ il primo compito, il compito più importante del parroco. Si tratta di fare presenti a Dio le nostre necessità, con preghiere, suppliche e ringraziamenti.

Nella tua preghiera caro don Giuseppe porta te stesso, il tuo cammino e insieme il cammino di questa gente, le famiglie, i giovani, l’attenzione ai ragazzi, il mondo del lavoro, le sofferenze, i lutti. Questo potrà abitare la tua preghiera.

E poi la vita buona del vangelo: ciò che è vero, nobile, giusto, puro, amabile onorato, virtù…E’ su questa strada che il parroco deve camminare, è questa la sua testimonianza. Ci ricorda la parola di Dio che si annuncia il vangelo vivendolo, lo si annuncia facendo proprio lo stile di Gesù, i suoi gesti, così bene riassunti: “ciò che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, virtù”.

E una ultima buon augurio per tutti noi e anche per don Giuseppe: “Non angustiatevi per nulla…”.

Il vangelo ricorda la dimensione del mandato ecclesiale.

C’è una vigna che viene affidata dal Signore a gente che la curi e la coltivi. Essi devono farlo sapendo di non esserne i padroni, di dover rispondere ad un altro. Invece questi servi se ne impossessano e rifiutano, eliminano coloro che il Signore manda a rivendicare la proprietà e il frutto, fino ad uccidere il figlio stesso di questo padrone.

E’ chiaro il riferimento che Gesù vuole fare. La vigna è il popolo eletto, di nuovo, ma questa gente amata dal Signore non riconosce Gesù come Messia, lo vuole eliminare, lo metterà in croce. Allora Dio, pur non rinnegando mai la sua alleanza con il popolo eletto, apre lo sguardo su un nuovo orizzonte, il nuovo popolo, la Chiesa, noi. Noi oggi siamo la vigna custodita dal Signore, a cui lui manda i suoi operai, i suoi servitori per custodirci e siamo fondati sulla pietra del Servo dei servi, la pietra scartata, Gesù, il più debole.

I sacerdoti sono mandati per custodire e coltivare la vigna e non devono mai dimenticare che sono mandati. Vivendo il proprio ministero, facendo il parroco, da “mandato” si vive una buona custodia della vigna. Il “mandato” assume nella vita della chiesa la concretezza della parola del vescovo che manda e che invita a vivere il ministero non a nome proprio, ma a nome della Chiesa e secondo il cammino della Chiesa. Da qui nasce il cammino pastorale delle parrocchie, il legame connaturale con tutta la diocesi e con il suo vescovo, la comunione e la fraternità.

Si vive il servizio, da preti e da vescovi, solo se mandati e custodendo l’essere mandati, coltivando questo legame essenziale con la Chiesa intera, con il Papa, con il vescovo, con i confratelli. Questo ci ricorderà sempre che la vigna, la Chiesa è del Signore ed è sempre Lui che davvero la guida, il vero pastore.

E ci ricorda il vangelo che il fondamento è una pietra scartata, Cristo, il crocifisso.

E’ un bel suggerimento per scoprire cosa custodire e privilegiare, da dove partire: gli scartati, i più poveri, i semplici, coloro che sono nella fragilità, nella sofferenza, nel peccato. Su una pietra scartata viene edificata e resa viva la Chiesa intera.

Anche qui, a Fauglia e Valtriano possiamo cercare la pietra scartata, e scopriremo che lì è Gesù, che da lì Lui guida e costruisce la Chiesa, da lì egli apre le porte del suo cuore all’amore.